martedì 30 marzo 2010

LE MEDITAZIONI DEL CARD. RUINI PER LA VIA CRUCIS AL COLOSSEO (2 APRILE 2010)


Le meditazioni scritte dal cardinale Camillo Ruini per la Via Crucis che sarà presieduta da Benedetto XVI al Colosseo la sera di Venerdì Santo

Non chiudiamo gli occhi di fronte alla sofferenza

Le meditazioni sulle quattordici stazioni della Via Crucis saranno introdotte dalla seguente meditazione e dalla successiva preghiera che sarà recitata da Benedetto XVI.

Quando l'Apostolo Filippo gli chiese: "Signore, mostraci il Padre", Gesù rispose: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto...? Chi ha visto me, ha visto il Padre" (Giovanni, 14, 8-9). Questa sera, mentre accompagniamo nel nostro cuore Gesù che cammina sotto la croce, non dimentichiamoci di queste sue parole. Anche quando porta la croce, anche quando muore sulla croce, Gesù è il Figlio che è una cosa sola con Dio Padre. Guardando il suo volto distrutto dalle percosse, dalla fatica, dalla sofferenza interiore, noi vediamo il volto del Padre. Anzi, proprio in questo momento la gloria di Dio, la sua luce troppo forte per ogni occhio umano, si fa maggiormente visibile sul volto di Gesù. Qui, in questo povero essere che Pilato ha mostrato ai Giudei, nella speranza di indurli a pietà, con le parole "Ecco l'uomo!" (Giovanni, 19, 5), si manifesta la vera grandezza di Dio, quella grandezza misteriosa che nessun uomo poteva immaginare.
Ma in Gesù crocifisso si rivela anche un'altra grandezza, la nostra grandezza, la grandezza che appartiene a ogni uomo per il fatto stesso di avere un volto e un cuore umano.
Scrive Sant'Antonio di Padova: "Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio (...) Se guarderai lui, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità (...) e il tuo valore (...) In nessun altro luogo l'uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce" (Sermones Dominicales et Festivi, iii, pp. 213-214). Sì, Gesù, il Figlio di Dio, è morto per te, per me, per ciascuno di noi, e così ci ha dato la prova concreta di quanto grandi e preziosi noi siamo agli occhi di Dio, gli unici occhi che superano tutte le apparenze e vedono fino in fondo la realtà delle cose.
Partecipando alla Via Crucis, chiediamo a Dio di dare anche a noi questo suo sguardo di verità e di amore, per diventare, uniti a lui, liberi e buoni.

Preghiera

Signore, Dio Padre onnipotente, tu sai tutto, tu vedi l'enorme bisogno di te che si nasconde nel nostro cuore. Dona a ciascuno di noi l'umiltà di riconoscere questo bisogno.
Libera la nostra intelligenza dalla pretesa, sbagliata e un poco ridicola, di poter dominare il mistero che ci circonda da ogni parte.
Libera la nostra volontà dalla presunzione, altrettanto ingenua e infondata, di poter costruire da soli la nostra felicità e il senso della nostra vita.
Rendi penetrante e sincero il nostro occhio interiore, in modo da riconoscere, senza ipocrisie, il male che è dentro di noi. Ma donaci anche, nella luce della croce e della risurrezione del tuo unico Figlio, la certezza che, uniti a lui e sostenuti da lui, potremo anche noi vincere il male con il bene. Signore Gesù, aiutaci a camminare con questo animo dietro alla tua croce.

Prima Stazione

Gesù è condannato a morte

Meditazione

Perché Gesù è stato condannato a morte, lui, che "passò facendo del bene" (Atti degli Apostoli, 10, 38)? Questa domanda ci accompagnerà lungo la Via Crucis come ci accompagna per tutta la vita.
Nei Vangeli troviamo una risposta vera: i capi dei Giudei hanno voluto la sua morte perché hanno compreso che Gesù si riteneva il Figlio di Dio. E troviamo anche una risposta che i Giudei hanno usato come pretesto, per ottenere da Pilato la sua condanna: Gesù avrebbe preteso di essere un re di questo mondo, il re dei Giudei.
Ma dietro a queste risposte si spalanca un abisso, sul quale gli stessi Vangeli e tutta la Sacra Scrittura ci fanno aprire lo sguardo: Gesù è morto per i nostri peccati. E ancora più profondamente, è morto per noi, è morto perché Dio ci ama e ci ama al punto di dare il suo Figlio unigenito, affinché noi abbiamo la vita per mezzo di lui (cfr. Giovanni, 3, 16-17).
È a noi stessi, dunque, che dobbiamo guardare: al male e al peccato che abitano dentro di noi e che troppo spesso fingiamo di ignorare. Ma ancora di più dobbiamo volgere lo sguardo al Dio ricco di misericordia che ci ha chiamato amici (cfr. Giovanni, 15, 15). Così il cammino della Via Crucis e tutto il cammino della vita diventa un itinerario di penitenza, di dolore e di conversione, ma anche di gratitudine, di fede e di gioia.

Seconda Stazione

Gesù è caricato della Croce

Meditazione

Dopo la condanna viene l'umiliazione. Quello che i soldati fanno a Gesù ci sembra disumano. Anzi, è senz'altro disumano: sono atti di scherno e di disprezzo nei quali si esprime una oscura ferocia, incurante della sofferenza, anche fisica, che viene inflitta senza motivo a una persona già condannata al supplizio tremendo della croce. Tuttavia questo comportamento dei soldati è anche, malauguratamente, fin troppo umano. Mille pagine della storia dell'umanità e della cronaca quotidiana confermano che azioni di questo genere non sono affatto estranee all'uomo. L'Apostolo Paolo ha messo bene in luce questo paradosso: "Io so (...) che in me, (...) nella mia carne, non abita il bene: ... infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Romani, 7, 18-19).
È proprio così: nella nostra coscienza è accesa la luce del bene, una luce che in molti casi diventa evidente e dalla quale, fortunatamente, ci lasciamo guidare nelle nostre scelte. Ma spesso accade il contrario: quella luce viene oscurata dai risentimenti, da desideri inconfessabili, dalla perversione del cuore. E allora diventiamo crudeli, capaci delle cose peggiori, perfino di cose incredibili.
Signore Gesù, ci sono anch'io tra quelli che ti hanno deriso e percosso. Tu hai detto infatti: "tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Matteo, 25, 40). Signore Gesù, perdonami.

Terza Stazione

Gesù cade la prima volta sotto la Croce

Meditazione

I Vangeli non ci parlano delle cadute di Gesù sotto la croce, ma questa antica tradizione è profondamente verosimile. Ricordiamo soltanto che, prima di essere caricato della croce, Gesù era stato fatto flagellare da Pilato. Dopo tutto quello che gli era accaduto a partire dalla notte nell'orto degli ulivi, le sue forze dovevano essere praticamente esaurite.
Prima di soffermarci sugli aspetti più profondi e interiori della passione di Gesù, prendiamo atto semplicemente del dolore fisico che egli ha dovuto sopportare. Un dolore enorme e tremendo, fino all'ultimo respiro sulla croce, un dolore che non può non fare paura.
La sofferenza fisica è la più facile da sconfiggere, o almeno da attenuare, con le nostre attuali tecniche e metodologie, con le anestesie e le altre terapie del dolore. Anche se per molte cause, naturali o dipendenti da comportamenti umani, una gigantesca massa di sofferenze fisiche rimane presente nel mondo.
In ogni caso, Gesù non ha rifiutato il dolore fisico e così si è fatto solidale con tutta la famiglia umana, specialmente con quella grande parte di essa la cui vita, anche oggi, è segnata da questa forma di dolore. Mentre lo vediamo cadere sotto la croce, gli chiediamo umilmente il coraggio di allargare, con una solidarietà fatta non solo di parole, gli spazi troppo ristretti del nostro cuore.

Quarta Stazione

Gesù incontra sua Madre

Meditazione

Nei Vangeli non si parla direttamente di un incontro di Gesù con sua Madre lungo il cammino della croce, ma della presenza di Maria sotto la croce. E qui Gesù si rivolge a lei e al discepolo prediletto, l'evangelista Giovanni. Le sue parole hanno un senso immediato: affidare Maria a Giovanni, perché si prenda cura di lei. E un senso molto più ampio e profondo: sotto la croce Maria è chiamata a dire un secondo "sì", dopo il sì dell'Annunciazione, con il quale è diventata Madre di Gesù, aprendo così la porta alla nostra salvezza.
Con questo secondo sì Maria diventa madre di tutti noi, di ogni uomo e di ogni donna per i quali Gesù ha versato il suo sangue. Una maternità che è segno vivente dell'amore e della misericordia di Dio per noi. Per questo sono tanto profondi e tenaci i vincoli di affetto e di fiducia che uniscono a Maria il popolo cristiano; per questo ricorriamo spontaneamente a lei, soprattutto nelle circostanze più difficili della vita.
Maria, però, ha pagato a caro prezzo questa sua universale maternità. Come ha profetizzato su di lei Simeone nel tempio di Gerusalemme, "a te una spada trafiggerà l'anima" (Luca, 2, 35).
Maria, Madre di Gesù e madre nostra, aiutaci a sperimentare nelle nostre anime, questa sera e sempre, quella sofferenza piena di amore che ti ha unito alla croce del tuo Figlio.

Quinta Stazione

Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la Croce

Meditazione

Gesù doveva essere veramente sfinito e così i soldati rimediano prendendo il primo malcapitato che incontrano e caricandolo della croce. Anche nella vita di ogni giorno la croce, sotto tante diverse forme - da una malattia a un grave incidente alla perdita di una persona cara o del lavoro - si abbatte, spesso improvvisa, su di noi. E noi vediamo in essa soltanto una sfortuna, o nei casi peggiori una disgrazia.
Gesù però ha detto ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Matteo, 16, 24). Non sono parole facili; anzi, nella vita concreta sono le parole più difficili del Vangelo. Tutto il nostro essere, tutto ciò che vi è dentro di noi, si ribella contro simili parole.
Gesù tuttavia continua dicendo: "chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (Matteo, 16, 25). Fermiamoci su questo "per causa mia": qui c'è tutta la pretesa di Gesù, la coscienza che egli aveva di se stesso e la richiesta che rivolge a noi. Lui sta al centro di tutto, lui è il Figlio di Dio che è una cosa sola con Dio Padre (cfr. Giovanni, 10, 30), lui è il nostro unico Salvatore (cfr. Atti degli Apostoli, 4, 12).
Effettivamente, quella che all'inizio sembrava solo una sfortuna o una disgrazia si rivela poi, non di rado, una porta che si è aperta nella nostra vita e ci ha portato un bene più grande. Ma non sempre è così: tante volte, in questo mondo, le disgrazie rimangono soltanto perdite dolorose. Qui di nuovo Gesù ha qualcosa da dirci. O meglio, a lui è accaduto qualcosa: dopo la croce, egli è risorto dai morti, ed è risorto come primogenito di molti fratelli (cfr. Romani, 8, 29; 1 Corinzi, 15, 20). Sì, la sua croce non può essere separata dalla sua risurrezione. Solo credendo nella risurrezione possiamo percorrere in maniera sensata il cammino della croce.

Sesta Stazione

La Veronica asciuga il volto di Gesù

Meditazione

Quando la Veronica ha asciugato il volto di Gesù con una pezzuola, quel volto non doveva certo essere attraente: era un volto sfigurato. Però, quel volto non poteva lasciare indifferenti, quel volto turbava. Poteva provocare scherno e disprezzo, ma anche compassione e perfino amore, desiderio di venire in aiuto. La Veronica è il simbolo di questi sentimenti.
Per quanto sfigurato, il volto di Gesù è pur sempre il volto del Figlio di Dio. È un volto sfigurato da noi, dal cumulo enorme della malvagità umana. Ma è anche un volto sfigurato per noi, che esprime l'amore e la donazione di Gesù e che è specchio della misericordia infinita di Dio Padre.
Nel volto sofferente di Gesù vediamo, inoltre, un altro cumulo gigantesco, quello delle sofferenze umane. E così il gesto di pietà della Veronica diventa per noi una provocazione, una sollecitazione urgente: diventa la richiesta, dolce ma imperiosa, di non voltarci dall'altra parte, di guardare anche noi coloro che soffrono, vicini e lontani. E non solo di guardare, ma di aiutare. La Via Crucis di questa sera non sarà passata invano se ci porterà a gesti concreti di amore e di solidarietà operosa.

Settima Stazione

Gesù cade per la seconda volta

Meditazione

Gesù cade di nuovo sotto la croce. Certo era sfinito fisicamente, ma era anche ferito a morte nel suo cuore. Pesava su di lui il rifiuto di coloro che, fin dall'inizio, si erano opposti ostinatamente alla sua missione. Pesava il rifiuto che, alla fine, gli aveva opposto quel popolo che era sembrato pieno di ammirazione e anche di entusiasmo per lui. Perciò, guardando la città santa che tanto amava, Gesù aveva esclamato: "Gerusalemme, Gerusalemme, (...) quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!" (Matteo, 23, 37). Pesava terribilmente il tradimento di Giuda, l'abbandono dei discepoli nel momento della prova suprema, pesava in particolare il triplice rinnegamento di Pietro.
Sappiamo bene che pesava su di lui anche la massa innumerevole dei nostri peccati, delle colpe che accompagnano attraverso i millenni l'intera vicenda umana.
Perciò chiediamo a Dio, con umiltà ma anche con fiducia: Padre ricco di misericordia, aiutaci a non rendere ancora più pesante la croce di Gesù. Infatti, come ha scritto Giovanni Paolo II del quale questa sera ricorre il quinto anniversario della morte: "il limite imposto al male, di cui l'uomo è artefice e vittima, è in definitiva la Divina Misericordia" (Memoria e identità, p. 70).

Ottava Stazione

Gesù incontra le donne di Gerusalemme che piangono su di lui

Meditazione

Gesù, dunque, è lui ad avere compassione delle donne di Gerusalemme, e di tutti noi. Anche mentre porta la croce, Gesù rimane l'uomo che ha compassione delle folle (Marco, 8, 2), che scoppia in pianto davanti alla tomba di Lazzaro (cfr. Giovanni, 11, 35), che proclama beati coloro che piangono, perché saranno consolati (cfr. Matteo, 5, 4).
Proprio così Gesù si mostra l'unico che conosce davvero il cuore di Dio Padre e che può farlo conoscere anche a noi: "nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo" (Matteo, 11, 27).
Fin dai tempi più remoti l'umanità si è domandata, spesso con angoscia, quale sia veramente l'atteggiamento di Dio verso di noi: un atteggiamento di sollecitudine provvidenziale, o invece di sovrana indifferenza, o perfino di sdegno e di odio? A una domanda di questo genere non possiamo dare una risposta certa con le sole risorse della nostra intelligenza, della nostra esperienza e nemmeno del nostro cuore.
Per questo Gesù - la sua vita e la sua parola, la sua croce e la sua risurrezione - è la realtà di gran lunga più importante di tutta la vicenda umana, la luce che brilla sul nostro destino.

Nona Stazione

Gesù cade per la terza volta

Meditazione

Ecco il motivo più profondo delle ripetute cadute di Gesù: non solo le sofferenze fisiche, non solo i tradimenti umani, ma la volontà del Padre. Quella volontà misteriosa e umanamente incomprensibile, ma infinitamente buona e generosa, per la quale Gesù si è fatto "peccato per noi", su di lui sono trasferite tutte le colpe dell'umanità e si compie quel misterioso scambio che rende noi peccatori "giustizia di Dio".
Mentre cerchiamo di immedesimarci in Gesù che cammina e cade sotto la croce, è ben giusto che proviamo in noi sentimenti di pentimento e di dolore. Ma ancora più forte deve essere la gratitudine che invade la nostra anima.
Sì, o Signore, tu ci hai riscattato, tu ci hai liberato, con la tua croce ci hai resi giusti davanti a Dio. Anzi, ci hai unito così intimamente a te da fare anche di noi, in te, i figli di Dio, i suoi familiari e amici. Grazie, Signore, fa' che la gratitudine verso di te sia la nota dominante della nostra vita.

Decima Stazione

Gesù è spogliato delle sue vesti

Meditazione

Gesù è spogliato delle sue vesti: siamo all'atto finale di quel dramma, iniziato con l'arresto nell'orto degli ulivi, attraverso il quale Gesù è spogliato della sua dignità di uomo, prima ancora che di Figlio di Dio.
Gesù, dunque, è offerto nudo allo sguardo della gente di Gerusalemme e allo sguardo dell'intera umanità. In un senso profondo, è giusto che sia così: egli infatti si è spogliato completamente di se stesso, per sacrificarsi per noi. Perciò il gesto di spogliarlo delle vesti è anche l'adempimento di una parola della Sacra Scrittura.
Guardando Gesù nudo sulla croce avvertiamo dentro di noi una necessità impellente: guardare senza veli dentro a noi stessi; denudarci spiritualmente davanti a noi, ma ancor prima davanti a Dio, e anche davanti ai nostri fratelli in umanità. Spogliarci della pretesa di apparire migliori di quello che siamo, per cercare invece di essere sinceri e trasparenti.
Il comportamento che, forse più di ogni altro, provocava lo sdegno di Gesù era infatti l'ipocrisia. Quante volte egli ha detto ai suoi discepoli: non fate "come fanno gli ipocriti" (Matteo, 6, 2.5.16), o a coloro che contestavano le sue buone azioni: "guai a voi ipocriti" (Matteo, 23, 13.15.23.25.27.29).
Signore Gesù nudo sulla croce, aiutami ad essere anch'io nudo davanti a te.

Undicesima Stazione

Gesù è inchiodato sulla Croce

Meditazione

Gesù è inchiodato sulla croce. Una tortura tremenda. E mentre è appeso alla croce sono in molti a deriderlo e anche a provocarlo: "Ha salvato altri e non può salvare se stesso! (...) Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: "Sono Figlio di Dio"!" (Matteo, 27, 42-43). Così è derisa non solo la sua persona ma anche la sua missione di salvezza, quella missione che Gesù proprio sulla croce stava portando a compimento.
Ma, nel suo intimo, Gesù conosce una sofferenza incomparabilmente maggiore, che lo fa prorompere in un grido: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Marco, 15, 34). Si tratta certo delle parole di inizio di un Salmo, che si conclude con la riaffermazione della piena fiducia in Dio. E tuttavia sono parole da prendersi totalmente sul serio, che esprimono la prova più grande a cui è stato sottoposto Gesù.
Quante volte, di fronte a una prova, pensiamo di essere stati dimenticati o abbandonati da Dio. O perfino siamo tentati di concludere che Dio non c'è.
Il Figlio di Dio, che ha bevuto fino in fondo il suo amaro calice e poi è risorto dai morti, ci dice invece, con tutto se stesso, con la sua vita e la sua morte, che dobbiamo fidarci di Dio. A lui possiamo credere.

Dodicesima Stazione

Gesù muore sulla Croce

Meditazione

Quando la morte giunge dopo una dolorosa malattia, si usa dire con sollievo: "Ha finito di soffrire". In certo senso, queste parole valgono anche per Gesù. Sono però parole troppo limitate e superficiali, di fronte alla morte di qualsiasi uomo e ben di più di fronte alla morte di quell'uomo che è il Figlio di Dio.
Infatti, quando Gesù muore, il velo del tempio di Gerusalemme si squarcia in due e accadono altri segni, che fanno esclamare al centurione romano che stava di guardia alla croce: "Davvero costui era Figlio di Dio!" (cfr. Matteo, 27, 51-54).
In realtà, nulla è così oscuro e misterioso come la morte del Figlio di Dio, che insieme a Dio Padre è la sorgente e la pienezza della vita. Ma nulla è anche così luminoso, perché qui risplende la gloria di Dio, la gloria dell'Amore onnipotente e misericordioso.
Di fronte alla morte di Gesù la nostra risposta è il silenzio dell'adorazione. Così ci affidiamo a lui, ci mettiamo nelle sue mani, chiedendogli che niente, nella nostra vita come nella nostra morte, ci possa mai separare da lui (cfr. Romani, 8, 38-39).

Tredicesima Stazione

Gesù è deposto dalla Croce e consegnato alla Madre

Meditazione

Adesso l'ora di Gesù si è compiuta e Gesù è deposto dalla croce. Puntuali, ad accoglierlo, vi sono le braccia di sua Madre. Dopo aver assaporato fino in fondo la solitudine della morte, subito Gesù ritrova - nel suo corpo esanime - il più forte e il più dolce dei suoi legami umani, il calore dell'affetto di sua Madre. I più grandi artisti, pensiamo alla Pietà di Michelangelo, hanno saputo intuire ed esprimere la profondità e la tenacia indistruttibile di questo legame.
Ricordando che Maria, ai piedi della croce, è diventata madre anche di ciascuno di noi, le chiediamo di mettere nel nostro cuore i sentimenti che la uniscono a Gesù. Per essere veramente cristiani, infatti, per poter seguire davvero Gesù, bisogna essere legati a lui con tutto quello che c'è dentro di noi: la mente, la volontà, il cuore, le nostre piccole e grandi scelte quotidiane.
Soltanto così Dio potrà stare al centro della nostra vita, non ridursi a una consolazione che dovrebbe essere sempre disponibile, senza interferire però con gli interessi concreti in base ai quali operiamo.

Quattordicesima Stazione

Gesù è deposto nel sepolcro

Meditazione

Con la pietra che chiude l'ingresso del sepolcro tutto sembra davvero terminato. Poteva però rimanere prigioniero della morte l'Autore della vita? Perciò il sepolcro di Gesù, da allora fino ad oggi, non è solo diventato l'oggetto della più commossa devozione, ma ha anche provocato la più profonda divisione delle intelligenze e dei cuori: qui si dividono le strade tra i credenti in Cristo e coloro che invece in lui non credono, anche se spesso lo ritengono un uomo meraviglioso.
Quel sepolcro, infatti, ben presto è rimasto vuoto e mai si è potuto trovare una spiegazione convincente del perché sia rimasto vuoto, se non quella che hanno dato, da Maria di Magdala a Pietro agli altri Apostoli, i testimoni di Gesù risorto dai morti.
Davanti al sepolcro di Gesù sostiamo in preghiera, chiedendo a Dio quegli occhi della fede che ci consentano di unirci ai testimoni della sua risurrezione. Così il cammino della croce diventa anche per noi sorgente di vita.

(©L'Osservatore Romano - 31 marzo 2010)

1 commento:

don Alessandro ha detto...

Uniamoci tutti alla Passione e Morte del SIGNORE per cantare insieme a PASQUA il grande inno della RESURREZIONE, L'EXULTET. Auguri a tutti, in particolar modo al Santo Padre, di una Santa PASQUA