martedì 30 marzo 2010
Se in Vaticano parte l’operazione verità: dal "microcosmo" Maciel alla Chiesa Universale. La bella metafora del Papa-chirurgo (Accattoli)
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Se in Vaticano parte l’operazione verità
Alla Chiesa serve un referente unico per allontanare sospetti e speculazioni
di Luigi Accattoli
La Chiesa Cattolica vive un momento di tempesta a motivo del doppio scandalo della pedofilia: quello vero e quello mediatico, che è per almeno due terzi malevolo e sleale.
Ma si tratta anche di un momento di verità e dunque di salute. Il paragone giusto è quello di un intervento chirurgico: esso indebolisce l’organismo ma lo libera da una patologia e dunque crea le condizioni per la ripresa.
Che la situazione nella sostanza sia questa – di un’operazione chirurgica e di verità
– lo si può mostrare sia in riferimento al microcosmo dei Legionari di Cristo, sia per il macrocosmo dell’intera cattolicità.
I Legionari sono circa duemila – 800 i preti – e vanno crescendo mentre tanti diminuiscono, eppure in questo momento si trovano in una terribile crisi di immagine e di identità a motivo della colluvie di scandali che ha travolto la figura del fondatore Marcial Maciel Degollado (1920-2008).
Il padre Maciel, anzi “il nostro Padre” come veniva chiamato dai legionari, è risultato essere un fruitore abituale di droghe, abusatore sessuale – nei decenni – di almeno una trentina di seminaristi della congregazione per lo più minorenni, padre forse di tre figli o forse più, avuti da donne diverse alle quali si presentava sotto false identità.
Nonostante decenni di denunce alle autorità ecclesiastiche, ai tribunali civili di più paesi e ai media – la prima risale al 1945 – l’insieme di quell’incredibile doppia vita è restato ufficialmente nascosto fino a tempi recenti e il padre Maciel ha potuto continuare a presiedere la sua congregazione fino al gennaio del 2005, quando fu costretto a lasciare il ruolo di superiore generale da un’inchiesta disposta verso la fine del 2004 dal cardinale Ratzinger.
Solo ora le autorità vaticane hanno ottenuto che la Congregazione dei Legionari riconoscesse pubblicamente le malefatte del fondatore, al quale Papa Ratzinger nel maggio del 2006 aveva comandato «una vita riservata e di preghiera» accompagnata dalla «rinuncia a ogni ministero pubblico»: con un comunicato del 27 marzo, venerdì scorso, il Consiglio generale e i direttori territoriali dei Legionari hanno affermato «profondamente costernati» che «questi fatti sono veri» e che «non è possibile guardare alla persona del padre Maciel come modello di vita cristiana». Senza la spinta esterna dei media e dei tribunali è ragionevole immaginare che a questo riconoscimento della verità dei fatti non si sarebbe ancora – e forse mai – arrivati.
Occorre dunque distinguere quanto nei media è frutto di malizia e di ideologia antiromana da quanto è utile funzione informativa.
Passando dal caso dei Legionari all’insieme della Chiesa Cattolica diremo che senza le denunce pubbliche non avremmo avuto – probabilmente – alcuna verità sugli abusi sessuali del clero canadese, statunitense, australiano, irlandese, tedesco, austriaco, olandese, polacco e infine italiano. Ma prima che sul ruolo dei tribunali e della stampa conviene riflettere sull’utilità che può venire dalla verità dei fatti: che si conosca quanto è avvenuto e avviene, che vi sia riconoscimento dei tradimenti è un bene per la comunità della Chiesa. Un bene sia in alto sia in basso. In basso perché meglio ti difendi se conosci l’insidia, in alto perchè chi ne ha il dovere possa operare.
Molti temono, negli ambienti cattolici, lo svelamento di casi italiani simili a quelli dell’Austria e della Germania, se non dell’Irlanda e degli Usa. Si dovrebbe invece argomentare e operare in favore dello svelamento, purché ovviamente i fatti siano reali.
Sarebbe anzi bene che la nostra Conferenza episcopale prendesse delle iniziative di
indagine e studiasse qualche “operazione verità” prima che sia troppo tardi. La nomina di un referente nazionale, come avvenuto in altri paesi, non sarebbe fuori luogo.
Un’informazione trasparente sui casi accertati, come anche l’offerta di una fattiva consulenza a chi ha subito torti o cerca interlocutori per la difesa della propria dignità potrebbero essere tra i suoi compiti.
Individuato il tumore può intervenire il chirurgo e che il bisturi sia in mano a Papa Ratzinger è una garanzia per tutti. A motivo degli incarichi ricoperti egli sa meglio d’ogni altro quanto sia necessario tagliare: già prima di essere Papa aveva parlato della “sporcizia” che inquina la vita della Chiesa. In questo momento egli è sotto il tiro dei media e ben conosce la posta in gioco come appare chiaro dalle parole di domenica con cui invocava “il coraggio che non si lascia intimidire”.
www.luigiaccattoli.it
© Copyright Liberal, 30 marzo 2010 consultabile online anche qui.
Concordo con Accattoli anche se non capisco come mai i media, sapendo perfettamente chi fosse Maciel, non abbiano fatto scoppiare il "bubbone" a suo tempo.
Come mai tutto viene fuori solo ora?
Bellissima l'immagine del Papa-chirurgo. In effetti il medico cura la piaga ma, quando opera, una montagna di batteri si sparge e si agita tutto intorno.
Puo' capire che qualcuno dia la colpa al chirurgo del tanfo che si respira vicino al paziente. Bisogna invece guardare oltre: solo incidendo la piaga, essa guarisce.
R.
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