domenica 14 febbraio 2010
Matrimonio e unioni omosessuali: nota dottrinale del card. Carlo Caffarra
Su segnalazione di Massimo e Fabiola leggiamo questo importantissimo documento:
MATRIMONIO E UNIONI OMOSESSUALI
Nota Dottrinale del 14 febbraio 2010
La presente Nota si rivolge in primo luogo ai fedeli perché non siano turbati dai rumori mass-mediatici. Ma oso sperare che sia presa in considerazione anche da chi non-credente intenda fare uso, senza nessun pregiudizio, della propria ragione.
1. Il matrimonio è uno dei beni più preziosi di cui dispone l’umanità. In esso la persona umana trova una delle forme fondamentali della propria realizzazione; ed ogni ordinamento giuridico ha avuto nei suoi confronti un trattamento di favore, ritenendolo di eminente interesse pubblico.
In Occidente l’istituzione matrimoniale sta attraversando forse la sua più grave crisi. Non lo dico in ragione e a causa del numero sempre più elevato dei divorzi e separazioni; non lo dico a causa della fragilità che sembra sempre più minare dall’interno il vincolo coniugale: non lo dico a causa del numero crescente delle libere convivenze. Non lo dico cioè osservando i comportamenti.
La crisi riguarda il giudizio circa il bene del matrimonio. È davanti alla ragione che il matrimonio è entrato in crisi, nel senso che di esso non si ha più la stima adeguata alla misura della sua preziosità. Si è oscurata la visione della sua incomparabile unicità etica.
Il segno più manifesto, anche se non unico, di questa "disistima intellettuale" è il fatto che in alcuni Stati è concesso, o si intende concedere, riconoscimento legale alle unioni omosessuali equiparandole all’unione legittima fra uomo e donna, includendo anche l’abilitazione all’adozione dei figli.
A prescindere dal numero di coppie che volessero usufruire di questo riconoscimento – fosse anche una sola! – una tale equiparazione costituirebbe una grave ferita al bene comune.
La presente Nota intende aiutare a vedere questo danno. Ed anche intende illuminare quei credenti cattolici che hanno responsabilità pubbliche di ogni genere, perché non compiano scelte che pubblicamente smentirebbero la loro appartenenza alla Chiesa.
2. L’equiparazione in qualsiasi forma o grado della unione omosessuale al matrimonio avrebbe obiettivamente il significato di dichiarare la neutralità dello Stato di fronte a due modi di vivere la sessualità, che non sono in realtà ugualmente rilevanti per il bene comune.
Mentre l’unione legittima fra un uomo e una donna assicura il bene – non solo biologico! – della procreazione e della sopravvivenza della specie umana, l’unione omosessuale è privata in se stessa della capacità di generare nuove vite. Le possibilità offerte oggi dalla procreatica artificiale, oltre a non essere immuni da gravi violazioni della dignità delle persone, non mutano sostanzialmente l’inadeguatezza della coppia omosessuale in ordine alla vita.
Inoltre, è dimostrato che l’assenza della bipolarità sessuale può creare seri ostacoli allo sviluppo del bambino eventualmente adottato da queste coppie. Il fatto avrebbe il profilo della violenza commessa ai danni del più piccolo e debole, inserito come sarebbe in un contesto non adatto al suo armonico sviluppo.
Queste semplici considerazioni dimostrano come lo Stato nel suo ordinamento giuridico non deve essere neutrale di fronte al matrimonio e all’unione omosessuale, poiché non può esserlo di fronte al bene comune: la società deve la sua sopravvivenza non alle unioni omosessuali, ma alla famiglia fondata sul matrimonio.
3. Un’altra considerazione sottopongo a chi desideri serenamente ragionare su questo problema.
L’equiparazione avrebbe, dapprima nell’ordinamento giuridico e poi nell’ethos del nostro popolo, una conseguenza che non esito definire devastante. Se l’unione omosessuale fosse equiparata al matrimonio, questo sarebbe degradato ad essere uno dei modi possibili di sposarsi, indicando che per lo Stato è indifferente che l’uno faccia una scelta piuttosto che l’altra.
Detto in altri termini, l’equiparazione obiettivamente significherebbe che il legame della sessualità al compito procreativo ed educativo, è un fatto che non interessa lo Stato, poiché esso non ha rilevanza per il bene comune. E con ciò crollerebbe uno dei pilastri dei nostri ordinamenti giuridici: il matrimonio come bene pubblico. Un pilastro già riconosciuto non solo dalla nostra Costituzione, ma anche dagli ordinamenti giuridici precedenti, ivi compresi quelli così fieramente anticlericali dello Stato sabaudo.
4. Vorrei prendere in considerazione ora alcune ragioni portate a supporto della suddetta equiparazione.
La prima e più comune è che compito primario dello Stato è di togliere nella società ogni discriminazione, e positivamente di estendere il più possibile la sfera dei diritti soggettivi.
Ma la discriminazione consiste nel trattare in modo diseguale coloro che si trovano nella stessa condizione, come dice limpidamente Tommaso d’Aquino riprendendo la grande tradizione etica greca e giuridica romana: "L’uguaglianza che caratterizza la giustizia distributiva consiste nel conferire a persone diverse dei beni differenti in rapporto ai meriti delle persone: di conseguenza se un individuo segue come criterio una qualità della persona per la quale ciò che le viene conferito le è dovuto non si verifica una considerazione della persona ma del titolo" [2,2, q.63, a. 1c].
Non attribuire lo statuto giuridico di matrimonio a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali, non è discriminazione ma semplicemente riconoscere le cose come stanno. La giustizia è la signoria della verità nei rapporti fra le persone.
Si obietta che non equiparando le due forme lo Stato impone una visione etica a preferenza di un’altra visione etica.
L’obbligo dello Stato di non equiparare non trova il suo fondamento nel giudizio eticamente negativo circa il comportamento omosessuale: lo Stato è incompetente al riguardo. Nasce dalla considerazione del fatto che in ordine al bene comune, la cui promozione è compito primario dello Stato, il matrimonio ha una rilevanza diversa dall’unione omosessuale. Le coppie matrimoniali svolgono il ruolo di garantire l’ordine delle generazioni e sono quindi di eminente interesse pubblico, e pertanto il diritto civile deve conferire loro un riconoscimento istituzionale adeguato al loro compito. Non svolgendo un tale ruolo per il bene comune, le coppie omosessuali non esigono un uguale riconoscimento.
Ovviamente – la cosa non è in questione – i conviventi omosessuali possono sempre ricorrere, come ogni cittadino, al diritto comune per tutelare diritti o interessi nati dalla loro convivenza.
Non prendo in considerazione altre difficoltà, perché non lo meritano: sono luoghi comuni, più che argomenti razionali. Per es. l’accusa di omofobia a chi sostiene l’ingiustizia dell’equiparazione; l’obsoleto richiamo in questo contesto alla laicità dello Stato; l’elevazione di qualsiasi rapporto affettivo a titolo sufficiente per ottenere riconoscimento civile.
5. Mi rivolgo ora al credente che ha responsabilità pubbliche, di qualsiasi genere.
Oltre al dovere con tutti condiviso di promuovere e difendere il bene comune, il credente ha anche il grave dovere di una piena coerenza fra ciò che crede e ciò che pensa e propone a riguardo del bene comune. È impossibile fare coabitare nella propria coscienza e la fede cattolica e il sostegno alla equiparazione fra unioni omosessuali e matrimonio: i due si contraddicono.
Ovviamente la responsabilità più grave è di chi propone l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico della suddetta equiparazione, o vota a favore in Parlamento di una tale legge. È questo un atto pubblicamente e gravemente immorale.
Ma esiste anche la responsabilità di chi dà attuazione, nella varie forme, ad una tale legge. Se ci fosse bisogno, quod Deus avertat, al momento opportuno daremo le indicazioni necessarie.
È impossibile ritenersi cattolici se in un modo o nell’altro si riconosce il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso.
Mi piace concludere rivolgendomi soprattutto ai giovani. Abbiate stima dell’amore coniugale; lasciate che il suo puro splendore appaia alla vostra coscienza. Siate liberi nei vostri pensieri e non lasciatevi imporre il giogo delle pseudo-verità create dalla confusione mass-mediatica. La verità e la preziosità della vostra mascolinità e femminilità non è definita e misurata dalle procedure consensuali e dalle lotte politiche.
Bologna, 14 febbraio 2010
Festa dei Santi Cirillo e Metodio
Compatroni d’Europa
+ Carlo Card. Caffarra
Arcivescovo di Bologna
http://www.caffarra.it/notadottrinale140210.php
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12 commenti:
Alcune domande relative al documento
1. La valutazione dei modi specifici con cui si favorisce o si danneggia il bene comune nelle concrete situazioni e davanti a concreti problemi è appannaggio autoritativo della gerarchia?La negazione di ogni possibile riconoscimento pubblico delle unioni di fatto fa parte del depositum fidei? Sembra di no, perché il documento non ne parla, ma porta piuttosto argomenti, come tutti gli argomenti, discutibili. Allora, se le argomentazioni portate nella dichiarazione non risultano convincenti dobbiamo tutti 'captivare intellectum in obsequium episcopi bononoensis", o altrimenti cessare di ritenerci cattolici? Non sarebbero auspicabili maggior modestia e maggior circospezione da chi appartiene ad una istituzione che ha creduto contrarie al bene comune la libertà di stampa, ma non le leggi razziali o le guerre coloniali?
Un'ultima osservazione: il riferimento alla giustizia distributiva è piuttosto stupefacente. La giustizia distributiva può andare bene nei rapporti privati o comunque interni alla società civile, non in quelli pubblici di cittadinanza. Qui non ci sono persone disuguali, che meritano più o meno (e comunque non si vede perché gli omosessuali debbano meritare meno)
Alcune domande relative a questa nota:
1. La negazione di ogni forma di riconoscimento giuridico delle coppie di fatto (tra cui anche quelle omosessuali) fa parte direttamente del depositum fidei, così da essere discriminante per l'appartenenza alla Chiesa?
2. Se le cose non stanno così, ma bisogna far intervenire il concetto di bene comune (indipendente credo dall'essere o non essere credente), l'identificazione di quali siano nelle situazioni concrete le scelte che lo promuovono o lo danneggiano è monopolio della gerarchia ecclesiatica (anzi, nel caso, di un solo vescovo)? Alcuni esempi del passato non sono confortanti: non sembra che nessun vescovo abbia ammonito che le leggi razziali o le guerre coloniali fossero dannose per il bene comune.
3. se si cerca di convincere con argomentazioni che si presentano come puramente razionali, esse sono soggette ad una normale discussione ed eventuale confutazione o dobbiamo tutti "captivare intellectum in obsequium domini archiepiscopi bononiensis" ?
Un'ultima osservazione: il richiamo alla giustizia distributiva è sorprendente:la diversità di meriti cui si richiama il cardinal Caffarra non individua infatti situazioni concrete (ad esempio, chi studia o lavora di più deve avere di più) ma una caratteristica collettiva (del tipo esser nero o ebreo o donna o, in certi paesi, anche cattolico) anteriore ad ogni comportamento. Molto medievale, ma poco consono al diritto fondato sull'eguale dignità di ogni persona umana, e, se mi si consente, anche poco cristiano
PS. Avevo già postato un commento di questo tipo che non è passato.
nel periodo antico i vescovi che difesero la città e il popolo dai barbari come Ambrogio,Leone Magno,Agostino furono chiamati "defensor civitatis".io considero il Cardinale Caffarra così un difensore della civiltà.è triste però essere arrivati a questo punto,ormai siamo all'appello dell'uso della ragione.
mas.
Dalla nota del Cardinale di Bologna Mi par di capire che un cattolico che vota o porta voto a scelte di questo tipo commetta peccato mortale.
Se sbaglio ogni delucidazione o correzione è sinceramente gradita.
Mazzarino
sorprende che alcuni cattolici...
sono convinti che lo stato debba legiferare o regolare tali unioni di fatto. Lo stato è per tutti si dice...ma la coscienza di un cattolico non dovrebbe seguire la dottina della Chiesa?
Sulle questioni sollevate dal sig. Fioravanti
1- qual è il suo concetto di depositum fidei? Perché se di questo depositum fa parte il Magistero allora direi che la Nota si colloca esattamente all’interno dello stesso.
2- in merito alla giustizia distributiva richiamata dalla Nota stessa è evidente che non si riferisce a disuguaglianze tra persone, ma a situazioni di rapporto tra le persone (coppie omo ed etero) che sono oggettivamente differenti;
3- A proposito del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e del depositum fidei cito testualmente dal documento del Pontificio Consiglio per la Famiglia “Famiglia, Matrimonio e “unioni di fatto” (26/07/2000), dalla Conclusione: La soppressione pura e semplice del problema mediante la falsa soluzione del riconoscimento delle unioni di fatto, collocandole pubblicamente a un livello simile e perfino equiparandole alle famiglie fondate sul matrimonio, non costituisce soltanto un pregiudizio comparativo per il matrimonio (danneggiando, ancor più, la famiglia, questa necessaria istituzione naturale che oggi avrebbe tanto bisogno, al contrario, di politiche familiari vere). Essa denota ugualmente un profondo disconoscimento della verità antropologica dell’amore umano tra l’uomo e la donna e dell’aspetto che le è indissociabilmente legato, quello di essere un’unità stabile e aperta alla vita. Tale disconoscimento diventa ancora più grave quando si ignora la differenza essenziale e molto profonda esistente tra l’amore coniugale derivante dall’istituto matrimoniale e i rapporti omosessuali.
massimo, farò finta di non aver visto che paragoni gli omosessuali ai barbari...
lo stato dovrebbe legiferare in queste materie, poi sta alla coscenza di ognuno il fare uso o meno di queste leggi. nessuno vuole costringere nessuno a diventare omosessuale.
non ho paragonato gli omosessuali ai barbari,ma intendevo paragonare questo perido storico al periodo dei barbari,dove i vescovi difesero le città e la civiltà.
i barbari oggi sono i cattivi maestri quelli che hanno fondato e riportato la filosofia del relativismo nella società odierna.
ecco tutto.
conosco molto bene il pensiero del c. Caffarra,e raramente si è occupato di queste cose,quindi mi riferivo più ampiamente della sua azione intelettuale e pastorale.
emergenza educativa,matrimonio cristiano,scuola,giovani,problemi del lavoro,l'europa,il magistero del papa,università e società,liturgia........per questo lo considero un "defensor...."
ecco l'ideologia omosessualista quella delle lobby danarose e politiche in europa li considero tra i barbari,ma non è detto che siano tutti gay,non me ne frega nulla degli orientamenti,mi frega del tema antropologico,il fondamenti della coesione umana e della famiglia.
poi considero barbari coloro che in trenta anni di "pensiero e cultura"sono riusciti a relativizzare,distruggere,denigrare il valore del legame matrimoniale facendone uno zimbello per babbei,salvo ora ritenerlo un assoluto valore solo per due categorie,le persone omosessuali e i preti.........
infine io credo che le persone omosessuali,al di là del fatto che sono fratelli nè più ne meno di me di fronte a Dio unico padre,farebbero bene a essere loro stessi fino in fondo con la natura che si trovano come tutti,e vivere secondo quello che sono fino in fondo,se naturalmente non possono generare perchè simiottare gli eterosessuali e le loro peculiarità?
forse si è più persone o di maggior valore se ci si sovrappone o vuole essere come il propio vicino?perchè guardare agli altri?non ci sono altri. credo uno è di valore perchè è persona umana.punto.gli omosessuali sono persone umane.punto.vivano in pace.si accettino fino in fondo per come sono,non copiando gli eterosessuali risolvono il loro problema presunto di integrazione umana,mi ripeto sono uomini e donne vivano per come sono,la loro realtà naturale, ho risposto.scusate gli errori ma sono disgrafico.
parto ora per la Francia,non potrò partecipare al dibattito oltre.
ciao a tutti
mas.
Sì, questo sarà il loro segno:
il segno del fuoco che si spegne,
e l’Uomo, trasformato in uno sciocco,
che non sa chi è il suo signore,
Anche se arriveranno con carta e penna [uno strano esercito, che non ha armi, ma solo carta e penna!]
e avranno l’aspetto serio e pulito dei chierici,
da questo segno li riconoscerete,
dalla rovina e dal buio che portano;
da masse di uomini devoti al Nulla, diventati schiavi senza un padrone,
da un cieco e remissivo mondo idiota,
troppo cieco per essere disprezzato;
dal terrore e da storie crudeli
di una macchia segnata nelle ossa e nelle stirpe,
dalla vittoria dell’ignavia e della superstizione,
maledette fin dal principio,
dalla presenza di peccatori,
che negano l’esistenza del peccato;
da questa rovina silenziosa,
dalla vita considerata una pozza di fango,
da un cuore spezzato nel seno del mondo,
dal desiderio che si spegne nel mondo;
dall’onta scesa su Dio e sull’uomo;
dalla morte e dalla vita rese un nulla,
riconoscerete gli antichi barbari,
saprete che i barbari sono tornati.
["La ballata del cavallo bianco" -Chesterton Gilber keith Raffaelli editore - pagine 155-156]
Quello che a mio avviso G.F. non può tollerare, per pura ciecità ideologicamente indotta, è la frase finale dell'articolo: "La verità ..... non è definita e misurata dalle procedure consensuali e dalle lotte politiche".
Ed è così fermamente convinto delle sue ragioni da sbilanciarsi in un giudizio ardito, laddove definisce l'approccio del Cardinale "molto medievale, ma poco consono al diritto fondato sull'eguale dignità di ogni persona umana, e, se mi si consente, anche poco cristiano".
Fatto! Ecco l'uomo, svincolato dai lacci della superstizione e del pregiudizio, finalmente padrone della sua ragione e di se stesso. Finalmente libero di definire, sulla base delle sue convinzioni, il discrimine tra bene e male, giusto e sbagliato, naturale e disordinato.
Il sign Fioravanti fa una gran confusione. Coppie di fatto, medio evo, leggi razziali.....insomma, metti benzina che il fuoco arde meglio.
Avrei commentato se fosse argomentato, ma certe cose non credo meritino troppa attenzione.
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