martedì 29 dicembre 2009

L'incidente al Papa, le parole della Chiesa: la traboccante forza della compassione (Mussapi)


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L’INCIDENTE AL PAPA, LE PAROLE DELLA CHIESA

La traboccante forza della compassione

Ridimensionare l’episodio non si riduce a mitezza o moderazione, ma indica una naturale tendenza al perdono

ROBERTO MUSSAPI

Una lezione, da parte del Vaticano e della Chiesa.
Una lezione di capacità metamorfica: vale a dire operare o favorire una metamorfosi positiva, verso il bene, verso il pieno. Sul prototipo, irraggiungibile come ogni prototipo – ma proprio in quanto tale modello da imitare, per le anime forti – della trasformazione dell’acqua in vino, o della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il cardinale Bagnasco, commentando l’episodio della persona che si è lanciata contro il Pontefice, ha parlato di una signora che voleva avvicinarsi eccessivamente al Papa. Cito non alla lettera, ma nella sostanza.
Note successive invitano a considerare la giovane donna una persona da curare piuttosto che da punire, aggiungendo che peraltro la giustizia vaticana è rapida e lieve. Puro buon senso, potrebbe commentare un lettore, poiché in fondo pare evidente che la giovane Maiolo non avesse intenzioni cruente. E se fosse solo puro buon senso, non varrebbe la pena di soffermarsi sull’episodio. Per modo di dire: quanti sono i governi, gli enti, le autorità, le istituzioni del mondo che manifestano con naturalezza, al giorno d’oggi puro buon senso, calma accettazione della realtà, quando vengono colpite, offese, anche solo sfiorate? Il buon senso non è una merce così diffusa, al giorno d’oggi, soprattutto quando si è toccati direttamente, ma la questione non è questa.
Il Vaticano non ha risposto in modo pacioccone, o buonista. Ha dato una lezione filosofica e morale.
Il gesto della giovane disturbata ha causato la caduta di un cardinale che ha riportato una frattura, tutt’altro che indolore, e la caduta del Papa che ne è rimasto illeso. Ma è assolutamente ipotizzabile che quel gesto insano poteva causare ben altri danni a un uomo, per giunta anziano, che cade improvvisamente e violentemente al suolo, che può battere la testa.
Un avvocato che non fosse la voce della Chiesa, avrebbe sottolineato che quel gesto era potenzialmente nefasto, oltre che intrinsecamente violento, pur se disarmato. Si fa male anche con i pugni, le spinte, anche con le parole… Nelle parole degli uomini della Chiesa nessun accenno a questa seconda parte dell’episodio, a questa innegabile seconda faccia dell’avvenimento, ciò che poteva accadere e che era previsto o prevedibile, anche se non certo.
Ridimensionare l’episodio, come è stato fatto, non si riduce quindi a mitezza e moderazione, ma indica, come se fosse ovvia e scontata, una tendenza al perdono così pregiudiziale da divenire naturale: antropologicamente, tale tendenza fatta natura, ci pare così semplice, o non piuttosto mirabile? Poniamoci la domanda quando qualcuno colpisce noi, in prima persona. Ma di più, molto di più: trascurando l’altro aspetto dell’episodio (il rischio di vita o gravi lesioni che un assalto anche non cattivo poteva comportare a un uomo anziano colpito all’improvviso), trascurandolo del tutto in nome della buona fede e della psicolabilità (debolezza, cristianamente) subito riconosciute all’autrice del fatto, subito generosamente accettate e comprese, la Chiesa offre una piccola lezione di alchimia: mostrando solo il bicchiere mezzo pieno riempie, priva del vuoto, il bicchiere che era mezzo vuoto.
Non ci si trova di fronte alle forze del male, è certo, ma anche di fronte al disordine, alla confusione, anziché demonizzare, si converte il tutto attraverso la traboccante magia della compassione.

© Copyright Avvenire, 29 dicembre 2009

3 commenti:

laura ha detto...

Tutto vero, tutto bello, ma io proprio non ce la faccio. Il monodo nel quale vivo non me l ocionsente e non mi si perdona nulla, anzi, vengo punita e vessata anche in modo ingiusto: bollette gonfiate, ulte fatte in mod illecito, soprusi in ogni campo lotta per la soprasvvvienza con il pensiero impaurito: "cosa iaccadrà oggi?". Non mi fido più di nessuno e non ho la forza dl perdonare. Ho bidogno di conversione, na non ce la faccio. Scusate lo sfogo e l'amarezza. Non importa se il mio commento no viene pubblicato, anzi, è decisamente meglio, ma, vi chiedo, Voi, cri aici del blog di papa Ratzinger, voi che siete amici di un Santo e non fan di un attore o di calciatore, che ne pensate? Il ale è un mistero e un dramma io sono rimasta al vecchio Testamento. Il discorso della montagna e tutto il capitolo 5 del Vagelo di Matteo non mi sono entrati nella mente e nel cuore. Cara Raffaella, tu che che ne pensi?

gemma ha detto...

cara laura, penso che tu sia amareggiata e angosciata come tutti noi dalla vita di tutti i giorni e dagli imprevisti, vessazioni e violenza che la accompagnano. Viviamo nel mondo e col mondo dobbiamo fare i conti pensando che il nostro compito è cercare il più possibile di gettare qualche semino che possa migliorarlo. Non sono in grado di darti spiegazioni teologiche, ma credo che il senso della nostra vita da cristiani sia questo, pur con tutti i nostri limiti umani che spesso ci portano a recriminare, a non capire, a dire non ce la faccio, voglio risposte adesso e non dopo. Capita anche a me, spesso, quando sembra anche che la fede stessa stia vacillando o sia poca cosa rispetto a quella di altri, ma poi mi rendo conto che per l'impostazione che voglio dare alla mia vita, le soluzioni e le risposte di giustizia degli uomini non mi bastano. Cado continuamente e mi rialzo consapevole che provare a volare alto con gli insegnamenti del Signore non costa nulla

laura ha detto...

Grazie, Gemma. Hai ragione, mi mancano le virtù teologali. Laura