venerdì 23 aprile 2010
Intelligentemente Allen si chiede come mai il Vaticano non racconti la vera storia della lotta di Joseph Ratzinger contro gli abusi
Clicca qui per leggere l'interessantissima analisi di John Allen segnalataci da Alessia. Qui una traduzione. TUTTI siamo arrivati alla stessa conclusione ma vederlo nero su bianco potrebbe segnare una svolta.
L'articolo di Allen parla del ruolo del card. Hoyos e, ad un certo punto, leggiamo:
Ratzinger e Castrillón
Infine, una nota circa l'impatto della puntata Castrillón: ironia della sorte, il risorgere della lettera del 2001 potrebbe condannare Castrillón, ma potrebbe effettivamente aiutare Papa Benedetto XVI.
Durante tutto il ciclo più recente di copertura mediatica, c'è stato un grave squilibrio tra le azioni recenti di Papa Benedetto XVI in materia di abusi sessuali - come l'alto funzionario del Vaticano che hanno preso la crisi più grave dal 2001, e che ha guidato la carica per la riforma - e le immagini outsider del Papa come parte del problema.
Mentre ci sono molte ragioni per questo, un fattore fondamentale è che il Vaticano aveva ultimi dieci anni per raccontare la storia di "Ratzinger il riformatore" al mondo, e in sostanza cadere la palla.
Tale omissione ha lasciato un vuoto di PR in cui una manciata di casi, dal passato del Papa, dove il suo ruolo è stato effettivamente marginale, sono giunti a definire il suo profilo.
Ci si deve chiedere, perché il Vaticano non racconta la storia di Ratzinger?
Almeno una parte della risposta, credo, è dovuto al fatto che rendere giustizia a Ratzinger, avrebbe dovuto mettere gli altri in cattiva luce - tra cui, ovviamente, Castrillón, così come altri alti funzionari del Vaticano.
In agguato dietro quella preoccupazione ce n'è una più profonda, cioè questa: per salvare la reputazione di Benedetto XVI potrebbe essere necessario offuscare quella di Papa Giovanni Paolo II.
In questo caso, tuttavia, Castrillón ha involontariamente concesso in licenza il Vaticano e la chiesa di funzionari in tutto il mondo ad utilizzare lui come un foglio, di fatto revoca dell'immunità tradizionale di un cardinale dalle critiche.
Da qui in avanti, quando portavoce insistono sul fatto che Papa Benedetto ha combattuto all'interno del Vaticano per le riforme, il mondo avrà un quadro più chiaro di quello che sembrava la sua opposizione.
Castrillón faceva parte di un blocco di funzionari vaticani che hanno pensato che la crisi degli abusi sessuali è stata alimentata dall'isteria dei media, che la "tolleranza zero" è stata una reazione eccessiva, e che rimuovere i sacerdoti dal ministero senza percorsi canonici lunghi e complicati è un tradimento della tradizione giuridica della Chiesa.
Questo è importante per mantenere le cose in chiaro, perché la verità è che la vera scelta a Roma negli ultimi dieci anni nei confronti della crisi degli abusi sessuali non è mai stato tra Ratzinger e la perfezione - è stato tra Ratzinger e Castrillón.
Cari amici, ECCO IL PUNTO, ECCO LA VERITA'! Al bando gli indugi e si tirino fuori carte e nomi!
Conta solo Benedetto XVI e la pulizia nella quale ha impegnato tutto se stesso. Non credo che ce ne sia bisogno, ma credo che Allen abbia trovato la chiave per spiegare anche a noi italiani come mai nessuna televisione si e' mai occupata di Papa Ratzinger nel tentativo di spiegare la sua azione illuminata. Il confronto va fatto a senso unico.
Mi permetto di citare il Vangelo:
"Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,32).
Thompson in appoggio ad Allen: forse il Vaticano non difende adeguatamente Benedetto XVI per tutelare la memoria di Giovanni Paolo II?
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17 commenti:
Pienamente d'accordo, anche se credo che Giovanni Paolo II fosse all'oscuro di certe cose e, giustamente, si fidava solo del card. Ratzinger.
Di certo, sarebbe un bene per la Chiesa che si dicesse la verità per rendere giustizia a Benedetto XVI che, in quest storia, è stato letteralmente crocifisso, pur essendo l'unico giusto e del tutto innocente
Mi permetto di riportare un passaggio:
"Now Castrillón has achieved global infamy in light of a September 2001 letter he dispatched to a French bishop congratulating him for refusing to report an abuser priest to the police. Though the letter was actually published on the Internet in 2001, it languished in relative obscurity until a French Catholic publication brought it back to life a couple of weeks ago."
Scavando scavando qualcosa di serio in mezzo a tanta fuffa si trova.
Ci sarebbe da scavare anche su Rode': dopo aver visto quella omelia del 2008 grazie a Google - il fatto stesso che sia "improvvisamente sparita" puzza forte - ho l'impressione che anche il suddetto potrebbe riservare delle inaudite sorprese, purtroppo poco piacevoli.
Comunque grande articolo, che mette in luce forse per la prima volta quanto in fin dei conti l'allora Card. Ratzinger debba avere sofferto forti crisi di coscienza nel vedere come certe cose gravi venivano trattate in modo parziale, tenendo conto (giustamente) del problema del prete abusatore ma mai tenendo conto (a grandissimo torto) dei drammi di chi ha subito tutto questo. Le "lacrime" di Malta forse sono state per lui stesso una liberazione: liberazione da quell'omerta' che copriva un male oggettivo e che, per quanto sia devastante dentro, se si riesce ad affrontare e condividere - pur con tanta fatica - si puo' superare.
Non lo si dimentica - una cosa del genere ti scompensa - ma il vivere un amore piu' grande puo farmi accettare anche questo abuso subito e far si che non condizioni piu.
Ma per far questo bisogna che venga alla luce, per quanto inizialmente doloroso sia. Solo dopo si puo' vivere concretamente quanto e' vero che "la verita' vi fara' liberi". Prima no.
Raffaella,
la domanda che fai alla fine e' feroce ma merita un tentativo di risposta.
Una personalita' come quella del Crd. Ratzinger poteva essere "corrompibile"? No. C'era un discorso di rettitudine e dirittura morale che lo faceva dire no, magari anche a delle cosiddette "amicizie importanti" nei "posti giusti".
Il seguito... si capisce da solo.
Allen deve ancora farsi perdonare per il suo libro alquanto maligno "The enforcer of the faith", in cui tanto demoliva Ratzinger che persino Komonchak, della liberal "Commonweal" scrisse che esagerava. Poi si è ravveduto, ma intanto la leggenda nera del grande inquisitore era ben radicata. E la rivista per cui scrive, il NC Reporter, si contraddistingue anche adesso per il più vieto antipapismo, dove Weakland ha scritto per anni. Ora che Castrillon è diventato il cattivo, mi chiedo se non sia il caso che qualcuno gli faccia compagnia, anche pescando fuori dalla Curia. Eufemia
Escono tanti libri apologetici (spesso l'uno la fotocopia dell'altro).
Un bel volume "pepato" sarebbe un best seller per chi avesse il coraggio di scriverlo.
Penso sia giunto il momento per Allen di prendere carta e penna e di mettere nero su bianco quello che sa.
Solo cosi' si fara' perdonare (dai lettori) il testo di tanti anni fa.
R.
Dimissioni e condanne ci sono solo oggi sull'onda degli scandali resi pubblici.
Non è possibile dare un giudizio fondato sull'azione della CDF permanendo il segreto pontificio sulle cause.
Solo l'abolizione del segreto pontificio rappresenterebbe un reale cambiamento.
I provvedimenti della CDF sono pubblici!
Non nascondiamoci dietro ad un dito: il vaso di Pandora era aperto dal 2002. La domanda e': chi l'ha richiuso e perche' i media si sono prestati al gioco?
Questo e' il punto!
R.
I provvedimenti vengono pubblicati solo se la videnda diventa di dominio pubblico.
14/04/2007
Caso Don Cantini, intervento del card. Antonelli
La procedura seguita risponde in tutto alla prassi stabilita dalla Santa Sede. A parte la notifica delle decisioni all’interessato e alla parte accusatrice, la pubblicazione è prevista solo per il decreto finale e solo nel caso che la vicenda diventi di dominio pubblico.
http://www.toscanaoggi.it/notizia.php?IDCategoria=1&IDNotizia=8029
Assolutamente no!
Se un processo finisce con la riduzione allo stato laicale o altro provvedimento disciplinare, la cosa diventa ovviamente di pubblico dominio semplicemente perche' la persona non e' piu' un prete.
Il card. Antonelli, arcivescovo emerito di Firenze, non c'entra nulla.
Stiamo parlando della CDF.
R.
Ecco la conferma:
A parte la notifica delle decisioni all’interessato e alla parte accusatrice, la pubblicazione è prevista solo per il decreto finale e solo nel caso che la vicenda diventi di dominio pubblico. Sul prossimo numero del Bollettino Diocesano il decreto riguardante don Lelio sarà pubblicato. Ma fin d’ora posso annunciare che non conterrà alcun elemento di novità
Appunto: la pubblicazione è stata fatta dopo che il caso è diventato di pubblico dominio.
L'intervento del cardinale Antonelli è del 14 aprile 2007, lo scandalo era scoppiato l'8 aprile 2007.
E anche per quanto rigurda la pena inflitta nel 2007 la CDF era implicata.
A don Lelio sono state inflitte, a norma del canone 1336§1, le seguenti pene per la durata di cinque anni: privazione della facoltà di confessare, proibizione di celebrare la Santa Messa in pubblico, proibizione di celebrare altri sacramenti, proibizione di assumere incarichi ecclesiastici. Inoltre sono state aggiunte, a norma del canone 1340§1, le seguenti penitenze: versare per cinque anni un’offerta annuale in denaro a una istituzione caritativa e darne rendiconto al vescovo; recitare ogni giorno per un anno intero il Salmo 51 “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia” oppure le litanie della Madonna.
Queste pene e penitenze, come tutta la procedura, sono state concordate con la Congregazione per la Dottrina della Fede.
Si è tenuto conto dell’età avanzata, 84 anni, e del malfermo stato di salute di don Lelio.
No, l'italiano non e' un'opinione.
E' prevista la pubblicazione del decreto finale, cosa che e' puntualmente avvenuta.
La lettera "De delictis gravioribus" prevede l'avocazione della causa o la "delega", secondo determinate condizioni, del procedimento alle singole diocesi.
R.
Il decreto è del 17 gennaio 2007, la pubblicazione è stata fatta ad Aprile 2007.
Ma solo a fine febbraio Antonelli li convoca per mostrare quello che a tutt' oggi resta l' ultimo atto formale preso a carico del sacerdote sotto accusa: e cioè il decreto a sua firma, datata 17 gennaio, con cui l' arcivescovo informa le vittime delle «pene» comminate a don Cantini a conclusione di un processo penale amministrativo svolto, dice, «sulla base delle vostre accuse».
Perché vittime e preti hanno scritto al papa
Repubblica — 10 aprile 2007 pagina 1 sezione: FIRENZE
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/04/10/perche-vittime-preti-hanno-scritto-al-papa.html
Tempo ragionevole visti i tempi del deposito delle sentenze nei tribunali italiani.
R.
Per l'anonomo che mi ha scritto poco fa: grazie :-)
Ora e' tutto chiaro.
R.
Parlando di segreto pontificio sulle cause, Bastardlurker fa confusione fra processo in corso e sentenza. Sul primo i giudici sono tenuti al segreto, ed è giusto che sia così. Altrimenti non ci sono più processi ma linciaggi. La sentenza invece è pubblica.
Quanto all'insinuazione che le sentenze diventino pubbliche solo dopo la pressione dei media, Bastardlurker confonde fra pubblicità della sentenza e annuncio della stessa sui giornali. Perché una sentenza sia pubblica, basta che sia pubblicata come ogni altra sentenza. Perché ne parlino i media, occorre che i media se ne interessino.
La mia opinione è che Giovanni Paolo II fosse effettivamente al corrente di quelli che noi oggi definiamo "abusi" ma che negli anni '70 e '80 erano "relazioni consenzienti", vietate dalla legge (anche quella canonica ovviamente), ma fortemente difese da una parte dell'intellighenzia di sinistra. Quando è stato eletto (1978) lui aveva 58 anni, la sua formazione culturale era già completa, anche se poi chiaramente un pontefice è sempre aggiornato se no vivrebbe fuori del mondo. La legge all'epoca distingueva bene, riguardo ai rapporti coi minori di 14 anni, se ci fosse o meno il consenso: nel primo caso si trattava di corruzione di minorenni, un reato che non aveva nulla a che fare con la violenza e la sopraffazione. Solo nel caso di costrizione fisica violenta si parlava appunto di violenza sessuale. Il termine ‘pedofilia’ (un neologismo del 1935) non era usato per questo tipo di rapporti, era un termine tecnico psichiatrico. Quella che noi oggi consideriamo sopraffazione psicologica dell'adulto rispetto all'adolescente, all'epoca era da molti apprezzata e stimata come rapporto educativo in cui l'adulto introduce il ragazzino ai piaceri del sesso, alla scoperta della propria sessualità, alla maturazione affettiva e sentimentale; insomma c'era quasi da premiarli, i pedofili! La legge veniva considerata reazionaria e restrittiva, una ingiustificabile coercizione nei confronti dei più piccoli ai quali si negava la libertà di vivere gioiosamente la propria sessualità con il ‘necessario’ accompagnamento di un adulto. Ricorderete la romantica canzone di Ron e Lucio Dalla "Il gigante e la bambina", finalista nel 1971 al festival “Un disco per l’estate”, scritta addirittura da una donna: “il gigante e' un giardiniere la bambina e' come un fiore… la mano del gigante su quel viso di creatura e' un rifugio di speranza... li han trovati addormentati falco e passero abbracciati come figli del Signore”. Già nel 1955 era stato da tutti considerato un capolavoro il romanzo ‘Lolita’, storia di una perfida 12enne che seduce un 40enne (non platonicamente), che ha avuto ben due trasposizioni cinematografiche, una celeberrima di Kubrik del 1962 (l’attrice aveva però 16 anni), l’altra di Adrian Lyne del 1997, con esplicite scene di sesso (l’attrice aveva 17 anni). Purtroppo non è possibile reperire in rete una documentazione relativa alle numerose iniziative a favore della libertà sessuale dei bambini, la storia ha ingoiato tutto, si va a memoria d’uomo. Tutto questo per dire che Giovanni Paolo II non difendeva affatto i mostri, semplicemente non li considerava tali e il sesso coi bambini era un peccato come un altro, come un sacerdote che va con le prostitute: non è un santo, ma sono affari della sua coscienza. Mi sembra ovvio che al Papa non passasse nemmeno per la testa che quei bambini subissero violenze ingiuste e che soffrissero; alla luce della sua storia personale, sicuramente considerava vera e urgente causa di sofferenza la persecuzione contro la Chiesa, molto più dei peccati dei preti. In conclusione (mi scuso per la prolissità) analizzare un evento storico prendendo in esame il contesto culturale e anche biografico richiede tempo, pazienza, obiettività ed è molto più complicato che tagliare giudizi con l’accetta.
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