lunedì 1 febbraio 2010

Angelus del Santo Padre, Filippo Di Giacomo: «E' la parte buona del Concordato» (Unità)


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Su segnalazione di Alessia leggiamo:

Filippo Di Giacomo: «E' la parte buona del Concordato»

di G.M.B.

Un intervento eccezionale, straordinario, che da solo chiarisce la gravità della situazione del Paese. Ne abbiamo parlato con don Filippo Di Giacomo, commentatore per varie testate nazionali, nostro collaboratore.

Il Papa durante l'Angelus ha citato in modo specifico due vertenze sindacali. Esistono precedenti?

«C'è stato, prima di Natale, un accenno del Papa alla vicenda dei lavoratori dell'Eutelia che avevano organizzato una specie di processione-manifestazione da Castel Sant'Angelo a piazza San Pietro. A parte questo, non ricordo altri precedenti. Quanto al passato, va ricordato Giovanni Battista Montini che inaugurò il suo mandato di arcivescovo di Milano con una visita a Sesto San Giovanni, che veniva considerata la Stalingrado d'Italia e che nel 1968, diventato Paolo VI, si recò all'Italsider, ora Ilva, di Taranto. Ci sono state poi le visite di Giovanni Paolo II alle officine di Terni e alla Fiat di Termoli, dove celebrò la messa».

Come avviene che il papa arrivi a parlare di una vertenza?

«Per rispondere con una battuta, diciamo che si scrive papa ma si legge vescovo. Perché il papa viene interpellato dai vescovi del luogo attraverso la segreteria di Stato. E i vescovi sono stati a loro volta sollecitati dalla società civile, dai sindacati, dal prefetto. Avviene di solito quando sono state esaurite tutte le altre possibilità. Come, non è difficile immaginarlo, in casi come questi dove l'interlocutore è un capitalismo senza faccia, senz’anima e senza sede».

Il Papa come ultima spiaggia.

"Sì, ma tanto è eccezionale questo evento, quanto è prassi normale, e infatti raramente ce ne accorgiamo, l’attività dei vescovi. Non parlo solo del presente. Penso, per esempio, alla storica vertenza dei camalli a Genova e all'intervento decisivo del cardinale Siri che convocò la rappresentanza sindacale e la Confindustira e li chiuse in episcopato finché non trovarono un accordo. Ed è noto il viaggio in Germania di monsignor Vincenzo Paglia. Il suo intervento presso i vertici della Krupp che volevano delocalizzare due impianti contribuì a salvare molti posti di lavoro».

Ma a volte i vescovi non bastano.

«Infatti quando il livello locale è insufficiente si prova a portare, un po' spinti dalla forza della disperazione, le istanze in una piazza più grande. Ma il tema del lavoro è presente costantemente nell'attività dei vescovi. Nell'ultima commissione permanente della Cei si è parlato della Fiat, della preoccupazione di altri 30.000 lavoratori in cassa integrazione nel Sud. Il fatto è che chi è in contatto con i parroci ha un'idea molto precisa di quel che accade nella società reale. Perché non ha numeri ma volti, storie, famiglie. Per questo le segnalazioni dei vescovi non necessitano di particolari ulteriori verifiche da parte della segreteria di Stato. Sono ultraverificate».

Può accadere che la segreteria di Stato venga investita dalle autorità politiche centrali?

«Accade che le iniziative dei vescovi vengano condivise e apprezzate alle autorità governative. Ma qua stiamo parlando del Concordato e della sua parte diciamo “buona”. Il primo articolo, quello dove Stato e Chiesa, affermata la loro indipendenza e sovranità ciascuno nel proprio ordine, si impegnano alla recuproca collaborazione per la promozione dell'uomo e del bene del paese. Cioè l’utilità sociale».

© Copyright L'Unità, 1° febbraio 2010 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Raffa,
Rito ambrosiano. La scure del cardinale Biffi sul nuovo lezionario
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1341968
Alessia