lunedì 7 giugno 2010

Lucia Annunziata vede analogie fra i discorsi del Papa sul M.O. e quelli di Obama (La Stampa)


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Se Benedetto parla come Obama

LUCIA ANNUNZIATA

Se è possibile mischiare cose che si muovono fra cielo e terra senza irriverenza, si potrebbe dire che il Santo Padre ieri si è espresso sul Medio Oriente come un democratico americano. Usiamo questa formula non per sminuire il discorso di Benedetto XVI, ma per sottolineare con chiarezza quanto di nuovo ci sembra sia emerso dal discorso con cui ha detto addio a Cipro, e dal documento che prepara il Sinodo sul Medio Oriente che si terrà a Roma in ottobre.
La frase che certamente ha avuto più impatto, anche emotivo, riguarda la chiara definizione di responsabilità di Israele: «L’occupazione di Israele dei territori palestinesi sta creando difficoltà nella vita di tutti i giorni, impedendo la libertà di movimento, della vita economica e religiosa», ha detto il Papa, definendola «un’ingiustizia politica imposta ai palestinesi».
Ma è davvero questa una drastica presa di posizione? In realtà su Israele il Vaticano non ha mai avuto toni teneri. Basta riandare con la mente agli interventi pubblici della Chiesa di Roma in merito alla invasione di Gaza da parte di Israele nel 2008.
Più rilevante pare oggi una precisazione che sottolinea la gravità dell’occupazione: un atto, dice Benedetto XVI, «che nessun cristiano può giustificare con pretese teologiche». Il riferimento è fra i più duri, e coinvolge quell’enorme movimento di neo-evangelici (in Usa alcuni ne contano 50 milioni) che giustificano con il percorso della fine della storia, l’esistenza di Israele, e militano al suo fianco. È un fenomeno molto conosciuto negli Stati Uniti, che ha avuto il volto soprattutto del predicatore Jerry Falwell, uomo noto per il suo radicalismo repubblicano.
Forse qui troviamo una chiave di volta del discorso del Papa. Forse è proprio la condanna di ogni estremismo, in qualunque religione, o meglio l’uso della religione come giustificazione di estremismo politico, ad essere il filo che percorre l’intervento di Benedetto XVI.
Meno risalto hanno avuto ieri le sue parole sul mondo arabo, ma non sono state meno forti. Se la relazione con gli ebrei è stata definita «essenziale, benché non facile», quelle «tra cristiani e musulmani sono, più o meno spesso, difficili», ha detto il Papa. E ha introdotto una ragione di distanza fra mondo musulmano e visione cristiana di natura politica oltre che religiosa: «Soprattutto per il fatto che i musulmani non fanno distinzione tra religione e politica, il che mette i cristiani nella situazione delicata di non-cittadini». Un taglio netto, e di profonda inconciliabilità, attuato intorno all’idea di cittadinanza, e che in maniera elegante parla dell’essenza di una dittatura.
Benedetto XVI, dunque, ieri non ha risparmiato critiche a nessuno dei protagonismi radicali in Medio Oriente: che sia l’esercizio delle armi di Israele, o il giustificazionismo in nome del Vangelo, o le dittature arabe.
In questo senso la denuncia che ha fatto della precarietà e delle responsabilità mediorientali, non si riferisce solo al governo di Gerusalemme: «Da decenni, la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, e l’egoismo delle grandi potenze hanno destabilizzato l’equilibrio della regione e imposto alle popolazioni una violenza che rischia di gettarle nella disperazione». In questo senso, nella sua posizione si avverte quella di Obama: la novità che agisce oggi in Medio Oriente, e che è all’origine di molte delle tensioni, è proprio il cambiamento di lettura che vi ha portato il Presidente Usa. Con il suo discorso del Cairo agli arabi, Obama ha spostato lui stesso l’accento dalla ragione di questo o quello Stato, alle ragioni della cittadinanza: diritti umani, diritti civili, libertà, benessere, ovunque essi vengano violati. Un discorso che certamente ha in parte allontanato gli Usa dal loro ruolo di difensori senza se e senza ma di Israele, che però ha il merito di poter suonare la stessa campana dappertutto, e in tutte le orecchie. Dalla diplomazia, alla società civile, si direbbe in gergo europeo.
Interessante è dunque che anche il Papa abbia parlato di cittadinanza da recuperare, nel senso dei valori di individuo e di libertà innanzitutto. Benedetto XVI si riferisce ai cristiani. Sappiamo qual è la sua preoccupazione su questo tema alla luce delle persecuzioni che i cristiani subiscono in tutti i Paesi arabi, certo non solo a Gaza o nei Territori ex Occupati della Cisgiordania. L’uccisione in Turchia di padre Padovese è ancora nella testa di tutti. La richiesta ai cristiani di diventare il metro di misura dei diritti di tutti è, in effetti, la scelta anche da parte del Santo Padre di puntare sul protagonismo della società civile prima ancora che sui grandi accordi internazionali.
Fin qui l’analisi razionale delle parole. Ma c’è un aspetto emotivo negli interventi - e anche questo va valutato. È indubbio che l’intervento papale è risuonato soprattutto per le affermazioni su Israele. Ed è indubbio che questa eco c’è stata a causa del massacro di pacifisti sulle navi dirette a Gaza. La nostra percezione, in questo senso, più che delle posizioni del Vaticano, ci racconta quanto forte sia in questo momento il sentimento nell’opinione pubblica contro Israele.

© Copyright La Stampa, 7 giugno 2010 consultabile online anche qui.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Il discorso di Obama al Cairo, per chi non ha le fette di salame sugli occhi, è stato:
1) regalare l'Europa all'Islam
2) Svuotare la religione islamica di contenuto
3) Imporre una visione della globalizzazione esattamente all'opposto di quella di Ratisbona!
Matteo Dellanoce

Anonimo ha detto...

Sì, tolleriamo la 'giornalisticità' dell'articolo della ineffabile Annunziata! Però tra quanto dice BXVI e ciò che dice Obama rimane un abisso!

Anonimo ha detto...

Ciao Raffa!
Stiracchiata a dir poco l'analogia tra Obama e il Papa. Dire che il papa si è espresso come un liberal poi è il massimo. Il Papa si è espresso secondo la dottrina sociale della Chiesa che non ha colore politico.
Alessia

Anonimo ha detto...

Veramente ancora una volta, ammesso che ce ne fosse bisogno, abbiamo la prova della scarsa (irrilevante) professionalià dei giornalisti (solo gli italiani?), in questo caso la tanto osannata Annunziata. Infatti dell'Istrumentum Laboris 'La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza', di 33 pagine e 1508 righe e che rimane un canovaccio, seppur autorevole, la signora Annunziata ricorda solo cinque righe e mezza, cioè la seconda parte del punto 32! di tutto il resto nulla di nulla! Congratulazioni! Se questa è professionalità, chissà che cosa non lo è?
E noi dovremmo perdere il nostro tempo a seguire questa 'vendita di fumo'?
Cari fratelli cattolici, lasciamo perdere i giornali, i talk shows e i commenti degli autodefiniti 'esperti'; attingiamo ai documenti (putroppo troppo spesso logorroici); eccellenze ed eminenze imparate dal Papa che in poche righe dice tutto ciò che c'è da dire... anche il Vaticano si sta adeguando, fatelo e noi gregge leggeremo anche i vostri documenti, specialmente se con contenuto...
Che Dio ci benedica!

Anonimo ha detto...

Ti segnalo l'imbufalito commento dell'elefantino:
FOGLIO LA CHIESA DICA CHE QUEL VESCOVO NON E' MORTO PER ACCIDENTE - a pag.1
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=S3MCB
Alessia