sabato 18 settembre 2010

Bussando alla porta di Westminster. Dove Tommaso Moro fu condannato il Papa tiene il discorso più importante (Rodari)


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Bussando alla porta di Westminster

Dove Tommaso Moro fu condannato il Papa tiene il discorso più importante. La politica non lasci fuori la religione, “non è un problema da risolvere ma un fattore vitale”.

di Paolo Rodari

Cinque secoli dopo la condanna a morte di Tommaso Moro dovuta al rifiuto del politico e intellettuale inglese di accettare l’Atto di supremazia del Re sulla chiesa cattolica, un Papa è entrato ieri per la prima volta nel Westminster Hall, il grande salone all’interno del palazzo del Parlamento inglese utilizzato, oltre che per celebrare banchetti d’incoronazione, esequie solenni e cerimoniali alla Corona, anche per decidere e deliberare la condanna di Moro. E alle 1.800 personalità politiche, accademiche, religiose e diplomatiche il capo della chiesa cattolica ha ricordato ciò che Moro ha significato per il Regno Unito, l’uomo che nel nome della fedeltà alla “propria coscienza” non ebbe paura di “dispiacere al sovrano”, a Enrico VIII che fondò la chiesa anglicana dopo il divorzio dalla regina Caterina: serviva il sovrano perché serviva Dio e ciò che la coscienza gli suggeriva.

Benedetto XVI è arrivato sotto le due torri del Parlamento, sulla riva settentrionale del Tamigi, nel tardo pomeriggio. Era stanco dopo un giorno “alla Wojtyla”: non è usuale per il Papa tedesco pronunciare in poche ore sei diversi discorsi. L’eco dell’arresto dei cinque potenziali terroristi algerini (in serata diverranno sei) non si era ancora smorzata tra la gente. Tanti poliziotti per strada. Nell’aria un po’ di tensione. Ma non si poteva parlare di paura. Molti i londinesi arrivati a salutare il Pontefice, in questa storica tappa del suo viaggio. In tanti l’hanno seguito durante ore convulse: il ritardo di mezz’ora sul programma del mattino; le parole dedicate al concetto di reciprocità perché il dialogo tra le religioni sia fruttuoso, pronunciate proprio mentre le agenzie di stampa rilanciavano le notizie degli arresti; le parole di padre Federico Lombardi per spiegare che il Vaticano si fida di Scotland Yard e rassicurare che “era più rischioso quando eravamo a Sarajevo”, riferendosi al viaggio di Giovanni Paolo II nel 1997 quando dei candelotti di dinamite vennero trovati sotto un ponte dove sarebbe dovuto passare il corteo papale. Infine l’incontro con il primate anglicano Rowan Williams, prima dell’arrivo nelle Houses of Parliament.
E’ stato l’arcivescovo Cormack Murphy-O’Connor, arcivescovo emerito di Westminster, a insistere sull’importanza dell’arrivo del Papa nella sede del Parlamento, simbolo di un paese, ha detto, dove “la fede è in dialogo con la secolarizzazione”. E proprio di questo Ratzinger ha voluto parlare, del rapporto tra fede e politica: “La religione per i legislatori non è un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico nella nazione”.

Il Papa, seduto a metà dell’antica scala del Westminster Hall dove una targa ricorda proprio Moro, ha parlato davanti al vice premier inglese Nick Clegg e a quattro predecessori di David Cameron: Gordon Brown, Tony Blair, John Major e Margaret Thatcher. E a due giorni dalla storica beatificazione del cardinale John Henry Newman, che fece del “primato della coscienza” il senso della sua esistenza, ha ricordato che la chiesa non vuole imporre ai governi i princìpi a cui attenersi. Semplicemente essa intende ricordare che i princìpi morali hanno il proprio fondamento nella ragione. Ogni uomo, in coscienza, può riconoscerli come veri. Anche nel Regno Unito, nel paese che vuole fare della tolleranza il cuore della sua vita pubblica, “vi sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere o tutt’al più relegata nella sfera della vita privata. Vi sono alcuni che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna”.
Sono note le riserve che il Vaticano ha su certe politiche inglesi, a cominciare dall’obbligo, anche per le Ong cattoliche, di concedere l’adozione di bambini a coppie omosessuali. Ma è comunque oltre il particolare che il Papa è sembrato volare: una società che non riconosce il primato della coscienza, e dunque di ciò che Dio ha iscritto all’interno del cuore dell’uomo, diviene intollerante verso i credenti. Mentre, ha detto, “Dio vigila costantemente su di noi, per guidarci e proteggerci”.

Westminster Hall è colma di richiami a Dio, al Trascendente. Prima di congedarsi il Papa ha celebrato i vespri con gli anglicani all’interno dell’Abbazia adiacente. La liturgia era solenne. Rowan Williams e Benedetto XVI l’uno al fianco dell’altro. Parevano commossi. L’intera Abbazia ha intonato il canto introduttivo. Il Papa ha preso la parola: “Ringrazio il Signore di avermi concesso, quale successore di Pietro nella sede di Roma, di compiere questo pellegrinaggio alla tomba di sant’Edoardo il Confessore. Edoardo re d’Inghilterra, modello di testimonianza cristiana”. Il Papa non ha nascosto le difficoltà ecumeniche: “Siamo tutti consapevoli delle sfide e delle benedizioni, delle delusioni e dei segni di speranza che hanno contraddistinto il nostro cammino ecumenico”, ha detto. Ma intanto è entrato, primo Pontefice romano, a Westminster. Con lui politici e diplomatici. E il primate anglicano.

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