giovedì 1 aprile 2010

Pedofilia, la Chiesa Usa: menzogne contro il Papa (Cardinale)


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Pedofilia, la Chiesa Usa: menzogne contro il Papa

DA ROMA GIANNI CARDINALE

Il tentativo del «New York Times» di infangare la figura di Benedetto XVI cercando di coinvolgerla della melma delle accuse di abusi sessuali nei confronti di minori ad opera di religiosi, sta suscitando una reazione forte e indignata del mondo cattolico statunitense.
Particolarmente vigorosa ed efficace è stata la risposta di padre Thomas Brundage, vicario giudiziale nel tribunale dell’arcidiocesi di Milwaukee dal 1995 al 2003 e che in questa veste si occupò del caso di don Lawrence Murphy, quello ripescato dal Nyt con l’«evidente e ignobile intento», come ha scritto «L’Osservatore Romano» in prima pagina, «di arrivare a colpire, ad ogni costo, Benedetto XVI e i suoi più stretti collaboratori».
Brundage è intervenuto sul sito dell’arcidiocesi di Anchorage in Alaska, dove ora presta servizio, con il «consenso esplicito» dell’ordinario. E ha ribadito le sue osservazioni ai microfoni della Radio Vaticana.
Le sue critiche al lavoro «sciatto e inaccurato» del quotidiano liberal della grande Mela sono di metodo e di merito. «Devo ammettere – spiega di essere rimasto indignato» per il fatto che «nella versione online del New York Times si sono sentiti liberi di citarmi in un documento preso da Internet, che io alla fine ho trovato». «È stato incredibile per me, – prosegue Brundage – dato il ruolo che avevo, che nessuno abbia nemmeno tentato di contattarmi». Questo per quanto riguarda la deontologia professionale di quello che è pure considerato uno dei più autorevoli giornali al mondo.
Ma Brundage respinge con particolare fermezza l’insinuazione che l’allora cardinale Joseph Ratzinger, in qualità di prefetto delle Congregazione per la dottrina della fede, abbia lavorato per 'insabbiare' il 'caso Murphy'. Padre Brundage accusa il quotidiano di aver fatto una ricostruzione fondandosi tra l’altro «sulle menzogne – riporta Radio Vaticana – di monsignor Rembert Weakland, il grande accusatore, una persona fatta passare per testimone credibile, costretto a lasciare la guida dell’arcidiocesi di Milwaukee dopo il coinvolgimento in una storia omosessuale con un’ex studente di teologia».
Brundage spiega inoltre di «non aver ragione di credere» che l’attuale Pontefice «fosse minimamente coinvolto » nel caso Murphy (e in effetti nelle 86 pagine di documenti messi in rete dal Nyt non ce n’è uno riconducibile direttamente alla sua persona).
Non solo. Brundage ribadisce che il cardinale Ratzinger «probabilmente è stata la figura religiosa di spicco più attiva nel cercare di occuparsi degli abusi sessuali nei confronti dei bambini in termini di prevenzione, nel cercare di riparare il più possibile dopo il fatto, e nel trovare giustizia per le vittime».
E ricorda il «notevole cambiamento» sopravvenuto nel 2001, quando Giovanni Paolo II firmò il motu proprio 'Sacramentorum Sanctitatis Tutela'. «Prima di quella data, – ricorda Brundage – la maggior parte dei casi di abuso sessuale in appello andavano a finire alla Sacra Rota Romana e i casi tendevano a restare sospesi lì a lungo».
«Dopo il 2001, – continua – i casi sono stati inviati alla Congregazione per la dottrina della fede e c’è stata subito un’immediata differenza. I casi sono stati trattati velocemente e correttamente, rispettando i diritti di tutti».
In difesa del Papa è intervenuto anche l’attuale arcivescovo di Milwaukee, monsignor Jerome Edward Listecki, il quale ha ammesso che «sono stati fatti errori nel caso Lawrence Murphy», che morì nel 1998 dopo essere stato accusato di abusi perpetrati tra il 1950 e il 1974.
Ma, aggiunge «gli errori non sono stati effettuati a Roma nel 1996, 1997 e 1998». «Gli errori – puntualizza – sono stati fatti qui, nella arcidiocesi di Milwaukee, nel 1970, il 1980 e il 1990, dalla Chiesa, da parte autorità civili, da funzionari della Chiesa, e dai vescovi».
E mentre il cardinale di Los Angeles Roger Mahony afferma che negli anni, «senza l’attiva e utile assistenza del cardinale Ratzinger e della Congregazione per la dottrina della fede», la sua diocesi «non sarebbe mai stata capace di andare avanti energicamente nel rimuovere dal ministero i sacerdoti risultati colpevoli di abusi sessuali su minori», la presidenza della Conferenza episcopale Usa si schiera a difesa dell’operato di Benedetto XVI dando atto, sulla base della propria «esperienza diretta», di come il Papa sia «profondamente preoccupato per quanti sono stati colpiti da abusi sessuali e come abbia rafforzato la risposta della Chiesa alle vittime e dato sostegno ai nostri sforzi di affrontare i colpevoli».
Anche il cardinale William J. Levada, successore di Ratzinger alla guida dell’ex Sant’Uffizio, interviene per difendere l’attuale Pontefice dagli attacchi del «New York Times».
Lo fa con un puntiglioso e appassionato intervento nel settimanale dell’arcidiocesi di San Francisco, da lui guidata prima di essere chiamato a Roma.
Accusando il quotidiano di mancare, nei suoi articoli contro il Papa , «di qualsiasi ragionevole standard di giustizia che gli americani hanno ogni diritto di trovare – e si aspettano di trovare – nei loro media principali». E l’arcivescovo di New York Timothy M. Dolan ribadisce che quanto scritto dal Nyt su Benedetto XVI riguardo agli abusi non è stato né «equo (fair)», né «accurato».

© Copyright Avvenire, 1° aprile 2010

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