mercoledì 31 marzo 2010

Conciliaboli sul celibato dei preti. Se ne dibatte da decenni, ma al Vaticano II non era in agenda (Rodari)


Vedi anche:

L'arcivescovo di New York: campagna "ben oleata" contro Benedetto XVI

Card. Levada al New York Times: riconsiderare gli attacchi contro il Papa. E' un uomo su cui il mondo può e dovrebbe contare (Traduzione di Zenit)

Il New York Times ha gravemente compromesso la sua copertura del Papa e dello scandalo degli abusi sui minori (Damian Thompson)

Piergiordano Cabra: Non mi vergogno di essere prete (Osservatore Romano)

L'appassionata difesa del Papa da parte del suo successore alla CDF, card. Levada

I vescovi degli Stati Uniti al fianco di Benedetto XVI. E il cardinale Cañizares ringrazia il Papa (Osservatore Romano)

Il criminologo tedesco Kroeber: i Vescovi del Vaticano sono stati il gruppo più saggio e più attento con cui io abbia mai trattato il tema degli abusi

L'arcivescovo di Milwaukee, Listecki: errori compiuti qui e non a Roma. L'ombra inquietante di mons. Rembert Weakland (Izzo)

Una mia richiesta personale: in caso di comprovata responsabilità, la Santa Sede commini al vescovo Weakland la più grave delle sanzioni canoniche

La verità sul caso di pedofilia di Milwaukee. Il documento che che fa giustizia delle calunnie rivolte al Santo Padre dal New York Times

Intervista a padre Brundage: accuse al New York Times, ricostruzione del caso Murphy imprecisa, sciatta e basata su menzogne (Radio Vaticana)

Giudice diocesano di Milwaukee: Ratzinger totalmente estraneo (Avvenire)

Gli studenti dell'Opus Dei denunciano il comportamento dei media (Le Monde)

Come mai Zavattaro (Tg1 delle 17) non ha citato l'insabbiamento da parte della curia di una inchiesta del card. Ratzinger?

Card. Mahony: se non fosse stato per l'azione del card. Ratzinger alla CDF molti preti pedofili sarebbero ancora considerati sacerdoti cattolici

Lettera del vescovo di San Marino: menzogna e violenza diabolica. Solidarietà al Papa dai ragazzi dell'Opus Dei (Izzo)

Mons. Listecki: "Siamo stati noi, autorità civili e religiose del Milwaukee, a sbagliare tra gli anni 70, 80 e 90. Non il Vaticano tra il 96 e il 98"

Ansa, Corriere, Repubblica, Stampa! Vogliamo mettere online i nuovi sviluppi che fanno pulizia delle false accuse rivolte al Papa?

Le false accuse contro il Papa: il bellissimo servizio di Stefano Maria Paci

Il TG1 riprende le dichiarazioni dell'arcivescovo di Vienna sugli "insabbiamenti" dell'inchiesta del card. Ratzinger contro Groer

Accuse al New York Times: ricostruzione del caso Murphy imprecisa, sciatta e basata su menzogne (Radio Vaticana). Perfetto! :-)

Pedofilia, il vescovo di Milwaukee: "Errori commessi qui, non a Roma" (Il Giornale)

30mila fedeli accolgono il Papa in piazza San Pietro. Benedetto XVI incoraggia i sacerdoti: vivere intensamente questa Pasqua. Poi saluta gli universitari dell'Opus Dei(Izzo)

Ora è necessario ed urgente abbattere il muro di gomma e di omertà dei mass media. Può farlo solo il Vaticano!

Stati Uniti, migliaia di persone entreranno nella Chiesa Cattolica a Pasqua (Zenit)

Il ringraziamento (mio personale e del blog) al nostro Alberto :-)

Pedofilia, il giudice Thomas Brundage: "Joseph Ratzinger ha combattuto più di ogni altro Papa o vescovo" (Apcom)

Il giudice Thomas Brundage: il processo canonico contro Murphy non fu mai sospeso. Egli morì prima della conclusione. Weakland ha mentito (Asca)

L'arcivescovo di Milwaukee ammette ufficialmente: sul caso Murphy furono commessi errori solo dalla diocesi, NON DAL VATICANO!

ATTACCO AL PAPA/ John Allen: così il New York Times ha stravolto fatti e documenti (Sussidiario)

Abusi, il malcelato intento: spingere il Cristianesimo fuori dall'Occidente (Bruno Cescon)

No ai tentativi di separare la "De delictis gravioribus" dal motu proprio di Wojtyla. Il segreto pontificio non è un'invenzione di Ratzinger ma fu imposto da Paolo VI e confermato da Giovanni Paolo II

Istituire immediatamente una lega antidiffamazione cattolica su scala mondiale con ampi poteri legali

La NBC si scusa per un articolo oltraggioso e diffamatorio sul Papa denunciato dalla Catholic League

Il giudice Thomas T. Brundage: del Papa non si può dubitare. Ha compiuto passi mai fatti prima (Izzo)

Il giudice della diocesi di Milwaukee: il vescovo Rembert Weakland mentì a Bertone sul caso di padre Lawrence Murphy (Izzo)

Thomas T. Brundage: "Illogiche le accuse a Ratzinger. Invece di incolparlo occorrerebbe riconoscere che egli è il leader della lotta alla pedofilia"

Il Papa: "Cari Fratelli e Sorelle, disponiamoci a vivere intensamente questo Triduo Santo ormai imminente, per essere sempre più profondamente inseriti nel Mistero di Cristo, morto e risorto per noi" (Catechesi)

Il giudice di Milwaukee: Benedetto XVI è stato il più reattivo ed attivo di qualsiasi altro ecclesiastico nella lotta alla pedofilia (Agi)

Dal 2001 nuove norme antiabusi. L'esaltazione di Marco Politi del motu proprio di Wojtyla e della lettera di Ratzinger e Bertone

La ricerca negli archivi di "Repubblica" conferma le dichiarazioni del card. Schoenborn: l'inchiesta vaticana su Groer fu iniziata e subito bloccata

Ma i media si rendono conto di quanto sono ridicoli? Leggiamo questa agenzia fresca fresca che non accusa ma, involontariamente, scagiona il Papa!

La nuova accusa a Joseph Ratzinger è destituita di ogni fondamento (i media riportino la notizia di Groer sapientemente occultata!)

Il Papa e il New York Times. Dunque il diavolo vuole chiudere i conti con l’ingombrante anacronismo cattolico (Tempi)

Un primo punto fermo: i media online insabbiano ed occultano le notizie non gradite, soprattutto se favorevoli al Papa

La nuova teologia e un’ipotesi sulla pedofilia (Roberto de Mattei)

Il Papa, il giudice, il prete pedofilo e il New York Times (Damian Thompson)

Card. Ruini: sugli abusi il Papa ha dato la giusta interpretazione. Gli attacchi vorrebbero sradicare la fiducia nella Chiesa (Izzo)

Ecco la pagina del NYT comprata dalla CATHOLIC LEAGUE for Religious and Civil Rights

L'intervista al card. Schönborn (video e trascrizione)

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Il card. Schoenborn conferma sull'Osservatore Romano: Ratzinger fu fermato sul caso del cardinale Groer (Izzo)

Schönborn conferma: l'allora cardinale Ratzinger aveva chiesto di aprire un'inchiesta sul caso del cardinale Hans Hermann Groer (Osservatore Romano)

LE MEDITAZIONI DEL CARD. RUINI PER LA VIA CRUCIS AL COLOSSEO (2 APRILE 2010)

Abusi, affettuosa solidarietà dei vescovi al Papa. Sgomento e rimorso per gli errori di alcuni. La cei assicura collaborazione con i magistrati (Izzo)

Se in Vaticano parte l’operazione verità: dal "microcosmo" Maciel alla Chiesa Universale. La bella metafora del Papa-chirurgo (Accattoli)

Ora abbiamo la prova che le inchieste del card. Ratzinger sui pedofili furono fermate in almeno tre occasioni: Maciel, Burresi e Groer. Perchè?

Una risposta al New York Times: Fr. Raymond J. de Souza risponde e ribatte alle accuse infondate del quotidiano

La via crucis di Benedetto (Giuseppe Baiocchi)

Perchè questi attacchi? Abusi avvenuti sotto altri Pontificati. Perchè prendersela con Benedetto XVI? Perchè ora? L'analisi di Robert Moynihan

L'IGNOBILE CAMPAGNA CONTRO BENEDETTO XVI, IL PAPA CHE PIU' DI OGNI ALTRO HA COMBATTUTO LA PEDOFILIA NELLA CHIESA: LO SPECIALE DEL BLOG

Su segnalazione del nostro Massimo leggiamo:

Conciliaboli sul celibato dei preti. Se ne dibatte da decenni, ma al Vaticano II non era in agenda. Questioni di identità e la trappola della pedofilia

di Paolo Rodari

Se non fosse stato per l’obbligo del celibato, casi di preti che abusano su minori non si sarebbero verificati. O comunque ce ne sarebbero stati molto pochi. Non lo dice soltanto il teologo sulla carta più anti ratzingeriano di tutti, lo svizzero ribelle Hans Küng: per lui la regola del celibato è la “radice di ogni male”. L’hanno sottinteso a volte anche alcuni esponenti delle gerarchie della chiesa cattolica, quando in questi giorni hanno voluto ricordare che il celibato non è un dogma. Prima lo hanno detto.
Poi hanno smentito le proprie dichiarazioni perché le reazioni – l’ultima è di ieri della Conferenza episcopale italiana che nel comunicato di chiusura del Consiglio permanente ha ribadito che il celibato “non costituisce affatto un impedimento o una menomazione della sessualità” – si erano fatte veementi. E’ successo due giorni fa al cardinale emerito di Milano Carlo Maria Martini: “Occorrerebbe ripensare alla forma di vita del prete”, ha scritto in una lettera ai giovani austriaci ripresa dal settimanale austriaco Presse am Sonntag. “Intendevo sottolineare l’importanza di promuovere forme di maggiore comunione di vita e di fraternità tra i preti affinché siano evitate il più possibile situazioni di solitudine anche interiore” ha però precisato poco dopo Martini. In scia, anche l’arcivescovo di Salisburgo, Alois Kothgasser, ha detto la sua. Spiegando, senza tuttavia ritrattare, che “nella situazione attuale della chiesa, la domanda da porsi è se il celibato è un modo appropriato di vivere per preti e credenti”. E ancora: “I tempi sono cambiati e la società è cambiata. La chiesa deve chiedersi in che modo può continuare a coltivare il suo particolare stile di vita, o cosa deve cambiare”.
“E’ normale che in un momento come questo dove c’è chi attacca la chiesa per gli scandali legati alla pedofilia dei preti vi sia chi mette in dubbio il celibato” commenta il vaticanista Sandro Magister. “Ma non credo che oggi chi guida la chiesa voglia mettere in discussione il celibato. Per Ratzinger è ancora questo il tempo di un ‘corpo scelto’ che stia nella battaglia abbracciando liberamente il celibato. Tra l’altro occorre dire una cosa: coloro che nella chiesa sono favorevoli all’abolizione non vengono mai fuori nei momenti che contano”. Cioè? “Nei recenti sinodi dei vescovi si è toccato il tema del celibato. Qualcuno ne ha parlato. Ma, paradossalmente, sono stati i rappresentanti di chiese che hanno esperienza di preti sposati, come gli orientali, a dire che l’abolizione del celibato non risolve nessun problema, anzi a guardare la vita di tutti i giorni dei preti sposati, stretti tra famiglia e vita di chiesa, li amplifica”.
Una riflessione diversa la fa un martiniano doc, don Giovanni Nicolini. Mantovano, fu a Bologna che conobbe e frequentò Giuseppe Dossetti. Quindi la lunga amicizia con il cardinale Martini che l’ha sostenuto nel progetto di fondazione della comunità le Famiglie della Visitazione. Dice che “la prospettiva non è quella dell’abolizione del celibato sacerdotale, ma quella dell’ordinazione presbiterale di uomini sposati”. “In questo” spiega “ci è di guida la tradizione dell’oriente cristiano. C’è anche un cristianesimo ortodosso, e quindi di rito orientale, legato alla chiesa cattolica romana, che come tale prevede il ministero di uomini sposati che vengono ordinati preti. E questo a fianco di uomini consacrati alla verginità che tali restano. Non si tratterebbe dunque di abolire qualcosa, ma di aggiungere qualcosa”. Certo, “occorrerebbe una grande riflessione dentro la chiesa: sulla condizione della donna, sul volto profondo della sua personalità, su domande delicate che si imporrebbero a donne che non potrebbero essere semplicemente ‘la moglie del prete’, ma che dal ministero dei loro mariti verrebbero necessariamente molto coinvolte”.
Non ci sono soltanto le chiese orientali ad ammettere preti sposati. Con la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus dello scorso novembre, di fatto Benedetto XVI ha lasciato aperto un ulteriore spiraglio in questo senso. Dice infatti Luke Coppen, direttore del britannico Catholic Herald: “In Gran Bretagna nessuno lega il celibato alla pedofilia. Piuttosto il dibattito è focalizzato su quei preti anglicani ammessi dal Papa nella chiesa cattolica nonostante siano sposati. I critici verso il celibato dicono che è un’ingiustizia verso i preti cattolici non sposati. Mentre i sostenitori del celibato dicono che gli anglicani avevano ricevuto una dispensa temporanea”. E dunque il valore del celibato dei preti cattolici rimane immutato.
Che sia o non sia in discussione, del celibato nella chiesa cattolica se ne parla, soprattutto da dopo il Concilio Vaticano II. Complice un generalizzato calo delle vocazioni, si è fatta più pressante e insistente la richiesta di risolvere la crisi accettando i preti sposati. Si dice: se c’è carenza di clero non si potrebbero e non si dovrebbe fare spazio ai laici e, tra questi, a coloro che pur sposati desiderano accedere all’ordinazione? E ancora: non è arrivato il momento di democraticizzare il sacerdozio e consentirne l’accesso ai laici?
Al fondo di queste domande pare però esserci il problema dell’identità. Qual è l’identità sacerdotale? Chi è il prete? Il cardinale tedesco Paul Josef Cordes, presidente del pontificio consiglio “Cor Unum” ha dedicato all’argomento un recentissimo libro: “Perché sacerdote?” (San Paolo). O il sacerdote, dice, è definito in base alla “funzione” che ricopre nella chiesa, in base ai “servizi” che svolge, per cui ovviamente chiunque può sostituirlo nell’esercizio di tali funzioni (anche una donna o un uomo sposato), oppure la figura sacerdotale ha un’altra radice, il riferimento ontologico a Cristo: “La castità di Gesù include tutta una cristologia”, ha detto monsignor Angelo Amato, prefetto delle Cause dei santi, in un intervento che ha svolto il 4 marzo alla Pontificia università della Santa Croce. E cioè: la fonte del celibato, ciò che lo giustifica e lo chiarisce, è la verginità di Cristo. In sostanza, come diceva il teologo belga Jean Galot, il sacerdote è “per mezzo del celibato che può appartenere più completamente a tutti gli uomini. Se non è entrato nella via del matrimonio e se si è rifiutato di fondare una famiglia, è perché ha voluto, per la sua vita e per il suo cuore, un’apertura più universale”.
Il contrario, insomma, di una visione funzionalistica del sacerdozio. Visione che, come ha detto ancora Cordes presentando il suo libro a Roma lo scorso 24 marzo, “corrisponde senz’altro indiscutibilmente a una sensibilità moderna”. Alfiere di questa visione è, più di altri, Küng. Il quale, dice Cordes, “propone argomenti popolari perché facilmente convincenti”. E ancora: è “molto abile nel mettere il dito nelle piaghe della chiesa, certo spesso e volentieri senza curarle”.
Dire che il celibato è stato messo in discussione, nei temi moderni, principalmente dopo il Concilio significa affermare una verità: non è del celibato dei preti che il Concilio ha voluto parlare.
Non così avvenne precedentemente. Il celibato è una legge della chiesa latina che risale al 1139 ed è stata poi fissata dal Concilio di Trento. Venne fissata nonostante tanti preti vivessero in stato di concubinato. Anzi, probabilmente i padri conciliari la stabilirono proprio a motivo di questo stato di cose. Non così invece andò il Vaticano II. Del celibato non vollero parlare, ovviamente perché non lo ritenevano discutibile, né colui che aprì il Concilio, Giovanni XXIII, e nemmeno chi lo chiuse, Paolo VI. Certo, nel decreto “Presbyterorum ordinis” del dicembre 1965 del celibato si parla. Ma lo si fa per ribadirne l’importanza: “Con la verginità o il celibato osservato per il regno dei cieli”, recita il testo conciliare, “i presbiteri aderiscono più facilmente a Dio con un cuore non diviso, si dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini”. Un concetto poi ripreso da Paolo VI nella “Sacerdotalis caelibatus” del 1967, un’enciclica che in anni turbolenti e difficli per la chiesa cattolica, ripropone tutte le “ragioni” del celibato, “fulgida gemma che conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo”.
Sul tema torna più volte Joseph Ratzinger. Se già nel 1985 in “Rapporto sulla fede” dice allo scrittore Vittorio Messori che la crisi del sacerdozio è dovuta anche a uno smarrimento della sua identità – il sacerdote è un “alter Christus” – in favore di un ruolo basato principalmente sul consenso della maggioranza, è nel 1996, all’interno di “Il sale della terra” (un colloquio con Peter Seewald), che Ratzinger dice con disarmante semplicità un concetto che oggi molti teologi faticano a fare proprio: “Il celibato è legato a una frase di Cristo. Ci sono coloro, si legge nel vangelo, che per amore del regno dei cieli rinunciano al matrimonio e, con tutta la loro esistenza, rendono testimonianza al regno dei cieli. La chiesa è arrivata molto presto alla convinzione che essere sacerdoti significa dare questa testimonianza per il regno dei cieli”. E poi l’affondo: “La rinuncia al matrimonio e alla famiglia è da intendersi in questa prospettiva: rinuncio a ciò che per gli uomini non solo è l’aspetto più normale, ma il più importante. Rinuncio a generare io stesso vita dall’albero della vita, ad avere una terra in cui vivere e vivo con la fiducia che Dio è la mia terra. Così rendo credibile anche agli altri che c’è un regno dei cieli. Non solo con le parole, ma con questo tipo di esistenza sono testimone di Gesù Cristo e del vangelo e gli metto così a disposizione la mia vita”.
Chi contesta Ratzinger dice che il Concilio offre una visione dell’identità del prete in discontinuità col passato. E che dunque questa discontinuità, questa nuova visione, va valorizzata. Tra gli interventi più ascoltati del recente convegno teologico sul sacerdozio svoltosi alla Lateranense e organizzato dalla Congregazione per il clero c’è stato quello di Willem Eijk, arcivescovo di Utrecht. Il quale ha detto: “Il Concilio non ha introdotto una discontinuità nell’identità del prete”. Anzi, “grazie al Concilio la continuità dell’identità intrinseca non è affatto stata minata, ma al contrario salvaguardata in tempo. Il Concilio, conficcando i picchetti giusto in tempo, ha prevenuto che la crisi minasse in modo ancora più grave la consapevolezza dell’identità intrinseca del prete”. (1. continua)

Pubblicato sul Foglio mercoledì 31 marzo 2010

© Copyright Il Foglio, 31 marzo 2010 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

L'arcivescovo di New York: campagna "ben oleata" contro Benedetto XVI

Clicca qui per leggere il commento di Mons. Dolan segnalatoci da Alberto. Qui una traduzione.

Card. Levada al New York Times: riconsiderare gli attacchi contro il Papa. E' un uomo su cui il mondo può e dovrebbe contare (Traduzione di Zenit)


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Card. Levada al New York Times: riconsiderare gli attacchi contro il Papa

E' un uomo su cui il mondo "può e dovrebbe contare", afferma

del Cardinale William J. Levada*

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 31 marzo 2010 (ZENIT.org).

Nel nostro melting pot di popoli, lingue e background, gli americani non sono considerati esempi di "alta" cultura, ma possiamo essere orgogliosi della nostra passione per la giustizia. In Vaticano, dove lavoro attualmente, i miei colleghi - sia i confratelli Cardinali durante gli incontri che gli officiali nel mio ufficio - vengono da vari Paesi, continenti e culture. Scrivendo questa risposta oggi (26 marzo 2010), ho dovuto ammettere con loro di non essere fiero del quotidiano New York Times come esempio di giustizia.
Lo dico perché il Times di oggi presenta sia un lungo articolo della nota commentatrice Laurie Goodstein intitolato "Warned About Abuse, Vatican Failed to Defrock Priest" ("Avvertito degli abusi, il Vaticano non ha sospeso un sacerdote") che un editoriale di accompagnamento dal titolo "The Pope and the Pedophilia Scandal" ("Il Papa e lo scandalo della pedofilia"), in cui i redattori definiscono l'articolo della Goodstein un rapporto inquietante che fa da base alle proprie accuse contro il Papa.
Sia l'articolo che l'editoriale mancano di qualsiasi ragionevole standard di giustizia che gli americani hanno ogni diritto di trovare - e si aspettano di trovare - nei loro media principali.
Nel primo paragrafo, la Goodstein si basa su quelli che descrive come "dossier rinvenuti di recente" per sottolineare ciò che il Vaticano (ad esempio il Cardinale Ratzinger e la sua Congregazione per la Dottrina della Fede) non ha fatto - "sospendere padre Murphy".
Uno scoop, in apparenza. Solo dopo otto paragrafi di prosa altisonante la Goodstein rivela che padre Murphy, che ha abusato in modo orribile di circa 200 bambini audiolesi mentre lavorava in una scuola dell'Arcidiocesi di Milwaukee dal 1950 al 1974, "non solo non è mai stato processato o punito dal sistema giudiziario della Chiesa, ma ha anche ottenuto un 'lasciapassare' dalla polizia e dai procuratori che hanno ignorato i racconti delle vittime, in base ai documenti e alle interviste con queste ultime".
Nel paragrafo 13, tuttavia, commentando una dichiarazione di padre Lombardi (il portavoce vaticano) per cui il Diritto Canonico non proibisce ad alcuno di riportare casi di abuso alle autorità civili, la Goodstein scrive: "Non ha spiegato perché non sia mai accaduto in questo caso".
Ha dimenticato, o i suoi revisori non hanno letto, ciò che ha scritto al paragrafo 9 sul fatto che Murphy ottenne "un 'lasciapassare' dalla polizia e dai procuratori"? In base al suo racconto, sembra chiaro che le autorità penali erano state informate, molto probabilmente dalle vittime e dalle loro famiglie.
Il resoconto della Goodstein rimbalza avanti e indietro come se non fossero passati circa vent'anni tra i racconti degli anni Sessanta e Settanta all'Arcidiocesi di Milwaukee e alla polizia locale e la richiesta di aiuto dell'Arcivescovo Weakland al Vaticano nel 1996. Perché? Il fulcro dell'articolo non riguarda i fallimenti da parte della Chiesa e delle autorità civili nell'agire correttamente in quel momento. Io, ad esempio, guardando questo rapporto, sono d'accordo sul fatto che padre Murphy meritasse di essere sospeso dallo stato clericale per il suo comportamento criminale, cosa che sarebbe stata la conseguenza normale di un processo canonico.

Il fulcro dell'articolo della Goodstein, però, consiste nell'attribuire il fatto di non aver proceduto alla sospensione a Papa Benedetto anziché alle decisioni diocesane dell'epoca.

L'autrice usa la tecnica di ripetere le tante accuse di varie fonti (non ultime quelle del suo stesso giornale) e cerca di usare questi "dossier rinvenuti di recente" come base per accusare il Papa di indulgenza e mancanza d'azione in questo caso e presumibilmente in altri.
Dall'altro lato, mi sembra che abbiamo nei confronti di Papa Benedetto un grande debito di gratitudine per aver introdotto le procedure che hanno aiutato la Chiesa ad agire di fronte allo scandalo degli abusi sessuali sui minori da parte di sacerdoti. Questi sforzi sono iniziati quando il Papa era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e sono continuati dopo che è stato eletto Pontefice. Il fatto che il Times abbia pubblicato una serie di articoli in cui viene ignorato l'importante contributo che ha fornito - soprattutto nello sviluppo e nell'implementazione della Sacramentorum Sanctitatis Tutela, il Motu proprio di Giovanni Paolo II del 2001 - mi sembra tale da giustificare l'accusa di mancanza di giustizia che dovrebbe essere la caratteristica di ogni giornale che goda di buona reputazione.

Lasciatemi dire quella che a mio avviso sarebbe una giusta lettura del caso di Milwaukee. Le ragioni per cui la Chiesa e le autorità civili non hanno agito negli anni Sessanta e Settanta non sono apparentemente contenute in questi "dossier rinvenuti di recente". E il New York Times non sembra interessato a capire perché.

Ciò che emerge, però, è questo: dopo quasi 20 anni come Arcivescovo, Weakland ha scritto alla Congregazione chiedendo aiuto per far fronte a questo caso terribile di gravissimi abusi. La Congregazione ha approvato la sua decisione di intraprendere un processo canonico, visto che il caso coinvolgeva istigazioni nella confessione - uno dei graviora delicta (crimini più gravi) per i quali la Congregazione aveva responsabilità di indagare e agire in modo appropriato.

Solo quando ha saputo che Murphy stava morendo, la Congregazione ha suggerito a Weakland di sospendere il processo canonico, visto che avrebbe implicato un lungo processo di acquisizione di testimonianze di una serie di vittime sorde e del sacerdote accusato. Ha quindi proposto misure per assicurare che venissero imposte appropriate restrizioni al suo ministero. La Goodstein suggerisce che questa azione implica "indulgenza" nei confronti di un sacerdote colpevole di crimini orribili. La mia interpretazione è che la Congregazione aveva capito che il complesso processo canonico sarebbe stato inutile se il sacerdote stava morendo.

Di recente ho ricevuto una lettera non richiesta dal vicario giudiziario che presiedeva il giudizio nel processo canonico, che mi dice di non aver mai ricevuto alcuna comunicazione di sospendere il processo e che non sarebbe stato d'accordo con questa decisione. Ma padre Murphy nel frattempo era morto. Da credente, non ho dubbi sul fatto che Murphy si troverà davanti a Colui che giudica i vivi e i morti.

La Goodstein riferisce anche di quelle che chiama "altre accuse", relative alla riassegnazione di un sacerdote che aveva in precedenza abusato di bambini a un'altra Diocesi da parte dell'Arcidiocesi di Monaco, ma l'Arcidiocesi ha più volte spiegato che il Vicario Generale responsabile, monsignor Gruber, ha ammesso il suo errore nel compiere quell'assegnazione. E' anacronistico che la Goodstein e il Times sostengano che la conoscenza degli abusi sessuali che abbiamo nel 2010 avrebbe dovuto essere in qualche modo intuita da quanti detenevano l'autorità nel 1980. Non è difficile per me pensare che il professor Ratzinger, nominato Arcivescovo di Monaco nel 1977, avrebbe fatto quello che fa la maggior parte dei nuovi Vescovi: permettere a chi era già incaricato di amministrare 400 o 500 persone di continuare a svolgere il lavoro che gli era stato assegnato.
Guardando indietro alla mia storia personale di sacerdote e Vescovo, posso dire che nel 1980 non avevo mai sentito alcuna accusa di abusi sessuali di questo tipo da parte di un sacerdote. E' stato solo nel 1985, quando assistevo come Vescovo ausiliare a un incontro della nostra Conferenza Episcopale Statunitense durante la quale vennero presentati dati sulla questione, che sono venuto a sapere di questi fatti. Nel 1986, quando venni nominato Arcivescovo di Portland, iniziai a far fronte personalmente alle accuse di abusi sessuali, e anche se la "curva di apprendimento" era rapida era anche limitata dai casi particolari presentati alla mia attenzione.
Ecco alcune cose che ho imparato da allora: molti bambini sono riluttanti a riferire casi di abusi sessuali da parte del clero. Quando si presentano da adulti, il motivo più frequente non è chiedere una punizione per il sacerdote, ma informare il Vescovo e il direttore del personale di modo che ad altri bambini possa essere risparmiato il trauma che hanno subito.
Nel trattare con i sacerdoti, ho imparato che molti presbiteri, di fronte alle accuse del passato, ammettono spontaneamente le proprie colpe. Dall'altro lato, ho anche imparato che non è rara la negazione, che in alcuni casi neanche i programmi terapeutici sono riusciti a far venir meno. Anche terapeuti professionisti non sono giunti a una chiara diagnosi in alcuni di questi casi; spesso le loro raccomandazioni erano troppo vaghe per essere utili. I terapeuti sono stati però molti utili alle vittime nel far fronte agli effetti a lungo termine degli abusi infantili. Sia a Portland che a San Francisco, dove ho affrontato casi di abusi sessuali, le Diocesi hanno sempre messo a disposizione fondi (spesso attraverso la copertura assicurativa diocesana) per la terapia delle vittime degli abusi sessuali.

Dal punto di vista delle procedure ecclesiastiche, l'esplosione della questione degli abusi sessuali negli Stati Uniti ha portato all'adozione, in un incontro della Conferenza Episcopale a Dallas nel 2002, di una "Carta per la Difesa dei Minori dagli Abusi Sessuali". Questo testo fornisce linee guida uniformi su come riportare gli abusi sessuali o sulle strutture di riferimento (Consigli che includono clero, religiosi e laici, compresi esperti), rapporti a un Consiglio nazionale e programmi educativi per parrocchie e scuole per aumentare la consapevolezza e la prevenzione degli abusi sessuali sui bambini. In molti altri Paesi le autorità ecclesiali hanno adottato programmi simili: uno dei primi è stato quello della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles in risposta al Rapporto Nolan, opera di una commissione di alto livello di esperti indipendenti nel 2001.

E' stato solo nel 2001, con la pubblicazione del Motu proprio di Papa Giovanni Paolo II "Sacramentorum Sanctitatis Tutela" (SST), che la responsabilità di guidare la risposta della Chiesa cattolica al problema degli abusi sessuali di minori da parte del clero è stata assegnata alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Questo documento papale è stato preparato per Papa Giovanni Paolo II sotto la guida del Cardinale Ratzinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Contrariamente a ciò che affermano alcuni media, l'SST non ha eliminato la responsabilità del Vescovo locale di agire nei casi di abusi sessuali sui minori da parte di chierici. Né, come altri hanno teorizzato, era parte di un progetto per interferire con la giuridizione civile in questi casi. L'SST ordina ai Vescovi di riferire accuse credibili di abuso alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che può aiutare i presuli ad assicurare che i casi vengano gestiti in modo appropriato, in base al diritto ecclesiastico applicabile.

Ecco alcuni progressi compiuti da questa nuova legislazione della Chiesa (SST). Ha previsto un processo amministrativo semplificato per arrivare a una sentenza, riservando l'iter più formale del processo canonico a casi più complessi. Ciò è stato particolarmente utile nelle Diocesi missionarie e di piccole dimensioni, che non hanno un forte complemento di giuristi canonici. Prevede l'erezione di tribunali interdiocesani per assistere le piccole Diocesi. La Congregazione ha la facoltà di derogare dalla prescrizione di un crimine per permettere di fare giustizia anche in casi "storici". L'SST ha inoltre emendato il Diritto Canonico nei casi di abusi sessuali stabilendo i 18 anni come limite di età di un minore per essere conforme al diritto civile in vigore in molti Paesi. Prevede un riferimento per i Vescovi e i superiori religiosi per avere consigli uniformi su come gestire i casi che riguardano i sacerdoti. Al di sopra di tutto, forse, c'è il fatto che ha definito i casi di abusi sessuali sui minori da parte dei chierici graviora delicta, crimini più gravi, come quelli contro i sacramenti dell'Eucaristia e della Penitenza, sempre affidati alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ciò mostra la serietà con cui la Chiesa di oggi assume la propria responsabilità di assistere Vescovi e superiori religiosi per evitare che questi crimini vengano commessi in futuro e per punirli quando si verificano. Ecco un'eredità di Papa Benedetto che facilita enormemente il lavoro della Congregazione che ora ho l'onore di guidare, a beneficio di tutta la Chiesa.
Dopo la Carta di Dallas del 2002, sono stato nominato (all'epoca come Arcivescovo di San Francisco) per far parte di un team di quattro Vescovi che doveva ottenere l'approvazione da parte della Santa Sede delle "Norme Essenziali" che i Vescovi americani hanno sviluppato per permetterci di far fronte alla questione degli abusi. Visto che queste norme si intersecavano con il Diritto Canonico esistente, richiedevano un'approvazione prima di essere implementate come diritto particolare per il nostro Paese. Sotto la presidenza del Cardinale Francis George, Arcivescovo di Chicago e attualmente presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, il nostro team ha lavorato con esperti canonisti vaticani in molti incontri.
Abbiamo trovato nel Cardinale Ratzinger e negli esperti che ha scelto perché ci incontrassero una cordiale comprensione dei problemi che affrontavamo come Vescovi americani. E' stato soprattutto grazie alla sua guida che siamo riusciti a far sì che il nostro lavoro si concludesse con successo.
L'editoriale del Times si chiede "come gli officiali vaticani non abbiano tratto lezioni dall'enorme scandalo negli Stati Uniti, dove in tre anni più di 700 sacerdoti sono stati sospesi". Posso assicurare il Times del fatto che il Vaticano non ignorava allora e non ignora oggi quelle lezioni, ma l'editoriale prosegue con i soliti pregiudizi: "Ma quando leggiamo l'inquietante rapporto di Laurie Goodstein... su come il Papa, mentre era ancora Cardinale, venne personalmente avvertito su un sacerdote... Ma i leader della Chiesa scelsero di difendere la Chiesa anziché i bambini. Il rapporto illustrava il tipo di comportamento che la Chiesa voleva scusare per evitare lo scandalo". Scusatemi, revisori. Perfino l'articolo della Goodstein, basato su "dossier rinvenuti di recente", pone le parole relative alla volontà di difendere la Chiesa dallo scandalo sulle labbra dell'Arcivescovo Weakland, non del Papa. E' proprio questo tipo di fusione anacronistica che penso giustifichi le mie accuse sul fatto che il Times, affrettandosi ad emettere un verdetto di colpevolezza, manca di giustizia nei confronti di Papa Benedetto XVI.
Come membro a tempo pieno della Curia Romana, la struttura di governo che adempie ai compiti della Santa Sede, non ho il tempo di far fronte agli articoli quasi quotidiani del Times, scritti da Rachel Donadio e altri, e men che meno allo scimmiottamento di Maureen Dowd dell'"inquietante rapporto" della Goodstein. Ma quando parliamo di un uomo con cui e per cui ho il privilegio di lavorare, come prefetto suo "successore", un Papa le cui Encicliche sull'amore, la speranza e la virtù economica ci hanno sorpresi e ci hanno fatto pensare, le cui catechesi quotidiane e le cui omelie della Settimana Santa ci ispirano, e sì, la cui azione per aiutare la Chiesa a far fronte efficacemente agli abusi sessuali sui minori continua ad aiutarci, chiedo al Times di riconsiderare il suo attacco contro Papa Benedetto XVI e di dare al mondo una visione più bilanciata di un leader su cui può e dovrebbe contare.

* Il Cardinal Levada è Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede

Il testo è tratto dall'edizione on-line del Catholic San Francisco

[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]

Il New York Times ha gravemente compromesso la sua copertura del Papa e dello scandalo degli abusi sui minori (Damian Thompson)

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Alessia. Qui una traduzione.

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Non mi vergogno di essere prete

di Piergiordano Cabra

Anche nei giorni dell'accusa e del dileggio mediatico, non mi vergogno di dire che non mi sono vergognato d'essere prete.
Alcuni preti sono stati incolpati di pedofilia? Una vergogna, ed è giusto fare pulizia dove c'è sporcizia.
L'espressione, presente già nell'Introduzione al cristianesimo di Joseph Ratzinger del 1968, è stata usata, per la prima volta riferita alla Chiesa, dal cardinale Ratzinger durante la Via crucis al Colosseo, suscitando sorpresa. E ora vorrebbero coinvolgere anche lui. Ma non lo avevano chiamato "pastore tedesco", per la sua inflessibile disciplina?
Detto questo, non mi vergogno di appartenere a una "categoria" di persone che ha dedicato la propria vita a preparare i ragazzi e i giovani alla vita, che ha avuto il coraggio di promuovere con la parola e con l'esempio - sì, proprio con il buon esempio - l'ideale d'una vita pulita, seria con sé e con gli altri, rispettosa, generosa. Penso in questo momento agli ottimi sacerdoti che mi hanno educato, a quelli che ho conosciuto nel mio lungo ministero, che hanno vissuto per gli altri, ponendo la dignità della persona - specialmente dei bambini e dei giovani - alla base del loro servizio pastorale.
Penso anche ai casi di vere e proprie calunnie, che hanno distrutto delle vite innocenti.
E di fronte a questo infuriare mediatico non posso non vedere anche l'avidità di chi - e non sono certo le vittime - sfrutta il caso a suo vantaggio; penso a conduttori di programmi televisivi deleteri, che irridono a ogni ideale e che oggi fanno gli scandalizzati. Penso alla buona occasione per infangare la Chiesa e svalutare la sua dottrina che resiste all'andazzo generale, non piegandosi ad accondiscendere a confondere il male con il bene, il pulito con lo sporco.
Penso ai santi preti, che non sono pochi, e a quelli onesti, che sono molti, ricordando i quali, mi sento spinto a guardare avanti con fiducia.
Non sono così cieco per non vedere le cose che non vanno, prima in me e poi negli altri.
Ma il bene maggiore non è di abbassare l'ideale, ma di innalzare il livello della mia vita, di sentirsi tutti più umili, più uniti nella Chiesa, di non lasciare troppo soli i nostri preti, di pregare per loro, di sostenerli con il nostro calore umano. Soprattutto a non scagliare troppo facilmente la prima pietra.
No. Non mi vergogno d'essere prete. Mi vergogno solo di non essere un santo prete.

(©L'Osservatore Romano - 1 aprile 2010)

L'appassionata difesa del Papa da parte del suo successore alla CDF, card. Levada

Clicca qui per leggere la dichiarazione segnalataci da Mariateresa. Qui una traduzione.

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L'arcivescovo di Milwaukee ammette ufficialmente: sul caso Murphy furono commessi errori solo dalla diocesi, NON DAL VATICANO!

ATTACCO AL PAPA/ John Allen: così il New York Times ha stravolto fatti e documenti (Sussidiario)

Abusi, il malcelato intento: spingere il Cristianesimo fuori dall'Occidente (Bruno Cescon)

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E il cardinale Cañizares ringrazia il Papa

I vescovi degli Stati Uniti al fianco di Benedetto XVI

Washington, 31. I vescovi degli Stati Uniti si schierano a difesa dell'operato di Benedetto XVI volto a contrastare con fermezza il "peccato e il crimine" degli abusi sessuali compiuti da sacerdoti. Affermano i presuli in una dichiarazione resa pubblica ieri: "Sappiamo per nostra stessa esperienza come Papa Benedetto XVI sia profondamente preoccupato per quanti sono stati colpiti da abusi sessuali e come abbia rafforzato la risposta della Chiesa alle vittime e dato sostegno ai nostri sforzi di affrontare i colpevoli". Il recente emergere - continuano i vescovi - di più resoconti su abusi sessuali compiuti da sacerdoti rattrista e indigna la Chiesa e ci causa vergogna. Se c'è un posto dove i bambini dovrebbero essere al sicuro questo dovrebbe essere nella propria casa e nella Chiesa". Proseguono i presuli: "Continueremo a intensificare i nostri sforzi di fornire un ambiente sicuro per i bambini nelle nostre parrocchie e nelle nostre scuole. Inoltre, lavoreremo insieme agli altri nelle nostre comunità per affrontare la piaga degli abusi sessuali in tutta la società".
Nella dichiarazione - firmata dal presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Francis George, dal vicepresidente, il vescovo di Tucson, Gerald Kicanas, dall'arcivescovo di Louisville, Joseph Kurtz, dal vescovo di Youngstown, George Murry e dal vescovo di Paterson, Arthur Serratelli - si ricorda la visita negli Stati Uniti di Benedetto XVI nel 2008: "Uno dei momenti più toccanti" - si legge nel documento - è stata la conversazione privata del Papa, avvenuta nella Nunziatura apostolica di Washington, con le vittime degli abusi. Benedetto XVI "ha potuto ascoltare direttamente come gli abusi sessuali abbiano devastato la vita delle vittime.
Il Santo Padre ha condiviso la loro dolorosa esperienza e ha ascoltato, tenendo strette frequentemente le loro mani e rispondendo teneramente, rassicurandoli". Con l'appoggio - continua la dichiarazione - "sia di Giovanni Paolo ii che di Benedetto XVI noi vescovi ci siamo vigorosamente impegnati a fare ogni cosa in nostro potere per fare in modo che non vengano più compiuti abusi sui bambini. Concretizziamo questo impegno attraverso il Charter for the protection of Children and Young People, uno statuto che ci chiama a rispondere con compassione alle vittime, a lavorare diligentemente al fine di vigilare su quanti lavorano con i bambini e i giovani nella Chiesa, a diffondere una coscienza anti abusi e un'educazione preventiva, a comunicare casi sospetti di abuso alle autorità giudiziarie civili e a valutare i nostri sforzi nella protezione dei bambini e dei giovani attraverso una verifica esterna annuale a livello nazionale". Concludono i vescovi: "Così come accompagniamo Cristo nella Sua passione e morte nel corso della Settimana Santa, siamo con il Santo Padre Benedetto XVI in preghiera per le vittime dell'abuso sessuale, per tutta la Chiesa e per il mondo intero".
Intanto, martedì, nell'omelia per la messa per i membri del parlamento italiano, il cardinale Antonio Cañizares Llovera ha voluto esprimere vicinanza al Papa: "In questi giorni così particolarmente santi" - ha detto - "terremo quanto mai presente il Papa Benedetto, autentico servitore di Dio che, abbracciato alla croce salvatrice di Cristo Signore della Chiesa e della storia, ci insegna continuamente, e in modo speciale nel momento attuale, che "solo Dio conta", perché "Dio è amore" e "in speranza siamo già salvati", invitandoci a "non avere paura", a non essere pusillanimi. Grazie, Santo Padre! Con tutta la Chiesa, e in modo particolarmente eminente nei tempi odierni, siamo con Pietro, con il grande dono che Dio ci ha fatto nel suo successore il nostro amatissimo Papa Benedetto XVI. Preghiamo insieme per lui, pieni di affetto filiale, a braccia levate: proprio dalla Croce, nell'ora delle tenebre, scaturisce la speranza della luce e la vittoria dell'amore. Come Gesù nella croce, anche noi viviamo l'ora di Dio, che è l'ora della fiducia piena - la fiducia del bimbo appena svezzato in braccio alla madre - l'ora della speranza che non delude, l'ora della preghiera. Grazie di tutto, Santo Padre! Grazie per incoraggiarci alla speranza e per mostrarci quanto Dio ci ama nella persona del Vicario del Suo Figlio, abbracciato alla croce e testimone singolare del suo amore in questi tempi difficili che viviamo. È da tempi così, analoghi a quelli di allora a Gerusalemme, che scaturisce la vita e la chiamata alla conversione, l'invito a ritornare alla Sorgente dell'unico Amore che i rinnova, a essere uomini nuovi, purificati dal sangue versato per noi sulla croce, dove pende la salvezza per il mondo intero".

(©L'Osservatore Romano - 1 aprile 2010)