domenica 21 febbraio 2010
Il manifesto antiruiniano dei cattolici conservatori. Ruini visto da destra (Gnocchi e Palmaro)
Vedi anche:
Diamo a Ruini quel che è di Ruini e alla Chiesa quel che è della Chiesa: Stefano Fontana risponde a Gnocchi e Palmaro
Su segnalazione di Alessia leggiamo:
Camillo e don Camillo
Il manifesto antiruiniano dei cattolici conservatori. Ruini visto da destra
di Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi
Ci siamo fatti una certa idea della pluridecennale presidenza ruiniana della Conferenza episcopale italiana. A volerla riassumere alla guareschiana, potrebbe suonare così: "Ruini, don Camillo ma non troppo". Per dire che il cardinale di Sassuolo, provincia di Modena e diocesi di Reggio Emilia, come il celebre omonimo letterario ha incontrato i suoi Pepponi, ma che le schermaglie non sono sempre finite in gloria come invece accade a Mondo piccolo. Il don Camillo che è stato al vertice della Cei dal 1986 al 2007, prima come segretario generale e poi come presidente, ha il merito indiscutibile della messa in mora del progressismo cattolico. L`operazione deve ancora concludere il proprio corso, ma è inesorabilmente avviata e comporta un inequivocabile segno più nel bilancio di fine mandato del cardinale. Per fugare ogni dubbio, basti pensare alle uscite biliose di una Rosy Bindi e di un Pierluigi Castagnetti in ritiro a Bose o quelle di un Alberto Melloni atterrito da ciò che definisce "ruinismo-leninismo". Se si pensa a che cosa era la chiesa italiana degli anni Settanta, si deve riconoscere che oggi potremmo stare molto peggio se il ruinismo non avesse tentato una certa normalizzazione.
Ruini comprese presto che la chiesa italiana era minata dal cattocomunismo dossettiano, la dottrina secondo cui il radioso destino dell`umanità consisterebbe nell`incontro di un cattolicesimo un po` meno cattolico con un comunismo un po` meno comunista. Teoria che, quando si trasforma in prassi, produce sempre l`incontro tra un cattolicesimo molto meno cattolico e un comunismo perfettamente comunista. Senza rischiare troppo di essere generosi, si può pure ipotizzare che il cardinale vide nel dossettismo il figlio primogenito dell`idea di Jacques Maritain secondo cui, morta la cristianità, bisognerebbe pensare a una nuova forma di presenza cristiana nel mondo. La soluzione del filosofo di Umanesimo integrale stava nella bifida invenzione dei due assoluti: "l`assoluto di quaggiù, ove l`uomo è Dio senza Dio, e l`assoluto di lassù dove Dio è in Dio". Come scrisse padre Antonio Messineo, secondo Maritain, "sul piano della storia non opererebbe il Cristianesimo in quanto religione rivelata e trascendente, non il Vangelo nella sua purità originaria di parola divina trasmessa all`uomo, non l`ordine della Grazia e delle realtà superiori in esso contenute, ma un cristianesimo e un Vangelo vuotati del loro contenuto originale e naturalizzati, temporalizzati". Da qui, la necessità di dar vita a una "cristianità profana" da contrapporre alla "cristianità sacrale" ormai superata. Un`opera pratica "da realizzare in spirito di amicizia fraterna fra i componenti delle varie famiglie spirituali presenti nella società". Per fare ciò, quali migliori compagni di strada dei comunisti, ritenuti dei cugini un po` eretici ma riconducibili all`ovile? Gli effetti sul mondo cattolico di questa netta separazione tra natura e sopranatura si sono mostrati devastanti, sia ab intra sia ad extra. Abbandono della pratica religiosa, calo di vocazioni, anarchia e rivolta antigerarchica ab intra, cui ha fatto da pendant, ad extra, la progressiva ininfluenza cattolica nella società. Dal canto suo, il presidentissimo della Cei si rese conto che l`abbraccio con il cattolicesimo democratico avrebbe avuto esiti mortali. E che il male era già molto progredito nel corpo ecclesiale, coinvolgendo la forma mentis di molti vescovi e di molte curie, abituati ormai a ragionare e ad agire "etsi Papa non daretur". La risposta ruiniana a tale situazione si concretizzò in una granitica lealtà al Pontefice e nel commissariamento della Cei avviato sotto Giovanni Paolo II. Don Camillo, quello di Sassuolo, ebbe carta bianca e, di punto in bianco, un episcopato abituato a rispondere solo a se stesso o, al più, alla linea dettata dal cardinale Martini nel ruolo di Grande Antagonista, capì che la ricreazione era finita. Ma qualcosa non ha funzionato a dovere. Oggi, due decenni dopo, Carlo Maria Martini continua a essere il Grande Antagonista a capo di una chiesa che poco o nulla vuole avere a che fare con Roma. Basta fare un giro per le parrocchie della penisola per trovare parroci, curati, catechisti e catecumeni orgogliosi di essere portatori di un pensiero "altro" rispetto a quello del Papa. "Caro don Tal dei Tali", si è sentito dire dai catechisti un sacerdote di fresca nomina in parrocchia, "guardi che qui insegniamo che tutti i metodi per la contraccezione sono buoni e lei non si sogni nemmeno di dire il contrario. Il Papa dica quel che vuole e noi facciamo quel che vogliamo". Sono innumerevoli le parrocchie italiane nelle quali si susseguono episodi analoghi sul piano della dottrina, della morale, della liturgia. Ed è qui che il modello ruiniano mostra la corda: il divorzio tra Roma e la periferia, il "federalismo dottrinale", la forbice sempre più ampia tra magistero e predica domenicale, tra Evangelium vitae e singole facoltà teologiche sono cronaca di oggi come, e forse più, di vent`anni fa. Tutti fenomeni che il commissariamento della Cei non ha saputo contrastare. Se, a lungo andare, una malattia non passa, significa che il medico si è occupato dei sintomi invece che delle cause. Allarmato dalle sbandate del suo episcopato, il presidente della Cei ha scelto una cura squisitamente pragmatica, anzi empirica, riassumibile in due postulati: primo, la conferenza detta la linea, e ogni vescovo si adegua e tace, secondo, la linea è più importante della dottrina. Risultato: la febbre ora si vede forse di meno, ma c`è esattamente come prima. Basta pensare alla rivolta pressoché generale dei vescovi in occasione del Motu proprio con cui Benedetto XVI ha ridato piena cittadinanza alla liturgia antica: la Cei avrebbe potuto e dovuto ricordare ai vescovi il loro giuramento di fedeltà al Papa, ma non disse nulla, assistendo impassibile allo scisma strisciante della diocesi di Milano, che dichiarò non applicabile il documento pontificio aggrappandosi al cavillo del rito ambrosiano. Il vero problema sta nel fatto che la crisi del cattolicesimo italiano non è solo politica, ma innanzitutto dottrinale. Messa fra parentesi la dottrina per manifesta irrilevanza e ridotto al silenzio l`episcopato sul versante propriamente ecclesiale, si è ottenuto di spingere ulteriormente i vescovi, singolarmente o in gruppo, verso l`unica ribalta che potesse dar loro lustro, la politica.
Una deriva a cui non ha posto argine l`altra idea che ha segnato l`era di Ruini alla guida della Cei, il "Progetto culturale" varato nel 1997. Un disegno faraonico che avrebbe dovuto riconquistare il popolo cattolico alla gerarchia e il mondo alla chiesa, ma che, invece, si palesa come una kermesse continua di iniziative dai contenuti equivoci. Basti pensare che le vere star del "Progetto culturale" si chiamano Massimo Cacciari, Umberto Galimberti, Enzo Bianchi, Edoardo Boncinelli. Oppure che, nonostante le oltre duecento radio del circuito InBlu sovvenzionate dal "Progetto", per trovare una programmazione radiofonica cattolica 24 ore su 24, bisogna sintonizzarsi su Radio Maria. Per non parlare di Sat 2000, una tv dal dimenticabile, e dimenticato, palinsesto fatto con le repliche delle fiction sui santi prodotte dalla Lux e già passate su Raiuno e che per giunta irradia via satellite verso un popolo cattolico che ignora quasi totalmente l`esistenza delle parabole. Se oggi, dopo 13 anni di elaborazione, si va sul sito del "Progetto culturale" si trovano affermazioni come le seguenti: "A che serve tutto questo? A costruire, con le categorie di oggi, una visione del mondo cristiana, consapevole delle proprie radici e della propria pertinenza sulle questioni vitali e fiduciosa circa le proprie potenzialità nel dialogo con la cultura contemporanea". "Creare una nuova enciclopedia cattolica? No: si tratta di riconoscere le sfide cruciali che la cultura pone oggi alla fede. Proprio raccogliendo queste sfide la fede esprime la sua energia creativa e alimenta il rinnovamento dell`uomo e della società. Se si punta infatti a definire tutto, ad avere l`inventario dei contenuti per poi svilupparli uno a uno il rischio è quello della paralisi. Se, al contrario, cerchiamo di abitare le questioni che concretamente sono di fronte a noi, allora ci mettiamo in condizione di proporre stili di vita cristiani praticabili e plausibili. Insomma, i contenuti del progetto culturale non sono e non saranno un`enciclopedia, piuttosto il frutto di un cammino quotidiano di traduzione del Vangelo nella vita". Viene da chiedersi dove si possa arrivare con un simile linguaggio burocratico-piacione che sa dire solo un "No" deciso e lo grida contro l`idea di "una nuova Enciclopedia cattolica". Quella vecchia, detto per inciso, la si può trovare a prezzi stracciati in liquidazione nei seminari della Penisola.
Non è questa la strada per riportare il cristianesimo al centro dello spazio pubblico e misurarsi con il mondo. Se non si ripiglia in mano la questione dottrinale, se non si torna ai fondamenti della fede, non si potrà mai pensare a un progetto di presenza culturale nella società. Il cattolico medio, oggi, non solo non è in grado di esporre decentemente le ragioni della propria fede, ma non sa esporre, neanche indecentemente, la propria fede. Anzi, facilmente mostrerà con orgoglio dubbi sostanziali sugli articoli del "Credo", che pure recita ogni volta che va a Messa. Così, gettato nella mischia privo di dottrina, il mondo cattolico ha finito per muoversi sull`unico piano in cui, almeno in apparenza, la dottrina non gli sembrava fondamentale: la politica. E qui si è creato il cortocircuito in cui l`opera ruiniana ha fatto da conduttore. Piuttosto che lasciare spazio ai singoli, si è pensato fosse meglio che delle questioni politiche si occupasse direttamente l`apparato. E la Cei è divenuta vero e proprio attore politico finendo per mediare sui valori. Non poteva andare diversamente visto che qualsiasi controparte, in una mediazione, mette in gioco ciò che possiede. L'esempio lampante sta nella legge 194 che, da legge iniqua ai tempi del referendum, è divenuta "la legge migliore d`Europa" basta che venga applicata interamente, una legge "che noi non vogliamo cambiare", come disse testualmente Camillo Ruini in una storica intervista al Tg1 all`indomani del referendum sulla legge 40. Legge, quest`ultima, sostenuta con furore dogmatico, al prezzo di impedire a vescovi e laici ortodossi di proclamare la illiceità morale e giuridica di ogni fecondazione artificiale. Con il risultato di far intendere che la Fivet omologa "è quella cattolica". Si finisce per perdere di vista lo specifico cattolico. Persino la cosiddetta vittoria al referendum sulla procreazione assistita va inquadrata in questa visuale. Si è fatto passare per una vittoria dell`Italia cattolica un risultato che sommò alla legittima astensione intenzionale di molti cattolici anche il cospicuo menefreghismo di una quota forse decisiva di indifferenti. Perché il ruinismo è anche questo: un trionfalismo senza fondamento vagheggiante un`Italia immaginaria che sarebbe ritornata "pro life" e "per la famiglia", e che invece, nella realtà, si dibatte nel medesimo processo di secolarizzazione che affligge tutto il mondo. Qui, quella che molti hanno definito la "genialità politica" di Ruini mostra tutti i suoi limiti, in primis quello di servirsi della politica per amministrare alla meno peggio la realtà invece che tentare di ri-cattolicizzarla. Limite che, a ben guardare, ripropone lo schema dossettiano della separazione tra piano della natura e piano della Grazia.
Ecco perché, per tornare simmetricamente all`inizio di queste riflessioni, il don Camillo della Cei si discosta da quello di Guareschi. Quando Peppone e i suoi vogliono impedirgli di andare in processione a benedire il Po, lui si avvia verso il fiume seguito solo da un cagnetto e, una volta trovatasi davanti la banda comunista al completo, cava il Crocifisso dalla cinghia e lo brandisce come una clava. Poi, recita questa preghiera: "Gesù, se in questo sporco paese le case dei pochi galantuomini potessero galleggiare come l`arca di Noè, io vi pregherei di far venire una tal piena da spaccare l`argine e da sommergere tutto il paese. Ma siccome i pochi galantuomini vivono in case di mattoni uguali a quelle dei tanti farabutti, e non sarebbe giusto che i buoni dovessero soffrire per le colpe dei mascalzoni tipo il sindaco Peppone e tutta la sua ciurma di briganti senza Dio, vi prego di salvare il paese dalle acque e di dargli ogni prosperità". Ora, direttore, ci dirai che siamo ben originali a proporre una pastorale di tal guisa all`epoca del dialogo. Ma noi ti possiamo dire che qualche prete alla don Camillo di Mondo piccolo c`è ancora e ognuno può raccontare per le loro storie di evangelizzazione un finale che somiglia molto a quello che andiamo a trascrivere: "Amen - disse dietro le spalle di don Camillo la voce di Peppone. - Amenrisposero in coro, dietro le spalle di don Camillo, gli uomini di Peppone che avevano seguito il Crocifisso. Don Camillo prese la via del ritorno e, quando fu arrivato sul sagrato e si volse perché il Cristo desse l`ultima benedizione al fiume lontano, si trovò davanti: il cagnetto, Peppone, gli omini di Peppone e tutti gli abitanti del paese. Il farmacista compreso che era ateo ma che, perbacco, un prete come don Camillo che riuscisse a rendergli simpatico il Padreterno non lo aveva mai trovato". I non pochi don Camillo di oggi dicono che questo metodo funziona ancora. Si chiama Regalità sociale di Cristo e, come si è visto, riesce a trovare a ciascuno il suo posto, persino al farmacista ateo.
© Copyright Il Foglio 18 Febbraio 2010
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5 commenti:
Anche se non condivido al 100%l'analisi, faccio mia la linea di fondo. Tuttavia nessuno lo dice mai, ma Ruini é stato un ottimo animatore pastorale della diocesi di Roma, e aver evitato alla chiesa italiana di diventare come quella francese, irrilevante e molto più che dossettiana, é un grande merito.
Comunque metterei in cornice per la segreteria vaticana:
"in primis quello di servirsi della politica per amministrare alla meno peggio la realtà invece che tentare di ri-cattolicizzarla."
Io credo che la rovina della Chiesa, e voglio aggiungere dell'Italia, è tutta qui. Non a caso Cristo era compltamente indifferente alla gestione dello stato, così anche la sua Chiesa per i primi 3-4 Scoli, e non sono pochi.
I nostri vescovi lo dimenticano sempre più spesso,forse il vero problema è che non hanno vera fiducia in Cristo, giusto per non dire vera fede. Il cristianesimo si é allargato da 12 pescatori a tutto l'impero in un periodo in cui lo stato permetteva tutto il contrario di quello che diceva il vangelo. Ebbene gli "episopos" hanno convinto a amare il proprio nemico, quando la sconfitta, la tortura e la morte dell'avversario era cosa di tutti i giorni a Roma.
Hanno portato a praticare l'ugualinaza degli uomini, quando per lo stato se non si era "Cives", neanche si esisteva, addiritura convincnedo i patrizi a rinunciare a tutte le loro prerogative per convertirsi. Hanno convinto a essere casti e puri, quando le orge e festini erano organizzate dallo stato. Hanno adorato Cristo, quando lo stato obbligava di adorare l'imperatore. Hanno insegnato a rispettare i piccoli, quando se malformi, venivano gettati in dirupi e se meno abbienti,usati per i piaceri sessuali di ricchi e sacerdoti. Hanno insegnato che la ricchezza e la forza sono nulla di fronte all'umiltà e alla semplicità, quando lo stato stesso era organizzato per censo e l'apparire era tutto. Hanno insegnato a pagare la giusta "mercé" al lavoratore, quando lo stato dava potere di vita e di morte sullo schiavo.
In questa situazione, il messaggio di Cristo e lo Spirito Santo hanno acceso quel fuoco, che Gesù volesse che fosse già acceso quandoera ancora coi suoi, e che ha infiammato l'umanità intera.
Oggi possiamo rileggere quanto ho scritto e renderci conto che é l'esatto contrario,lo stato vieta queste cose i cosiddetti cattolici, fanno l'esatto contrario, tutti i giorni. Io credo che la chiesa potrà dire che l'Italia é veramente cattolica, quando se lo stato permettese l'omicidio, la poligamia, l'aborto libero fino al nono mese, lo sfruttamento dei lavoratori, l'evasione fiscale, ebbene nessuno in italia praticasse l'aborto, evadesse le tasse, sfruttasse i lavoratori, divorziasse, praticasse l'eutanasia.
Imporre questo per legge senza parlare ai cuori e soprattutto senza l'ESEMPIO, non serve a niente, anzi, ha l'effetto contrario, mette nei cuori della gente un astio, che talvolta diventa quasi vero odio verso la Chiesa, che impone per legge dello stato, pesi enormi che lei non sfiora neanche con un dito. OSIAMO LA NOSTRA FEDE, e avremo i risulati.
Max
bel commento max, condivido la tua analisi
Una risposta a Gnocchi e Palmaro:
Diamo a Ruini quel che è di Ruini e alla Chiesa quel che è della Chiesa di Stefano Fontana
http://www.loccidentale.it/articolo/diamo+a+ruini+quel+che+%C3%A8+di+ruini+e+alla+chiesa+quel+che+%C3%A8+della+chiesa.0086639
Alessia
Comunque, anche oggi
-su Telenova nella rubrica dei libri hanno consigliato vivamente un libro su Dossetti, dichiarandolo adatto all'educazione dei giovani;
-nella trasmissione di Rai 1 collegata all'Angelus del Santo Padre hanno fatto fare il commento alle parole del Pontefice al nuovo direttore di Avvenire che, vi assicuro, ha sviato la profondità delle parole del papa...
secondo me è intenzionale tutto ciò, è progettato.
O sarò io che sono troppo sensibile a queste cose?
Ruini ha avuto il grande merito di non essere stato al rimorchio dei progressisti. Anche le iniziative culturali del Vicariato, come i 40 concerti, ora sono sparite e se Melloni e Politi sono diventati papisti la cosa mi preoccupa.Eufemia
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