Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
Editoriale del senatore Giulio Andreotti, direttore del mensile 30Giorni.
Il mensile sarà in edicola venerdì 19 novembre
Il terzo concistoro di Benedetto XVI all’insegna dell’universalità e della romanità
«Il carattere universale e quello romano della Chiesa sono armonici e inscindibili e coloro che, oggi come nel passato, li mettono in opposizione, non solo sbagliano ma, mi si perdoni se manco di carità, dimostrano scarsa intelligenza».
di Giulio Andreotti
Benedetto XVI, nel discorso con il quale ha annunciato il concistoro del 20 novembre, ha detto che nella lista dei nuovi porporati si riflette l’universalità della Chiesa.
Una sottolineatura importante per il terzo concistoro del suo pontificato che può anche essere definito come un “concistoro romano”, perché dieci dei venti nuovi cardinali con meno di ottant’anni operano a Roma. Ma non solo per questo: il carattere universale e quello romano della Chiesa, infatti, sono armonici e inscindibili e coloro che, oggi come nel passato, li mettono in opposizione, non solo sbagliano ma, mi si perdoni se manco di carità, dimostrano scarsa intelligenza.
Roma è una città universale. Io posso apparire di parte perché ci sono nato e ci vivo, ma non è questo il motivo che mi spinge ad avere, mi si passi l’espressione, “il culto di Roma”. C’è qualcosa di universale che si respira qui a Roma, qualcosa senza la quale non è possibile valutare nel senso giusto neppure il resto del mondo. E se noi perdiamo lo spirito, forse alato, dell’universalità, diventiamo solo cronaca e mai storia.
Non vorrei apparire fazioso e l’autarchia non mi è mai piaciuta, ma Roma è Roma ed esercita un influsso che non va sottovalutato, specie su quei Paesi per i quali la tradizione è un valore, a differenza di altri che pensano di guardare solo e continuamente avanti, convinti di vivere sempre nell’anno zero.
Universalità significa anche che la Chiesa romana non si sente mai una fazione, una parte, ma si concepisce come Chiesa nella sua integrità e gode della luce perpetua di questa sua spirituale particolarissima provenienza e destinazione.
Uno dei segni sempre attuali, ma oggi un po’ sottovalutato, dell’universalità della Chiesa sono i collegi ecclesiastici stranieri di Roma. Molto diversi tra loro per storia e caratteristiche, ma con un denominatore comune: quello di far sì che in ogni diocesi del mondo ci sia qualcuno che conosca il significato dell’universalità di Roma e della sua centralità nella Chiesa, non solo per averlo studiato sui libri, ma perché lo ha vissuto e lo vive come rete di rapporti, amicizie, esperienze, scambi di conoscenze. Inoltre i collegi ecclesiastici a Roma sono una componente essenziale della grandezza di Roma: a volte i vari punti della città dove sono situati questi collegi assumono un valore determinante dalla presenza dei collegi stessi. Se, ad esempio, non ci fosse a Santa Chiara il Collegio Francese, la piazza non sarebbe la stessa.
Il collegio ecclesiastico che conosco di più è l’Almo Collegio Capranica: fin dai tempi della mia infanzia, quando frequentavo la parrocchia di piazza Capranica, Santa Maria in Aquiro, e a fare il catechismo a noi bambini venivano gli allievi più grandi del Capranica. Per questo il Collegio e la cappellina del primo piano, dedicata a sant’Agnese, sono nel mio cuore come qualcosa di ineguagliabile.
Comunque, noi come cattolici romani dobbiamo essere grati del carattere di universalità, di punto di riferimento, che ha la nostra città anche attraverso i collegi ecclesiastici stranieri. Ed è per questo che noi di 30Giorni continuiamo ogni tanto a porre su di loro l’attenzione con articoli e interviste.
Un’altra nota di riflessione sul concistoro del 20 novembre: non ci sono state nuove porpore nelle diocesi dove c’è già un cardinale che ha un’età per cui potrebbe votare in un eventuale conclave. Anche questo è uno degli aspetti dell’universalità della Chiesa, per cui si è sempre attenti a non accentuare l’attenzione su un punto a discapito degli altri. Al di là dei problemi materiali che avrebbe una nomina di un secondo cardinale votante in una diocesi, c’è sempre nella Chiesa questa preoccupazione di far sì che sia chiaro che i cardinali sono della Chiesa tutta e non sono solo dei rappresentanti della Chiesa locale da cui provengono. Anche la somma delle loro personalità, così diverse l’una dall’altra, viene ad assumere un significato di messaggio universale che è qualche cosa di incomparabile. Per questo bisogna vivere il concistoro, oggi come nel passato, come un’apertura di orizzonti.
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