lunedì 1 febbraio 2010

Il Papa, gli stabilimenti Fiat e la scelta degli appelli diretti (Accattoli)


Su segnalazione di Alessia leggiamo questo bellissimo commento do Luigi Accattoli:

Il Papa, gli stabilimenti Fiat e la scelta degli appelli diretti

di Luigi Accattoli

Per la terza volta in undici mesi papa Benedetto ha nominato ieri uno stabilimento Fiat che rischia di chiudere: quello di Termini Imerese, mentre il 24 maggio aveva parlato della «precarietà preoccupante» di quello di Cassino e il primo marzo aveva implorato un «futuro» per gli operai di Pomigliano d’Arco.
Difficile dire se l’esorcismo papale aiuterà a salvare i posti di lavoro ma possiamo affermare con sicurezza che gli appelli diretti, che nominano stabilimenti in crisi, sono venuti crescendo con il Papa teologo che non ama alludere alle situazioni drammatiche con parole generiche né quando parla della Chiesa né quando si rivolge alla società.
Ieri ha messo insieme la Fiat di Termini Imerese e lo stabilimento della statunitense Alcoa che lavora l’alluminio in Sardegna, mostrando di non avere timore di esporsi neanche sul piano internazionale.
Ha chiesto di «fare tutto il possibile» per salvare l’occupazione.
Siamo abituati a ogni sorta di appello e dunque non facciamo attenzione alla forma che essi assumono. Ma quella di ieri non era indolore: con le sue parole il Papa faceva una pressione diretta sul nostro governo e sulle due industrie.
L’occasione in cui aveva fatto più nomi di imprese in crisi era stata quella del marzo 2009, quando aveva salutato dalla finestra «i lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco» presenti nella piazza di San Pietro, evocando insieme la disoccupazione che minacciava i lavoratori del «Sulcis-Iglesiente, in Sardegna, di Prato in Toscana e di altri centri in Italia e altrove».
Non è una novità, ovviamente, che un Papa nomini una fabbrica in crisi. L’aveva già fatto anche il Papa polacco ma lo scrupolo di nominare i luoghi e le industrie ogni volta che sia possibile è caratteristico di Benedetto XVI.
Che mette in questi appelli la stessa precisione di riferimenti con cui ha lamentato il marzo scorso, in una lettera ai vescovi, la contestazione che aveva subito all’interno della Chiesa per aver ritirato la scomunica ai vescovi lefebvriani.

© Copyright Corriere della sera, 1° febbraio 2010 consultabile online anche qui.

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