mercoledì 7 aprile 2010

Chiesa e pedofilia, l'autocritica di Lehmann che spinge le chiese locali a seguire le indicazioni del Papa (Garelli)


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Chiesa e pedofilia, l'autocritica di Lehmann

FRANCO GARELLI

Non c’è solo una chiesa che gioca in difesa sulla questione della pedofilia del clero che rimbalza di nazione in nazione e che crea grande sconcerto sia fuori che dentro il popolo di Dio. A Roma e dintorni molti reagiscono con fermezza alle critiche rivolte al Papa per il suo silenzio su questi temi in tutti i discorsi pronunciati nella Settimana santa. Perché, si chiede la stampa vaticana, si è prodotta questa «ignobile operazione diffamatoria» nei confronti della chiesa? Come mai gli attacchi colpiscono un Papa, come Benedetto XVI, che ha fatto della denuncia delle sporcizie nella chiesa un punto qualificante del suo pontificato? Perché le mancanze e gli errori di sacerdoti sono usate come armi contro la chiesa? Ancora ieri il cardinal Sodano, già «ministro degli Esteri» della Santa Sede, rilanciava la tesi di una chiesa che vive uno stato di assedio, come quelli a suo tempo sperimentati da Pio XII per il silenzio sulla Shoah o da Paolo VI per l'Humanae Vitae. L’invito è a non fare di ogni erba un fascio, per una chiesa che soffre le colpe e le infedeltà di alcuni suoi membri: «Non è colpa di Cristo se Giuda ha tradito», così come non è colpa di un Vescovo se un suo sacerdote si è macchiato di gravi reati. Molti in Vaticano denunciano un vento anti-romano che soffia con sempre maggior forza, per ridurre il peso della chiesa cattolica nella società e ammorbidire le sue verità religiose e morali.
Allontanandosi da Roma, le reazioni di vari uomini di chiesa ad un fenomeno infamante risultano nel complesso meno risentite e più propositive. In Austria, ad esempio, il cardinale Schonborn ha detto nella liturgia della Settimana Santa che «se le vittime parlano, Dio parla a noi»; mentre un suo confratello, il Vescovo di Salisburgo, ha ricordato nella messa di Pasqua che la chiesa è attesa da un «nuovo inizio» e che la risurrezione passa per la via del rimorso, del pentimento, della riconciliazione e della giustizia. Ma forse la riflessione più profonda e attenta sul dramma che la chiesa oggi sta vivendo è contenuta in un ampio articolo del cardinal Karl Lehmann (già arcivescovo di Magonza e per molti anni presidente della Conferenza episcopale tedesca) pubblicato qualche giorno fa da «Frankfurther Allgemeine Zeitung», uno dei più prestigiosi quotidiani tedeschi.
L'analisi di Lehmann non manca di prudenza, anche se è improntata al riconoscimento della verità. Non si deve dar credito a tutte le denunce, come non si può passar sopra alla presunzione di innocenza di un sospettato; o ancora non è accettabile che in luogo di chiamare in causa le responsabilità dei singoli o di situazioni particolari si colpevolizzi un intero sistema, disconoscendo il molto bene che nella chiesa si produce. Tuttavia nella chiesa vi è stato troppo silenzio e per troppo tempo su simili delitti. Anche se si tratta di una scoperta dolorosa e lacerante, si può esprimere sollievo per il fatto che attualmente molti casi vengano allo scoperto.
La chiesa che il prelato tedesco auspica è anzitutto quella che non punta il dito prima sugli altri, dicendo che la pedofilia è un male diffuso e che tocca il clero meno di altre categorie sociali. La gente ha diritto a giudicare severamente gli uomini del sacro e una chiesa che esprime in modo netto le sue convinzioni morali e religiose. Oltre a ciò, in questo lavoro di chiarificazione la chiesa è chiamata a cambiare atteggiamento, preoccupandosi più delle vittime degli abusi che degli autori, più dei minori che hanno vissuto uno scandalo che delle sorti dell’istituzione. Un altro «mea culpa» ecclesiale chiama in causa una cognizione della pedofilia come una malattia curabile, mentre molti professionisti non la ritengono tale. Di qui il trattare i casi affidandosi alla «buona volontà», spostando i soggetti da un luogo all'altro, più che mettere in atto scelte ecclesiali più drastiche.
L'analisi del cardinal Lehmann è molto ricca e articolata, densa di richiami sull'educazione cattolica, sulla formazione del clero, sulla necessità di collaborare con la giustizia, sugli sforzi che devono fare le chiese locali per seguire le indicazioni del Papa in questo campo. Un manifesto, da cui emerge non soltanto un dramma che la chiesa oggi sta vivendo, ma anche le potenzialità che essa ha per superarlo.

© Copyright La Stampa, 7 aprile 2010 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Evidenzio 3 frasi che la dicono lunga sulla "posizione" (da tutti ben conosciuta) del Garelli:

1)Allontanandosi da Roma, le reazioni di vari uomini di chiesa ad un fenomeno infamante risultano nel complesso meno risentite e più propositive.

2)La chiesa che il prelato tedesco auspica è anzitutto quella che non punta il dito prima sugli altri, dicendo che la pedofilia è un male diffuso e che tocca il clero meno di altre categorie sociali. (A INTROVIGNE SARANNO FISCHIATE LE ORECCHIE...)

3)in questo lavoro di chiarificazione la chiesa è chiamata a cambiare atteggiamento, preoccupandosi più delle vittime degli abusi che degli autori, più dei minori che hanno vissuto uno scandalo che delle sorti dell’istituzione. (W LE CHIESE DI BASE!)

Perchè Garelli non suggerisce apertamente di abolire il celibato sacerdotale? Suvvia, dai un po' un po' più di coraggio sulle proprie idee.