mercoledì 27 ottobre 2010

Il Messaggio del Papa per la 97ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato: una sola famiglia (Sir)

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BENEDETTO XVI - Una sola famiglia

Il Messaggio per la 97ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

Un appello al rispetto dei diritti dei rifugiati, nei confronti dei quali “la comunità internazionale ha assunto impegni precisi” e un invito alla “fraternità” e alla “solidarietà” nei confronti dei migranti, perché siamo tutti parte della stessa “famiglia umana”. Sono contenuti nel Messaggio di Benedetto XVI per la 97ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (16 gennaio 2011) sul tema: "Una sola famiglia umana", presentato il 26 ottobre in Sala Stampa vaticana. Nel mondo sono 10.396.540 i rifugiati, 27 milioni e 100 mila gli sfollati interni e 983.420 i richiedenti asilo.

Tutti hanno gli stessi diritti. Tutti “fanno parte di una sola famiglia – scrive il Papa -, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione”. “Il mondo dei migranti è vasto e diversificato – sottolinea il Papa più avanti -. Conosce esperienze meravigliose e promettenti, come pure, purtroppo, tante altre drammatiche e indegne dell'uomo e di società che si dicono civili. Per la Chiesa, questa realtà costituisce un segno eloquente dei nostri tempi, che porta in maggiore evidenza la vocazione dell'umanità a formare una sola famiglia, e, al tempo stesso, le difficoltà che, invece di unirla, la dividono e la lacerano”. Benedetto XVI ricorda, citando la Populorum progressio, che "la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli" è causa profonda del sottosviluppo e quindi “incide fortemente sul fenomeno migratorio”. “La fraternità umana – osserva il Papa - è l'esperienza, a volte sorprendente, di una relazione che accomuna, di un legame profondo con l'altro, differente da me, basato sul semplice fatto di essere uomini. Assunta e vissuta responsabilmente, essa alimenta una vita di comunione e condivisione con tutti, in particolare con i migranti; sostiene la donazione di sé agli altri, al loro bene, al bene di tutti, nella comunità politica locale, nazionale e mondiale”. “Al tempo stesso – sottolinea -, gli Stati hanno il diritto di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana. Gli immigrati, inoltre, hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l'identità nazionale”.

Rispettare gli impegni. In merito alla situazione dei rifugiati e degli altri migranti forzati, il Papa ricorda che “nei confronti di queste persone, che fuggono da violenze e persecuzioni, la Comunità internazionale ha assunto impegni precisi. Il rispetto dei loro diritti, come pure delle giuste preoccupazioni per la sicurezza e la coesione sociale, favoriscono una convivenza stabile ed armoniosa”. Anche nel caso dei “migranti forzati” – prosegue Benedetto XVI – “la solidarietà si alimenta alla ‘riserva’ di amore che nasce dal considerarci una sola famiglia umana”, mentre “accogliere i rifugiati e dare loro ospitalità è per tutti un doveroso gesto di umana solidarietà, affinché essi non si sentano isolati a causa dell’intolleranza e del disinteresse”. “Ciò significa – precisa - che quanti sono forzati a lasciare le loro case o la loro terra saranno aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita”. Il Papa accenna anche alla situazione degli studenti esteri, considerati dei “’ponti’ culturali ed economici tra questi Paesi e quelli di accoglienza".

Prima di tutto la dignità umana. “Come Chiesa vogliamo ribadire che ogni trattato internazionale che non tiene conto della dignità umana della persona umana”, compresa quella dei migranti, “va incontro a grandi difficoltà”: lo ha detto mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, rispondendo alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione del Messaggio. “Certo è diritto degli Stati ‘regolare i flussi migratori e difendere le proprie frontiere’ – ha detto mons. Vegliò citando il Messaggio del Papa – per salvaguardare la sicurezza della Nazione, ma tale diritto deve sempre tener conto del principio appena menzionato”. “Non sempre uno Stato riesce a regolamentare il diritto alla regolazione dei flussi – ha aggiunto – e mantenere fede ai diritti scritti che riconoscono la dignità della persona. Compito della Chiesa è allora aiutare i migranti, ma anche stimolare qualche governo ad aiutarli meglio”.

No a paure e discriminazioni. “L’atteggiamento attuale di molti Paesi sembra contraddire gli accordi sottoscritti, manifestando talvolta comportamenti dettati dalla paura dello straniero e, non di rado, anche da mascherata discriminazione”. Ha aggiunto padre Gabriele Ferdinando Bentoglio, sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti. “Emerge una disparità sempre più accentuata tra gli impegni presi e la loro attuazione – ha osservato padre Bentoglio -. È sotto gli occhi di tutti il ricorso a vari modi per eludere la responsabilità di accogliere e sostenere coloro che cercano rifugio e protezione umanitaria”. Ad esempio, “l’ingresso in alcuni Paesi per chiedere asilo è sempre più ostacolato e impraticabile. Quelli che si avventurano con mezzi di trasporto via mare (nel Pacifico, nel Mediterraneo o nel Golfo di Aden...), ma anche quelli che utilizzano altre vie di fuga, troppo spesso si vedono trattati con pregiudizio: i loro casi non sempre vengono esaminati individualmente, mentre accade con frequenza che vengano rigettati in blocco”.

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