venerdì 11 dicembre 2009
Vademecum del Vaticano per i sacerdoti-star. “Ricordate: siete preti non tronisti della tv” (Galeazzi)
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
La religione davanti alle telecamere
Vademecum del Vaticano per i sacerdoti-star
“Ricordate: siete preti non tronisti della tv”
GIACOMO GALEAZZI
CITTA’ DEL VATICANO
«Ha colpito i media il discorso che Benedetto XVI ha pronunciato davanti alla statua dell’Immacolata in piazza di Spagna», si legge nell’editoriale dell’Osservatore Romano di ieri. «Non è facile il rapporto tra il Papa e l’informazione - continua -.
Non lo è mai stato e non lo è in questi tempi». Stop ai preti star in tv. La missione è comunicare Cristo non se stessi».
L’arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della congregazione per il Clero detta la linea: «La comunicazione deve favorire la comunione nella Chiesa, altrimenti diventa protagonismo individuale oppure, ed è ancora più grave, introduce divisione. All’evangelizzazione non servono i preti showman che vanno in tv».
Dal seminario «ad hoc» della Pontificia università della Santa Croce esce il «vademecum» per il buon prete della società dei media. «Il sacerdote non deve improvvisare, quando utilizza i mezzi di comunicazione e neppure deve comunicare se stesso, ma 2 mila anni di comunione nella fede, un messaggio che può essere trasmesso solo attraverso la propria esperienza e la vita interiore», spiega Piacenza. La conoscenza del mondo della comunicazione è fondamentale: «Oggi le informazioni arrivano in prevalenza dai media, da Internet, e senza mediazioni e spesso in modo sbilanciato, sproporzionato», perciò «bisogna sparire, perché il messaggio appaia chiaramente».
Tra le nuove regole, non andare in tv per mettersi in mostra e non parlare a nome della Chiesa senza l’autorizzazione del vescovo, studiare almeno mezz’ora al giorno per aggiornarsi sulla teologia e sui temi di attualità vicini alla gente. Nel quotidiano rapporto con i fedeli non farsi guidare da «sciocco sentimentalismo», poi nelle messe le omelie non devono superare i 10-15 minuti né essere lezioni (il loro fine «non è la formazione intellettuale ma la crescita della fede e della morale dei fedeli»). Le prediche possono avere spunti «pop» e citare le parole delle canzoni, ma non vanno scaricate da Internet e copiate da Google.
Se i preti, poi, vanno in tv, sono tenuti a diffondere la verità e comunicare la parola di Dio «senza improvvisazioni e attraverso una preparazione preventiva». Alla messa, le prediche infinite «finiscono per essere noiose e allontanare i fedeli». Nei tempi del Web troppi sacerdoti cadono nella sindrome del «copia-incolla». I sussidi pastorali in Rete vanno bene se usati come aggiornamento, però serve «il giusto equilibrio». L’omelia «deve essere personale, frutto del cuore, non di Google». Se poi in chiesa c’è un pubblico giovane, può essere formativo citare canzoni per contribuire ad ammettere alla comunione di Dio e utilizzare una comunicazione che tiene conto del mondo reale.
Di fronte alle linee-guida vaticane il più popolare prete tv, don Antonio Mazzi commenta: «Non mi sono mai sentito una star. La Chiesa non ha mai avuto paura della tecnologia e non si deve temere di andare in onda. E’ vero che noi preti siamo un po’ fasulli e che abbiamo poca spiritualità. Siamo annunciatori della parola incarnata, ma spesso si va in tv impreparati sui temi, però non si può scappare». E aggiunge: «Già Wojtyla e il cardinale Martini ci hanno insegnato come si usa la tecnologia e neppure Benedetto XVI la rifiuta. C’è stata un’indigestione del mezzo, meglio riscoprire la parola».
Ora, avverte il Vaticano nell’Anno consacrato da Joseph Ratzinger proprio al sacerdozio, è «strategica la formazione, a partire dai seminari per «arrivare anche ai non credenti attraverso mezzi laici». Ma occorre evitare che «chi ascolta la tv abbia una visione ristretta e attribuisca un’autorità esagerata alla voce del singolo prete».
Il sacerdote «deve essere comunicatore senza diventare il centro dell’attenzione». Precisa don John Wauck, docente all’ateneo dell’Opus Dei: «Il prete è un rappresentante della Chiesa, ma non la Chiesa, che è invece più ricca e complessa».
© Copyright La Stampa, 10 dicembre 2009
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