venerdì 11 dicembre 2009
Sulla polemica tra la Lega e Tettamanzi è stato detto troppo ma non tutto (Fonte). Una riflessione "a freddo"
Le due linee della Chiesa
Sulla polemica tra la Lega e Tettamanzi è stato detto troppo ma non tutto
di Tiziano Fonte
Sulle critiche del giornale “La Padania” al cardinale Tettamanzi sono state dette molte cose, ma non è ancora stato detto tutto.
D’accordo con il segretario di Stato vaticano cardinale Bertone, che a Milano ha elogiato il pastore della più grande diocesi del mondo. D’accordo con i moltissimi fedeli che inviano e-mail alla curia ambrosiana esprimendo solidarietà verso il loro arcivescovo.
D’accordo con il Presidente della Repubblica che, dopo aver riconosciuto il significato “essenziale” della presenza della Chiesa nella società, ha pure lui difeso l’arcivescovo di Milano.
D’accordo con Gianni Alemanno che ha auspicato che la Chiesa sia lasciata fuori dal confronto politico. Per niente d’accordo con chi sostiene che le sciocche accuse leghiste siano motivate da manovre per il dopo-Tettamanzi. Per niente d’accordo anche con chi, da una parte e dall’altra, usa con la Chiesa due pesi e due misure a seconda delle convenienze.
Detto tutto questo, dato ad ognuno il suo, chiarito quello che c’è da chiarire, bisognerà però pur dire che nella Chiesa italiana ci sono due linee d’azione ed una sembra passare anche dal cardinale Tettamanzi. Non c’era bisogno delle buzzurrate leghiste per vederlo, ma fatta la tara delle buzzurrate leghiste, si può dire che sarebbe auspicabile che ci fosse maggiore unità nella Chiesa attorno alla linea tracciata dal papa e che non è certamente positivo che si facciano discorsi troppo diversi o addirittura contrapposti?
Al convegno della Chiesa italiana tenutosi a Verona il 19 ottobre 2006, hanno parlato sia l’arcivescovo di Milano Tettamanzi sia il Papa. Il primo ha aperto il convegno in Arena e il secondo ha incontrato i partecipanti alla Fiera a metà dei lavori. I due discorsi sono stati molto diversi. Mentre Tettamanzi ha proposto una Chiesa estroversa ed a priori solidale con il mondo, il Papa ha parlato della missione di verità della Chiesa, la qual cosa comporta non solo accompagnare ma anche giudicare il mondo, che non sa darsi da solo la sua salvezza.
Proprio a Verona il cardinale Tettamanzi, commentando Paolo agli Efesini, pronunciò la frase che poi divenne famosa: “meglio essere cristiano senza dirlo che proclamarlo senza esserlo”. Tutti avevano pensato che il suo bersaglio fossero i cosiddetti “atei devoti”, oppure gli stessi leghisti, che talvolta strumentalmente si fanno tutori della cosiddetta identità cristiana, e forse si trattava di ipotesi centrate. Ma l’affermazione del cardinale poteva anche essere intesa come diretta all’insegnamento del Papa che, come noto, è molto critico vero i “cristiani anonimi” e continua ad affermare che i cristiani devono lottare perché nel mondo si faccia spazio a Dio.
Altri ancora avevano letto quella frase come diretta al cardinale Ruini che, lasciando la presidenza della Cei, aveva affermato: “E’ preferibile essere contestati che essere irrilevanti”.
I cristiani della diocesi di Milano sono fedeli al loro pastore e gli vogliono bene. Non mancano però coloro che fanno notare una eccessiva orizzontalità del suo insegnamento.
La solidarietà, l’accoglienza, la sobrietà sono certamente valori anche cristiani. La diocesi di Milano è partita per prima nella creazione di un fondo di solidarietà a favore delle famiglie colpite dalla crisi economica ed ha poi trascinato altre diocesi italiane e la stessa Conferenza episcopale che ha fatto proprio il progetto. Si tratta senz’altro di un merito, che va riconosciuto unitamente a tanti altri. Però talvolta si ha l’impressione che l’approccio del cardinale sia fin troppo sociologico fino a sbiadire la specificità della presenza cristiana nella società di oggi.
Come se i cristiani dovessero solo amare, ma senza alcuna relazione con la verità, mentre, come dice Benedetto XVI, non si può amare se non nel rispetto della verità di chi si ama. Non pochi fedeli milanesi raccontano che è ormai difficile sentire a Milano un discorso di presenza cristiana nella società a tutto tondo – né tantomeno di “identità” cristiana - e non limitatamente ai doveri dell’assistenza e della convivenza pacifica.
In occasione dell’”occupazione” musulmana del sagrato del duomo di Milano del gennaio 2009, la curia ambrosiana era stata piuttosto sfumata, richiamando il diritto di tutti alla preghiera e il dovere dell’accoglienza.
Trascurando che quell’atto era ben più di una preghiera. Era una prova di forza, una sfida e una intimidatoria promessa di quanto potrebbe avvenire in futuro. Allora intervenne il ministro leghista Maroni per impedire simili manifestazioni in futuro, mentre la curia di Milano si limitava a dichiarare di aver ricevuto una delegazione che aveva portato all’arcivescovo le sue scuse ed rassicurazioni.
Oggi inizia a Roma il grande convegno: “Con Dio o senza Dio niente è come prima”. Con esso il Comitato per il Progetto culturale presieduto dal cardinale Ruini si fa carico di una vivissima preoccupazione di Benedetto XVI: “Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio”. Questa frase era contenuta nella Lettera ai vescovi del mondo sul ritiro della scomunica ai lefebvriani, ma il concetto ricorre continuamente negli interventi del papa. Dietro c’è la convinzione che non sarà solo con la solidarietà o l’accoglienza che si potrà rendere Dio presente in questo mondo.
Nella Chiesa di oggi ci sono quindi due linee. L’una dice che il cristianesimo è utile ma non necessario per la costruzione della società; l’altra dice che è non solo è utile ma anche necessario.
Per la prima i cristiani devono praticare solidarietà ed accoglienza accanto agli altri uomini e come gli altri uomini; per la seconda la solidarietà e l’accoglienza devono essere inserite in Cristo se vogliono essere veramente liberanti per tutti. Le semplificazioni sono sempre pericolose. Ma talvolta c’è l’impressione che queste due linee passino anche per il Duomo di Milano.
Cosa c’entra “La Padania” con tutto ciò? Assolutamente niente ed è per questo che le accuse al cardinale Tettamanzi di essere un “imam” sono state un brutto incidente. La Chiesa non ha certo bisogno di simili grossolani interventi per guardare dentro di sé e ancor meno per trovare un compromesso tra due linee. Le due linee però ci sono.
© Copyright L'Occidentale, 10 dicembre 2009
Concordo pienamente con le riflessioni di Fonte.
Ribadisco ancora una volta la mia solidarieta' al card. Tettamanzi per gli attacchi subiti da parte di alcuni politici e di un articolo della Padania (non quello ovviamente di Reguzzoni).
Vorrei pero' andare oltre la polemica.
A volte noi fedeli ambrosiani ci troviamo spiazzati perche' abbiamo l'impressione che la diocesi voglia per forza distinguersi dalle altre.
Ci sono state occasioni in cui le opinioni degli arcivescovi (quello in carica e soprattutto quello emerito) hanno fatto molto "rumore" consentendo ai media, in modo piu' o meno corretto, di opporre cardinali "buoni" a cardinali "cattivi" quando non addirittura al Papa "cattivo".
In altre occasioni (come nel caso dell'occupazione del sagrato del Duomo o dell'agonia di Eluana Englaro) il silenzio della diocesi e' apparso assordante.
Noi ambrosiani chiediamo semplicemente piu' comunione con il Papa e meno confusione.
Purtroppo in alcuni casi abbiamo notato una corsa alla distinzione (ad esempio in occasione dell'applicazione del motu proprio Summorum Pontificum) che non giova certo alla Chiesa Cattolica.
R.
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3 commenti:
Scusa Raffaella se riapro una vecchia discussione con un lungo intervento.
Premetto che a me della politica interessa poco o niente; una volta mi interessava molto, ma oggi, ringraziando Dio e la Madonna, mi interessa un altro Regno. Però qui c'è un problema che, secondo me, riguarda la Chiesa e la salvezza delle anime, molto più della politica.
Anche sta volta mi toccherà andare a confessarmi visto che, rispetto all’invito della Madonna a non criticare i pastori, ma a pregare per loro, riesco ad obbedire solo alla seconda parte. Purtroppo non ho ancora trovato il confine di demarcazione tra il giusto discernere e l’ingiusto giudicare e sarei felicissima se a questo proposito qualcuno mi volesse illuminare.
Però mi pare che davvero su questa vicenda non tutto sia stato detto e soprattutto l’ultimo sviluppo che rappresenta una sorta di chiusura della vicenda e che ti segnalo:
http://blog.ilgiornale.it/tornielli/2009/12/11/bertone-chiude-la-polemica-con-la-lega/
Divido la riflessione di seguito in due post.
Come dicevo nel mio commento al discorso di Sant’Ambrogio, per la mia sensibilità l'impostazione dell'Arcivescovo di Milano appare troppo orizzontale (uomini<->uomini) e fortemente appiattita sul piano sociopolitico, rispetto alla visione verticale di Benedetto XVI (Dio->uomo->prossimo), quale emerge nelle sue tre splendide Encicliche sulla Carità e sulla Speranza.
Ciò non toglie che gli attacchi contro il Cardinal Tettamanzi seguiti a quel discorso da parte di alcuni leghisti e di alcuni giornalisti (bene hai fatto a distinguere) della Padania, fossero inaccettabili, volgari, irrispettosi e stupidi. Peraltro non mi stupiscono mai troppo le miserie degli uomini e tanto meno dei potenti, persino dentro, figuriamoci fuori la Chiesa.
Di fatto la Lega è un movimento laico e - anche se comprende molti credenti sinceri e molti "atei devoti" e anche se la sua prospettiva è quella della difesa delle radici e tradizioni, tra cui quelle cristiane e cattoliche - va detto che essa non ha mai fatto dell'obbedienza alla Chiesa Cattolica una sua bandiera. Quindi non è che dai leghisti, su questo piano, ci si possa aspettare un granché.
Invece dai Vescovi della Santa Romana Chiesa è lecito aspettarsi un atteggiamento più o meno coerente con la missione di pascere tutto il gregge, comprese le “pecore nere”.
Dunque, se lo sdegno di Tettamanzi per l’aggressione subita poteva essere giustificatissimo, mi è parsa invece molto infelice quella sua espressione, usata nel contesto di una polemica politica, sul suo dovere di difendere il gregge "dalle bestie spirituali, ossia dagli errori di quei lupi rapaci che sono gli eretici."
Mamma mia! A Milano si riscopre l'eresia solo parlando di politica… non è una cosa un po' strana? Sentiamo che nella Diocesi di Ambrogio aleggia pesantemente quell'aria da scomunica dei leghisti in quanto tali (ricordo al proposito anche le ottime riflessioni di Agnoli su questo Blog, anzi sul Blog 2). Sappiamo che un Don Giorgio De Capitani professa e si vanta sul suo sito del suo odio - parla proprio di “odio” senza vergogna - per i leghisti, affermando senza smentita che il Cardinale non può dirlo, ma la pensa come lui.
Viene in mente quanto diceva il Santo Padre nella sua Lettera ai Vescovi: “A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo.” Lui in quel caso si riferiva ai lefebvriani o ai riduzionisti, ma credo possa valere anche per i leghisti. Guai a violare i tabù politicamente corretti. Se questo succede al Papa, figuriamoci a noi poveracci. L'aver semplicemente suggerito l'altro giorno sul PapRatzingerBlog2 un atteggiamento spirituale - non politico - meno sprezzante verso tutti i leghisti in quanto tali, mi è fruttato immediatamente da parte di brunello l'accusa di porre "bossi al di sopra di Cristo", cosa che a me suona come una bestemmia spropositata.
Ma ai Cattolici non competono sempre Caritas in Veritate e Misericordia? Se e quando i leghisti sbagliano, è giusto certamente riprenderli e correggerli; ma è anche giusto escludere dall'orizzonte della Chiesa circa un quarto del gregge lombardo e circa un terzo di quello veneto, come fosse tutto un "branco di lupi", immeritevole di alcun ascolto e considerazione?
Il metodo del dialogo, persino esasperato, che nella Diocesi di Milano vale per tutti e ascolta le ragioni di tutti - proprio di tutti, persino di donne che giustificano la lapidazione delle adultere - solo agli elettori della lega non si applica? Questo non ha molto senso.
Questa non è una preoccupazione politica, ripeto, ma spirituale, perchè non posso non notare che l'atteggiamento di totale chiusura della Chiesa Milanese non aiuta, ma anzi contribuisce ad esacerbare gli animi e ad allontanare, non dico i politici (che se ne fregano e sono impermeabili a qualunque lotta), ma il popolo che vota lega (composto per lo più da brava gente) dalla Chiesa e perciò dalla Verità. E questo da cattolica non può non preoccuparmi!
Evidentemente questo preoccupa anche la Santa Sede, visto che il Card.Bertone, il giorno dopo aver espresso la doverosa solidarietà al Vescovo di Milano, ha teso una mano cordiale di riconciliazione alla lega.
(Fa un po’ sorridere, a dire il vero, pensare a questi leghisti che Milano scomunica e Roma riabilita.)
La Santa Romana Chiesa si preoccupa dunque di non trasformare un diverbio contingente in un solco incolmabile e di lasciare comunque aperta una strada di avvicinamento e “redenzione”.
Questa è la Santa Chiesa che ammonisce, corregge e apre alla conversione, non quella che dà l'impressione di emettere, senza peraltro averne la facoltà, delle "scomuniche" su basi strettamente politiche o ritorsive.
Ma temo che anche Bertone possa pagare la violazione del tabù del politicamente corretto con le solite accuse di "collaborazionismo".
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