domenica 14 novembre 2010

Chi dopo cardinal George? I vescovi americani puntano su Kicanas (anche se non piace ai legionari) . Il Commento di Paolo Rodari

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Il futuro delle democrazie occidentali è nella difesa di vita e famiglia naturale (Capozzi)

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Soprusi ambrosiani (Messainlatino)

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Il colloquio tra il Papa e il suo confessore ex-comunista. Presto in libreria l'intervista di Peter Seeward, rinato cattolico, al Santo Padre (Affaticati). Da assaporare!

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ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE "VERBUM DOMINI" DI BENEDETTO XVI: LO SPECIALE DEL BLOG
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Chi dopo cardinal George? I vescovi americani puntano su Kicanas (anche se non piace ai legionari)

di Paolo Rodari

Tutto è pronto a Baltimore, nel Maryland, per il mini conclave (si apre lunedì) nel quale i vescovi statunitensi andranno a eleggere il nuovo presidente della conferenza episcopale del paese. I candidati sono una decina ma, se verrà rispettata la consuetudine, la votazione altro non sarà che una semplice formalità.
I vescovi, infatti – la cosa è confermata al Foglio anche da fonti vaticane – dovrebbero indirizzare le proprie preferenze, come sempre accade, sul vicepresidente della stessa conferenza, oggi il vescovo Gerald F. Kicanas di Tucson in Arizona.
Una scelta nel segno della discontinuità rispetto all’attuale presidenza: se, infatti, il cardinale Francis George di Chicago è ritenuto conservatore, Kicanas viene definito dagli osservatori un presule di tendenza liberal, addirittura un “Bernardin dei tempi nostri”. L’impegno dell’ex cardinale di Chicago Joseph Bernardin per i poveri e per il sociale – “ma si dimenticò sempre della battaglia contro l’aborto”, disse di lui lo scrittore e giornalista George Weigel – è lo stesso di Kicanas secondo gli analisti. E, dunque, si tratta di una figura favorevole a Barack Obama il quale più volte ha detto che il suo vescovo “ideale” è, appunto, Bernardin.
A Baltimore l’attesa per il conclave è piuttosto agitata. Diversi media hanno rispolverato un’accusa non nuova di questi tempi: Kicanas è stato un vescovo “insabbiatore” di casi di pedofilia nel clero, uno di quelli che i preti pedofili, al posto di denunciarli alle autorità competenti o comunque ridurli allo stato laicale, semplicemente li spostava di diocesi in diocesi.
Quindi la domanda: cosa vogliono fare i vescovi americani? Intendono smarcarsi dalla linea della “tolleranza zero” avanzata da Ratzinger e quindi tradire i proclami dello stesso Pontefice tornando al vecchio modo di agire? Oppure vogliono dare un’immagine di sé adeguata ai tempi puntando su altri cavalli?
Tra i media più attivi nell’attacco contro Kicanas c’è il National Catholic Register (Ncr). Di proprietà dei Legionari di Cristo, rivista di area conservatrice, il Ncr ha affidato alla penna di Tim Drake un appello che chiede ai vescovi di indirizzare il proprio voto su un altro candidato. Per una volta, dunque, la linea della trasparenza viene chiesta a gran voce non da settori progressisti della chiesa ma da una frangia di diverse tendenze. Secondo Drake, Kicanas quando era rettore a Chicago del seminario di Mundelein non ha fermato, come avrebbe potuto, il cammino verso il sacerdozio di Daniel McCormack il quale, una volta divenuto prete, ha abusato di minori. Kicanas ha parlato più volte dell’ordinazione di McCormack dicendo: “Non credo che avrei potuto agire diversamente”. Secondo i Legionari, oggi sotto visita apostolica vaticana per le malefatte commesse in passato dal loro fondatore padre Marciel Maciel, l’elezione di Kicanas comprometterebbe irrimediabilmente la credibilità della chiesa cattolica in tutti gli Stati Uniti con conseguenze disastrose nel futuro.
Cosa faranno i vescovi? La sensazione è che non hanno nessuna intenzione di cedere alle richieste dei Legionari e dei diversi media. Se recentemente hanno designato Kicanas alla vicepresidenza significa che lo ritengono adatto per la presidenza, per la successione di George. Tuttavia non tutto sembra deciso. Una settimana fa, infatti, è stata direttamente la conferenza episcopale americana a divulgare un comunicato stampa nel quale si ricordava come fossero una decina i candidati degni d’elezione. Non soltanto Kicanas ma anche Aymond di New Orleans, Blaire di Stockton, Chaput di Denver, Dolan di New York, Kurtz di Louisville, Murry di Youngstown, O’Brien di Baltimore, Vigneron di Detroit e Wester di Salt Lake City.
Per il momento, invece, il Papa e il Vaticano stanno alla finestra rispettando la libera scelta dei confratelli americani. Il cardinale George in questi anni è stato un fedele alleato della politica dei “princìpi non negoziabili” cara a Ratzinger. Quanto al futuro tutto è nelle mani dei vescovi e del loro voto.

Pubblicato sul Foglio sabato 13 novembre 2010

© Copyright Il Foglio, 13 novembre 2010 consultabile online anche qui, sul blog di Paolo Rodari.

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