lunedì 24 maggio 2010

Le prossime nomine e l'internazionalizzazione della curia romana (Rodari)


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Paolo Rodari

mag 24, 2010 IL FOGLIO

Oggi l’attenzione di tutti fuori ma soprattutto dentro la chiesa è per la successione dell’attuale capo dei vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re. I giochi sembrano fatti. A spuntarla dovrebbe essere l’arcivescovo di Sydney, il cardinale George Pell. E’ lui l’uomo giusto? Sarà Pell più di altri capace di assecondare le aspettative di Benedetto XVI? I pareri sono diversi. Sul National Catholic Reporter è stato John Allen a battezzare l’eventuale nomina come una mossa storica, per quattro motivi. Pell è un cattolico conservatore dotato di una grande spinta missionaria. Non appartiene alla diplomazia vaticana e, dunque non vive di eccessivo pragmatismo (una caratteristica da molti ritenuta troppo forte in Re). Essendo australiano conosce bene i problemi della chiesa anglosassone e potrebbe essere più preparato di altri nelle vicende di pedofilia nel clero. Infine il suo arrivo a Roma sarebbe un segnale per il mondo dell’informazione: è abituato al confronto con i giornalisti, con le loro domande e attese.
Certo, non tutti la pensano come Allen. Non sono pochi coloro che sono preoccupati del fatto che Pell, venendo dal mondo diocesano, sia destinato a non reggere le pressioni della curia romana. Sono tanti i meccanismi di fronte ai quali ci vuole esperienza: i rapporti con i capi dicastero, con i nunzi nel mondo, gli equilibri e la burocrazia interna. Poi, sullo sfondo, restano quelle accuse che, in queste ore, ha mosso contro Pell un’associazione di vittime irlandesi di pedofilia nel clero. Lo accusano di aver gestito in modo “inadeguato” alcuni casi di abusi in Australia, e di non essere perciò idoneo a ricoprire un incarico di primo piano.
Comunque sia un dato resta. Se arriva Pell la curia romana sarà ulteriormente internazionalizzata. E il peso degli italiani, rispetto a gestioni precedenti, verrà ridotto al lumicino. Il numero uno e numero due dei vescovi diventano un australiano e un portoghese. Mentre nei posti di comando delle altre otto congregazioni (prefetto e segretario) ci sono due spagnoli, un americano, uno sloveno, un brasiliano, un polacco, un francese, un argentino, uno slovacco, un indiano e un africano. Gli italiani restano soltanto tre, due dei quali in una Congregazione non prettamente di governo: quella per le Cause dei santi.
La nomina dovrebbe avvenire non oltre il 29 giugno, la data che convenzionalmente chiude l’anno sociale in Vaticano. Assieme all’addio di Re ci sarà anche quello di Walter Kasper, presidente dell’ecumenismo. La logica con cui si sceglie chi guida questo dicastero è una: deve essere un presule abituato a lavorare con le altre chiese cristiane. Così fu per chi venne prima di Kasper, l’olandese Johannes Gerardus Maria Willebrands e l’australiano Edward Idris Cassidy. Così sarà per chi arriverà dopo di lui: si parla dello svizzero monsignor Kurt Koch.

Pubblicato sul Foglio sabato 22 maggio 2010

© Copyright Il Foglio, 22 maggio 2010 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

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