giovedì 25 novembre 2010

Da “Luce del mondo”: l’unità della Chiesa in Cina (Stralcio, da Fides)

L'INTERVISTA DI BENEDETTO XVI CON PETER SEEWALD, "LUCE DEL MONDO. IL PAPA, LA CHIESA E I SEGNI DEI TEMPI": LO SPECIALE DEL BLOG

VATICANO - Da “Luce del mondo”: l’unità della Chiesa in Cina

Città del Vaticano (Agenzia Fides)

Riportiamo di seguito uno stralcio del libro “Luce del mondo - Il papa, la Chiesa e i segni dei tempi” del Santo Padre Benedetto XVI in conversazione con Peter Seewald (Libreria Editrice Vaticana), relativo al tema dell’unità della Chiesa in Cina.

Anche per quanto riguarda il problema dell'unità della Chiesa in Cina sono stati compiuti dei progressi. Nel frattempo quasi tutti i vescovi nominati dalle autorità statali cinesi sono stati riconosciuti anche da Roma. Entrambe le parti considerano vicina un'unificazione fra la comunità cattolica riconosciuta dallo Stato e quella non riconosciuta. Pensa che questa unificazione possa avvenire nell'era benedettina sempre che Dio, come Lei stesso ha detto, le conceda lunga vita?

Lo spero. La preghiera di Gesù per l'unità di tutti coloro che credono in Lui (Giovanni 17) porta i suoi frutti anche in Cina. Tutta la Chiesa che è in Cina è chiamata a vivere in un'unità spirituale più profonda, nella quale matura anche una armoniosa unità gerarchica in comunione con il Vescovo di Roma. Naturalmente si presenteranno sempre nuovi ostacoli. Ma, come ha detto Lei stesso, la stragrande maggioranza dei vescovi che in passato erano stati nominati senza mandato apostolico da Roma nel frattempo hanno riconosciuto il Primato e quindi sono entrati in comunione con Roma. Anche se sorgeranno sempre nuove difficoltà, si ha la grande speranza di poter superare definitivamente questa divisione. È un obiettivo che mi sta particolarmente a cuore e per il quale prego ogni giorno il Signore.

Come si è giunti a uno sviluppo che fino a poco tempo nessuno avrebbe potuto immaginare?

I fattori che hanno promosso lo sviluppo positivo della Chiesa Cattolica in Cina sono molteplici. Ne cito alcuni.
Da una parte il vivo desiderio di essere in unione con il Papa è sempre stato presente nei vescovi ordinati in maniera illegittima. Ciò ha permesso a tutti loro di percorrere il cammino verso la comunione, lungo il quale sono stati accompagnati dall'opera paziente compiuta con ognuno di loro singolarmente. In questo c'è stata la consapevolezza cattolica di fondo per la quale si è veramente vescovo proprio in questa comunione.
Dall'altra parte, i vescovi ordinati clandestinamente e quindi non riconosciuti dalle autorità statali, possono trarre vantaggio dal fatto che, anche solo per motivi di opportunità politica, non è utile rinchiudere in carcere e privare della libertà vescovi cattolici a motivo della loro appartenenza a Roma. Si tratta di un presupposto irrinunciabile e nello stesso tempo di un aiuto decisivo per pervenire alla piena unità fra le due comunità cattoliche.

© Copyright (Agenzia Fides 25/11/2010)

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