mercoledì 20 gennaio 2010

I «Lineamenta» del Sinodo per il Medio Oriente: La Chiesa in Terra Santa (Nikola Eterovic)


SINODO DEI VESCOVI PER IL MEDIO ORIENTE (10-24 OTTOBRE 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

I «Lineamenta» del Sinodo per il Medio Oriente

La Chiesa in Terra Santa

di Nikola EteroviC
Arcivescovo titolare di Cibale
Segretario generale del Sinodo dei vescovi

Betlemme, Nazaret, Gerusalemme sono luoghi cari al cuore dei cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà. Simbolo delle attese e delle speranze della Terra Santa, fanno da sfondo anche alla preparazione dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che il Papa - accogliendo la richiesta di numerosi pastori della regione che va dall'Egitto all'Iran - ha indetto dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema: "La Chiesa Cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza".
In vista di questo importante evento sono stati messi a punto i Lineamenta - redatti significativamente in arabo, francese, inglese e italiano - che hanno lo scopo di orientare e animare la discussione in tutte le Chiese della regione. Articolato in tre capitoli, il testo è accompagnato da 32 domande indirizzate ai Sinodi dei vescovi delle Chiese orientali cattoliche, alle Conferenze episcopali, ai dicasteri della Curia romana, all'Unione dei superiori maggiori. Dalle risposte che perverranno scaturirà l'Instrumentum laboris, il documento di lavoro dell'assise sinodale, che Benedetto XVI consegnerà ai rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche durante la sua visita a Cipro dal 4 al 6 giugno prossimo. Considerando la grande importanza che la Terra Santa ha per ogni cristiano, non sono escluse osservazioni anche da parte di altri istituti e singole persone, con particolare riferimento alla questione del sostegno spirituale e materiale ai cristiani e alle Chiese della regione.
I Lineamenta rispecchiano il patrimonio storico e spirituale delle Chiese di Oriente, che hanno le loro radici nella prima Chiesa cristiana di Gerusalemme. Da lì si sono diffuse nella regione mantenendo l'unità essenziale nella pluralità delle espressioni. Si tratta di Chiese caratterizzate dall'apostolicità e da una forte indole missionaria. Oltre alla Chiesa di rito latino, vi sono Chiese orientali cattoliche di ben cinque tradizioni: alessandrina (Chiesa copta e Chiesa etiopica), antiochena (Chiesa siro-malankarese, Chiesa maronita e Chiesa sira), armena (Chiesa armena), caldea o siro-orientale (Chiesa caldea e Chiesa siro-malabarese) e bizantina o costantinopolitana (tra cui la Chiesa greco-melchita).
Ricche di quasi duemila anni di storia del cristianesimo, queste comunità sono chiamate ad affrontare oggi non poche difficoltà. Le sfide più complesse appaiono quelle poste dai conflitti politici nella regione e dagli ostacoli alla libertà di religione e di coscienza. Altri temi di grande attualità sono l'evoluzione dell'islam contemporaneo - in cui non mancano correnti estremiste che costituiscono una minaccia per tutti, cristiani e musulmani - e la forte emigrazione dei cristiani dai loro Paesi d'origine, compensata solo in parte dall'immigrazione di cristiani, soprattutto operai, provenienti da vari Paesi del mondo.
In tale contesto, centrale è la questione della comunione tra le varie Chiese orientali cattoliche, che dovrebbe diventare sempre di più una ricchezza per tutti i cristiani del Medio Oriente, anzi per l'intera Chiesa cattolica. Questa realtà si esprime anzitutto nella celebrazione dell'Eucaristia e nella comunione con il vescovo di Roma, ma si nutre anche dei rapporti tra i vescovi delle diverse Chiese, come pure tra loro e i fedeli.
Un banco di prova fondamentale nella testimonianza delle Chiese orientali cattoliche è quello del dialogo con le altre Chiese e comunità cristiane, che già esiste ma ha bisogno di essere incrementato e rafforzato da una maggiore collaborazione anche in campo liturgico. Mentre il dialogo con l'ebraismo - peculiarità delle comunità di Gerusalemme - è inevitabilmente condizionato dalla delicata situazione politica della regione. Al riguardo i Lineamenta rilanciano l'appello di pace pronunciato dal Papa durante la visita in Terra Santa. E invitano a non adoperare la religione a scopi politici né la politica a scopi religiosi. In tale contesto i cristiani sono chiamati a incoraggiare ogni pacifico mezzo che possa condurre alla pace attraverso la giustizia.
I rapporti con i musulmani occupano una parte rilevante del documento. Le costituzioni della maggior parte dei Paesi del Medio Oriente garantiscono l'uguaglianza tra i cittadini a tutti i livelli. Tuttavia la mancanza di distinzione tra religione e politica relega spesso i cristiani in una posizione di non cittadinanza. Una situazione non facile, nella quale gli stessi cristiani non devono far venir meno il loro contributo specifico alla società in cui vivono. Ispirandosi all'esempio di Gesù, essi possono testimoniare che il dialogo è il mezzo migliore per risolvere i problemi. Il loro messaggio di riconciliazione, basato sul perdono reciproco, è in grado di superare gli estremismi politici e religiosi, aprendo le porte all'edificazione di una umanità nuova.
La testimonianza di vita dei cristiani rimane essenziale per il presente e il futuro del Medio Oriente. Vi sono ragioni non solo politiche ma di fede alla base della necessità che i cristiani rimangano nella regione e continuino a offrire il loro contributo specifico alla costruzione di una società giusta, pacifica e prospera.

(©L'Osservatore Romano - 20 gennaio 2010)

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