lunedì 21 dicembre 2009

Il filo rosso di Papa Ratzinger (Casavola)


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Il filo rosso di Ratzinger

Francesco Paolo Casavola

La notizia che Benedetto XVI ha firmato il decreto sulla eroicità delle virtù di Giovanni Paolo II, la cui beatificazione diventa così imminente, e la contemporaneità con quella di Pio XII prevedibile, non mancherà di attrarre commenti sia di osservatori esterni alla Chiesa cattolica, sia di credenti attenti alle vicende storiche della fede cristiana. Può darsi che da taluni, tra i primi, si tenti di intravedere un qualche nesso tra le due figure di beati, che l’attuale pontefice voglia suggerire compensando le loro diversità.
Si può obiettare che nella sterminata teoria dei santi, tanto più se pontefici, è difficile registrare profili omogenei. Del resto i contesti storici delle due vite danno ragione delle decisioni, delle parole, dei gesti dell’uno e dell’altro. A Pio XII si è contestato di non avere denunciato e contrastato la persecuzione e lo sterminio degli ebrei nella Germania nazista. Ma questa è una pagina che attende un esame storiografico dotato di documenti tuttora non pubblici, la cui conoscenza l’attuale pontefice deve aver considerato come non escludente il giudizio di santità. A noi restano le testimonianze dei suoi radiomessaggi natalizi negli anni del secondo conflitto mondiale di strenua condanna della guerra, le analisi delle cause del conflitto di classe, la critica degli ordinamenti giuridici positivi disancorati dalla universalità della legge naturale, il richiamo agli Stati al rispetto della persona umana e dei suoi diritti, vera e propria anticipazione di una Magna charta del costituzionalismo contemporaneo. La nomina, da parte del presidente Roosevelt, di Myron Taylor quale ambasciatore straordinario degli Stati Uniti presso la Santa Sede, nel Natale del 1939, sanzionava il riconoscimento del compito che quel Papa si stava dando per la pace contro la guerra, in nome di quegli ideali cristiani, sempre più inconciliabili con i processi storici mondiali di quei tempi afflitti dai totalitarismi fascista, nazista, bolscevico. Né potranno essere dimenticati gli innumerevoli interventi di tutela di popolazioni e di persone singole non solo rispetto alla guerra guerreggiata e alle sue conseguenze di lutti e di miserie, ma anche rispetto alle discriminazioni politiche e razziali. Certo, questo è lo scenario visibile oltre il quale si è mossa nella sua intimità e privatezza una vita eroicamente virtuosa. Quanto a Giovanni Paolo II, tutte le generazioni viventi, le più giovani più ancora che quelle anziane, hanno sperimentato il calore e l’impeto della sua trascinante missione di pastore universale. Il Papa polacco, dolorosamente forgiato in una società di frontiera tra ateismo comunista e religiosità slava, non era riconducibile alla tipologia pacelliana dell’aristocratico e diplomatico italiano. E tuttavia un filo continuo li apparenta nella lettura dei mutamenti dei tempi soltanto umani, soltanto storici. Il nuovo ordine internazionale e sociale voluto tenacemente oltre l’orizzonte della guerra dall’italiano, l’analisi rigorosa e realistica della fine del duello tra Est e Ovest del mondo proposta con assoluta indipendenza intellettuale e spirituale dal polacco, sono due consegne, in sequenza coerenti, per la cristianità loro affidate e per quelle loro succedute. Il Papa tedesco, che oggi guida la Chiesa cattolica, sembra voler interpretare fedelmente per noi posteri il messaggio di quelle sante vite.

© Copyright Il Mattino, 20 dicembre 2009

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