venerdì 23 luglio 2010

Come è mutato nel tempo l'abbigliamento papale pubblico e da udienza. Quando il Pontefice non portava la croce pettorale (Sanchirico)


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Come è mutato nel tempo l'abbigliamento papale pubblico e da udienza

Quando il Pontefice non portava la croce pettorale

di Stefano Sanchirico

Le notizie storiche circa l'uso della mozzetta e della stola pontificia riportate in un precedente articolo su "L'Osservatore Romano" del 14 luglio scorso consentono di ricavare delle costanti circa l'utilizzo dell'abito papale pubblico e da udienza.
Con una distinzione previa.
L'abito da udienza - talare, rocchetto e mozzetta - da indossarsi senza stola da parte del Papa negli appartamenti pontifici per le udienze ordinarie, non prevedeva, fino a Paolo vi l'uso della croce pettorale, che era riservata alla sola liturgia, o all'abito privato. L'abito da udienza veniva utilizzato anche per recarsi al "letto dei paramenti" per le celebrazioni nelle cappelle di palazzo, in particolare la Sistina (o la Paolina al Quirinale). Indossando tale abito senza stola il Papa non era mai preceduto dalla croce papale. Quanto, invece, all'abito pubblico con la stola, l'uso di quest'ultima era obbligatorio ogni qualvolta il Pontefice apparisse in pubblico fuori dal Palazzo Apostolico. In questo caso, era preceduto sempre dalla croce papale: esempio di ciò, forse l'unico rimasto, è la prima apparizione del Papa dalla loggia centrale della basilica Vaticana dopo l'elezione. Inoltre, l'uso di un tale abito sostituì, nel cerimoniale solenne, il manto e la mitra (o il triregno) nelle visite e nelle udienze concesse agli imperatori, ai sovrani, o a particolari personalità.
Dopo questa premessa di carattere più generale, occorre entrare nella tipologia delle mozzette e sul loro uso. Esistevano cinque tipologie di mozzetta, il cui utilizzo era regolato da norme particolarmente rigide, che riguardavano tempi, cerimonie, solennità. La prima, di raso rosso, senza ermellino con cappuccio, portata dal primo vespro dell'Ascensione alla festa di santa Caterina d'Alessandria (25 novembre), corrispondente al vestito di seta; la seconda, di velluto rosso foderato di ermellino con cappuccio, assunta dalla festa di santa Caterina e deposta al primo vespro dell'Ascensione, corrispondente al vestito di seta; la terza, di cammelloto o di saia rossa con cappuccio, foderata di seta, portata nello stesso periodo in cui si porta quella di raso rosso, ma la si indossava nelle vigilie, alle quattro tempore e nelle messe dei defunti, equivalente al cosiddetto vestito di lana; la quarta, di panno rosso, foderata di ermellino e con cappuccio, indossata nello stesso periodo di quella di velluto. Quest'ultima si adoperava, però, nei tempi penitenziali e forti: Avvento e Quaresima, con l'eccezione delle feste e solennità, in particolare dell'Immacolata, e degli anniversari dell'elezione e incoronazione del Romano Pontefice, corrispondente al cosiddetto vestito di lana. Le mozzette che corrispondono al vestiario di lana si adoperano nelle processioni e liturgie penitenziali, come la liturgia stazionale e via dicendo. Infine, la mozzetta di damasco bianco foderata di ermellino, adoperata nella settimana di Pasqua (ottava). Essa si assumeva, prima della riforma della Settimana Santa di Pio xii, la mattina del Sabato Santo, dopo quella cappella, e la si deponeva prima di pararsi per la cappella del Sabato in albis. Dopo la riforma della Settimana Santa si assumeva dopo la veglia pasquale e si deponeva dopo i secondi vespri della Domenica in albis.
La stola, come pure le scarpe e il camauro, devono corrispondere al colore della mozzetta: quindi rossa con camauro rosso e pantofole rosse quando si indossa quella rossa, stola bianca con pantofole bianche e camauro di damasco bianco, come la mozzetta, per l'ottava pasquale. Le disposizioni circa l'utilizzo della mozzetta e della stola erano di competenza del prefetto delle Cerimonie apostoliche, il quale soleva consegnare all'anticamera, all'inizio di ogni anno, una "nota dei giorni ne' quali il Sommo Pontefice userà gli abiti di seta e di lana nel corrente anno". Simile notificazione era stampata anche per il collegio cardinalizio: le ultime furono alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso.
L'uso odierno dell'abito papale prevede che si indossi la mozzetta rossa con ermellino, con stola rossa (scarpe rosse), dalla festa di santa Caterina alla solennità dell'Ascensione. La mozzetta rossa, senza ermellino, sempre con stola rossa (e scarpe rosse), si adopera dalla solennità dell'Ascensione fino alla festa di santa Caterina. La mozzetta di damasco bianco con stola bianca (di norma con pantofole bianche) si usa nell'ottava di Pasqua, da dopo la veglia pasquale ai secondi vespri della Domenica in albis.
È importante sottolineare che il colore della stola e degli altri accessori è in relazione al colore della mozzetta e non già del tempo liturgico, seguendo in ciò la simbologia dei colori papali.
Effettivamente, la mozzetta e la stola non costituiscono abito liturgico in senso stretto; pertanto, non dovrebbero mai essere usate in sostituzione dei paramenti liturgici o del manto papale (piviale) per presiedere la liturgia delle Ore, per assistere a celebrazioni pontificali e dare la benedizioni urbi et orbi.
L'uso della mozzetta e della stola è d'obbligo per i Concistori una volta definiti segreti (per le nomine concistoriali, i voti delle cause dei santi) o in quelli in cui si discuteva di alcune situazioni particolari. Il Concistoro ordinario pubblico solenne per la creazione dei nuovi cardinali prevede come abito proprio il manto (piviale) con mitra. Inoltre, va aggiunto che quando vi è l'uso del trono - inteso in questo caso come cattedra liturgica - non è permesso l'uso di mozzetta e stola. Infine, qualora si intendesse conservare l'uso in particolari circostanze della talare di seta, occorrerebbe attenersi alle norme che lo regolano, che, come accennato, sono di competenza del maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.
Queste note, senza alcuna pretesa di completezza, vogliono offrire un piccolo contributo per orientarsi nella continuità, necessariamente "aggiornata", di alcuni elementi della liturgia e delle tradizioni papali, forse non primari ma che rendono visibile l'unicità e la peculiarità del ministero del successore di Pietro.

(©L'Osservatore Romano - 24 luglio 2010)

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