venerdì 16 luglio 2010

«Così procedimenti più efficaci e celeri». Il canonista Sabbarese: «Curare anche la formazione dei candidati al sacerdozio» (Mazza)


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Nuove norme antiabusi: il commento di Fr. Z.

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La pedopornografia diventa reato penale anche nella Chiesa. La pedofilia è fra i delitti gravissimi come l'eresia e lo scisma, mentre l'ordinazione delle donne è di competenza della CDF già dal 2007 (Izzo)

Polanski è libero. Per un refuso. Il grandissimo editoriale de "L'Occidentale"

Naturalmente il NYT cita solo opinioni negative, criticando tra l'altro la competenza sul reato di ordinazione femminile, il mancato obbligo di denuncia universale, la mancata eliminazione totale della prescrizione. Miracolo: finalmente hanno capito che la competenza sugli abusi è passata alla CDF solo nel 2001 :-)

La svolta del Papa: "Non indicazioni, ma norme stabili: è punto di non ritorno". Il commento audio di Gian Guido Vecchi

MODIFICHE INTRODOTTE NELLE NORMAE DE GRAVIORIBUS DELICTIS: LE NUOVE NORME E LA LETTERA DELLA CDF AI VESCOVI ED AGLI ALTRI ORDINARI E GERARCHI INTERESSATI

LE NORME DEL MOTU PROPRIO “SACRAMENTORUM SANCTITATIS TUTELA” (2001): INTRODUZIONE STORICA A CURA DELLA CDF (da leggere ed imparare!)

Breve relazione circa le modifiche introdotte nelle Normae de gravioribus delictis riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede

Pubblicate le modifiche alle "Norme sui delitti più gravi": nota di padre Lombardi (Radio Vaticana)
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SCANDALO PEDOFILIA

«Così procedimenti più efficaci e celeri»

Il canonista Sabbarese: «Curare anche la formazione dei candidati al sacerdozio»

È stato pubblicato il documento del dicastero vaticano per la dottrina della fede che aggiorna le norme sui «delicta graviora». Secondo le indicazioni del Papa, si inaspriscono le misure contro i casi di pedofilia commessi dal clero La Chiesa conferma la scelta di trasparenza

DA ROMA SALVATORE MAZZA

Cosa comportano le modifi­che annunciate ieri in ma­teria di abusi sui minori? Che cosa, concretamente, cambia? Si è voluto rimediare ad «alcune lacune sia nella normativa sia nel­la capacità applicativa in ambito diocesano – spiega monsignor Lui­gi Sabbarese, docente di Diritto ca­nonico all’Università Urbaniana – che si erano evidenziate sulla ba­se dell’esperienza compiuta dal 2001 in poi».

In che modo oggi diventa più ra­pido ed efficace l’affrontare casi di abuso sessuale?

Alcune modifiche mi sembrano di particolare rilievo: l’ampliamento della prescrizione da 10 a 20 anni, la facoltà di dispensare dalla via processuale giudiziale e la facoltà di presentare direttamente al Pa­pa, per la dimissione dallo stato clericale, casi estremamente gravi e dove sia manifesta la commis­sione del delitto. Queste due ulti­me facoltà, in maniera diversa, e con le debite garanzie, costitui­scono certo modalità procedurali più adatte per rendere i processi più celeri. Tuttavia il vero proble­ma, forse, non è tanto la celerità, quanto l’intervento adeguato sia nell’individuare la fattispecie del delitto sia nel prendere con rapi­dità i provvedimenti cautelari del caso. Per fortuna oggi è aumenta­ta la coscienza che i delitti da par­te di ministri sacri contro i mino­ri non sono solo un peccato, ma sono violazione gravissima che va punita giustamente, anche fino al­la dimissione dallo stato clericale.

Cosa, in particolare, comporta l’attribuzione alla Congregazione della possibilità di giudicare car­dinali, patriarchi e vescovi?

La competenza della Congrega­zione di giudicare i cardinali, i pa­triarchi, i legati pon­tifici e i ve­scovi era già stata concessa da Giovan­ni Paolo II nel 2004. Ora, tale facoltà, sempre da eser­citare su mandato del Papa, è en­trata a far parte del corpo organi­co delle norme sui delitti più gra­vi.

Se norme del genere fossero sta­te in vigore venti o più anni fa, co­me avrebbero potuto impedire, o attenuare, il verificarsi degli scan­dali che hanno scosso la Chiesa?

Norme sui delitti più gravi sono sempre esistite fin dalla promul­gazione della prima legislazione canonica del 1917, che preve­deva che nell’allora Sant’Uffi­cio ci fosse un supre­mo tribu­nale competente a giudicare de­litti riservati. L’idea che la condot­ta sessuale assolutamente impro­pria da parte di sacerdoti sia un fatto delittuoso è antica nella Chie­sa, ma veniva concepita entri i li­miti del sacramento della peni­tenza, occasione ritenuta più a­datta per perpetrare abusi. In tal senso si deve ricordare che già Be­nedetto XIV nel 1741 aveva ema­nato una costituzione apostolica. Oggi, il riordino della normativa costituisce uno strumento di effi­cace intervento per condannare i casi di abusi da parte di ministri sacri. Ma le norme non sono tut­to, e sono solo il giusto mezzo per condannare i delitti più gravi. Dif­ficile dire se vi sia una ricetta per impedire o attenuare gli scandali. Pertanto sarà necessario porre tut­ta l’attenzione possibile perché già nella fase dell’ammissione al se­minario e della formazione ven­gano messi in atti gli strumenti e­ducativi adeguati per discernere candidati sani e abili al ministero.

La Congregazione per la dottrina della fede sta lavorando a nuove indicazioni per gli episcopati. Si può immaginare in quale dire­zione andranno?

Al momento non è dato sapere niente di preciso al riguardo. Pos­so supporre che un punto nevral­gico sarà la collaborazione dei ve­scovi con le autorità civili, nel ri­spetto di quanto le singole legisla­zioni nazionali prevedono. Oggi infatti le Conferenze episcopali hanno assunto orientamenti di­versi in materia, pur restando in­discusso che bisogna sempre da­re seguito a quanto dispone la leg­ge civile. Un altro aspetto potrà ri­guardare indicazioni pratiche da dare ai vescovi quando vi è notitia criminis , su cosa debbano fare nei riguardi del sacerdote interessato.

© Copyright Avvenire, 16 luglio 2010

Dopo nove anni la riforma della «legge»

Il motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela» firmato da Giovanni Paolo II il 30 aprile 2001 dava delle indicazioni «per definire più dettagliatamente sia i delitti più gravi (delicta graviora) commessi contro la morale e nella celebrazione dei sacramenti, per i quali la competenza rimane esclusiva della Congregazione per la dottrina della fede, sia anche le Norme processuali speciali per dichiarare o infliggere le sanzioni canoniche».
In pratica si trattava di un motu proprio di promulgazione delle «Norme circa i delitti più gravi riservati alla Congregazione per la dottrina della fede, distinte in due parti: la prima contiene le Norme sostanziali, e la seconda le Norme processuali». Negli anni successivi Giovanni Paolo II, su richiesta della Congregazione, concesse delle 'facoltà speciali' che integravano le stesse Norme. Poiché le 'facoltà speciali' muoiono con il Papa che le ha concesse, uno dei primi atti di Benedetto XVI, il 6 maggio 2005, nel corso di una udienza all’arcivescovo Angelo Amato, allora segretario del dicastero, fu quello di confermarle.
Non solo, ma espresse il desiderio che quelle facoltà venissero codificate in legge vera e propria. Il che è avvenuto – insieme con altre integrazioni – con le nuove Norme che lo stesso papa Ratzinger ha approvato, ordinandone la promulgazione, nel corso dell’udienza concessa al cardinale prefetto William J. Levada lo scorso 21 maggio e di cui, negli Acta Apostolicae Sedis, verrà pubblicato un Rescriptum ex audientia Sanctissimi.

© Copyright Avvenire, 16 luglio 2010

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