martedì 26 gennaio 2010
Il Papa: «L’impegno per l’unità chiama tutti i cristiani» (Mazza)
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Il Papa: "Come potranno gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i cristiani, sebbene si richiamino tutti al medesimo Cristo, sono in disaccordo tra loro? In un mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia" (Omelia Vespri)
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«L’impegno per l’unità chiama tutti i cristiani»
DA ROMA SALVATORE MAZZA
Il mondo moderno ha bisogno della «testimonianza comune» di tutti i cristiani. In questo tempo così «segnato dall’indifferenza religiosa» e «persino da una crescente avversione nei confronti della fede» cristiana, è infatti «necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia». E dunque l’impegno per l’unità dei cristiani «non è compito solo di alcuni, né attività accessoria per la vita della Chiesa», ma necessaria «perché il mondo creda». Ma come potranno «gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i cristiani, sebbene si richiamino tutti al medesimo Cristo, sono in disaccordo tra loro?».
Nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, dove secondo la tradizione si chiude ogni anno a Roma la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – «Di tutto ciò mi siete testimoni», il tema di quest’anno – Benedetto XVI ha posto la domanda decisiva che sfida l’ecumenismo.
Indicando, a partire dalla difesa della vita e dalla salvaguardia del creato, quali siano i campi in cui quella testimonianza comune si può concretamente dispiegare.
Nell’omelia dei Vespri solenni celebrati ieri sera, presenti i rappresentanti di tutte le denominazioni cristiane, protestanti, anglicani e ortodossi, papa Ratzinger ha ricordato come «non mancano questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito». Per questo, dunque, «ciascuno è chiamato a dare il suo apporto per compiere quei passi che portino verso la comunione piena tra tutti i discepoli di Cristo, senza mai dimenticare che essa è innanzitutto dono di Dio da invocare costantemente». Di qui, allora, l’auspicio per «una testimonianza comune» delle diverse Chiese e denominazioni cristiane presenti a Roma «di fronte alle sfide sempre più complesse del nostro tempo». Sono, queste sfide, «la secolarizzazione e l’indifferenza, il relativismo e l’edonismo, i delicati temi etici riguardanti il principio e la fine della vita, i limiti della scienza e della tecnologia, il dialogo con le altre tradizioni religiose». E «vi sono poi – ha aggiunto il Pontefice – ulteriori campi nei quali dobbiamo sin da ora dare una comune testimonianza: la salvaguardia del Creato, la promozione del bene comune e della pace, la difesa della centralità della persona umana, l’impegno per sconfiggere le miserie del nostro tempo, quali la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni». Un impegno, secondo Benedetto XVI, da perseguire «mentre siamo in cammino verso la piena comunione», perché «è proprio il desiderio di annunciare agli altri il Cristo e di portare al mondo il suo messaggio di riconciliazione che fa sperimentare la contraddizione della divisione dei cristiani. Come potranno, infatti, gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i cristiani, sebbene si richiamino tutti al medesimo Cristo, sono in disaccordo tra loro?». Un concetto, questo, già accennato dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, nel saluto iniziale alle migliaia di fedeli presenti in San Paolo.
«Ecumenismo e missione – aveva detto – sono inseparabili; sono, per così dire, 'gemelli”». Il punto, però, è appunto «come assolvere in maniera credibile il compito lasciatoci dal nostro Signore, se noi stessi cristiani non siamo uniti e riconciliati tra noi? Pertanto, missione ed ecumenismo sono gli impegni più importanti che il mondo odierno e la cristianità devono riuscire a portare avanti».
© Copyright Avvenire, 26 gennaio 2010
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