martedì 4 maggio 2010
Card. Bagnasco: preoccupa la crescente indifferenza verso le istituzioni (Izzo)
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
BAGNASCO: PREOCCUPA LA CRESCENTE INDIFFERENZA VERSO LE ISTITUZIONI
(AGI) - Genova, 3 mag.
(di Salvatore Izzo)
"L'indifferenza verso le istituzioni e' una mancanza grave e crescente, e prelude alle piu' varie forme di frattura nel Paese (verticali ed orizzontali) che lo renderebbero incapace di affrontare le sfide che gli si prentano". Lo denuncia il presidente della Cei Angelo Bagnasco, in un discorso tenuto a Genova in apertura di uno degli incontri preparatori della prossima Settimana Sociale dei cattolici italiani, che si terra' in ottobre a Reggio Calabria.
"Il bene comune - scandisce il porporato - deve essere la stella polare per tutti, al fine di costruire un futuro veramente umano per tutti". E i cattolici intendono dare il loro contributo elaborando una "agenda di speranza" con "spirito di fedelta' e spirito di riforma cui grandemente giova una memoria storica critica, severa, accurata, aperta, scevra da denigrazioni e da mitizzazioni, da nostalgie revisioniste come da fanatismi infantili e massimamente pericolosi".
"La storia d'Italia dimostra come, a condizione di una elevata tensione morale, anche nei momenti piu' difficili, certo non meno di quelli attuali, sia possibile perseguire e conseguire accordi che per lunghi periodi consentono una convivenza civile di grande qualita'", tiene a rilevare il card. Bagnasco, citando come esempio, in particolare, "il patto costituzionale stipulato nel 1948, per il quale tanti cattolici, insieme a tanti uomini e donne di buona volonta' seppero spendere intelligenza ed anche versare il proprio sangue". "La grandezza di quel patto - spiega il presidente della Cei - non sta in una sua astratta perfezione, ma nell'averci consentito di andare avanti per una strada buona. Esso diede certezza e sostanza, sin dall'inizio, tanto all'orientamento quanto alla possibilita' della riforma e dell'aggiornamento" Nel suo intervento, Bagnasco ricorda che "alcuni dei piu' grandi italiani, alcuni di coloro che, in ogni senso, piu' si sono spesi per il paese ed il suo futuro hanno prodotto critiche severe ma costruttive. Questo non ne ha fatto in alcun modo dei revisionisti o dei nostalgici, ma alcuni tra i piu' affidabili ed afficaci leader culturali e politici della avventura nazionale unitaria".
"Il mio pensiero - ha aggiunto il cardinale di Genova - va al prete di Caltagirone, don Luigi Sturzo, ma sappiamo anche che tutte le piu' grandi tradizioni culturali e politiche del nostro paese possono vantare, a comune beneficio, la ricchezza di maestri le cui lezioni hanno trasmesso passione e responsabilita' emendate da ingiustificate mitizzazioni, schiettezza di critica esente da nostalgia e da revisionismo".
Questa tradizione di incontro e collaborazione tra cattolici e laici deve continuare, e a questo incita l'esempio delle messime istituzioni della Chiesa e dello Stato. "La scorsa settimana - ricorda il capo della Cei - con una sobrieta' esemplare ed eloquente, Benedetto XVI ed il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ci hanno testimoniato come la causa della concordia e del bene comune del Paese valga la dedizione personale della preghiera e dell'azione". "Come il Novecento ci ha duramente insegnato, tanto la banale dimenticanza della storia quanto l'oblio della memoria intenzionalmente prodotto e diffuso, o ancora la sua deformazione e la produzione di miti, sono precondizioni - avverte Bagnasco - della barbarie che, inevitabilmente, prende la forma della negazione della vita umana e della sua dignita'".
In proposito Bagnasco, che e' stato ordinario militare, confida: "da vescovo ho vissuto episodi drammatici, penso alla tragedia di Nassirija, e penso anche alle recenti calamita' naturali che hanno segnato alcuni regioni d'Italia". "Il nostro popolo, specialmente la gente semplice che tira la vita, sa sempre - sottolinea il porporato - quando e' in gioco la causa comune, il bene comune". Secondo Bagnasco, il 150esimo anniversario dell'Unita' d'Italia che si avvicina, "senza indulgere ad alcuna retorica, deve aiutare anche un nuovo incontro tra quelle che, con una espressione molto imprecisa, ma efficace, qualcuno ha chiamato cultura 'alta' e cultura 'diffusa'". In vista delle celebrazioni, dunque, c'e' "qualcosa di importante da far succedere nelle coscienze: far riemergere il senso positivo di un essere italiani".
"Servono - spiega il porporato - visioni grandi, non per fare della retorica, ma per nutrire gli spiriti e seminare nuovo, ragionevole ottimismo". Secondo Bagnasco, "il modo di ricordare questo prossimo anniversario deve alimentare la cultura dello stare insieme. In questo, le nostre comunita' cristiane sono chiamate a fare la loro parte". E, aggiunge il presidente della Cei, "l'Italia deve scoprire ancora una volta che puo' contare sempre sulla Chiesa, sulla sua missione, sul suo spirito di sacrificio e la sua volonta' di dono".
"Ma - osserva Bagnasco - un tale nuovo ottimismo non matura se non nel crogiolo del pensiero animato da domande impegnative: stiamo progressivamente perdendo la fiducia in noi stessi, stiamo assumendo stati d'animo e stili di vita che finiscono col destrutturare la societa' intera? Quella energia morale che avevamo dentro ed ha consentito ad una nazione, uscita dalla guerra in condizioni del tutto penose, di ritrovarsi in qualche decennio tra le prime al mondo, quella forza vitale che fine ha fatto? Perche' il vincolo che ci aveva legato nella stagione della ricostruzione post-bellica e del lancio del Paese stesso sulla scena internazionale, ed aveva retto nonostante profondi dislivelli sociali e serie fratture ideologiche, e' sembrato da un certo punto in avanti non unirci piu'?".
"Una matura coscienza storica, e la pazienza del pensiero, sono indispensabili - conclude il cardinale di Genova - per affrontare questi interrogativi. Non sono sufficienti, certo, ma sono necessari per mantenere allo stesso tempo un orientamento certo ed una vivace disponibilita' alla riforma, al rinnovamento, all'aggiornamento. Ancora una volta siamo di fronte all'arduo imperativo etico e spirituale di comporre fedelta' e riforma, che nella storia sempre vivono solo insieme".
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