lunedì 25 gennaio 2010

Il Papa chiede una nuova evangelizzazione per un mondo, segnato dall'indifferenza religiosa e da una crescente avversione verso il cristianesimo


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Una nuova evangelizzazione per il mondo di oggi, segnato dall'indifferenza religiosa e da una crescente avversione verso il cristianesimo. Lo chiede il Papa a conclusione della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

Comunione e unità: è il binomio che deve caratterizzare i discepoli di Cristo perché la loro sia una testimonianza credibile ed efficace. Lo ha sottolineato il Papa questo pomeriggio nella basilica di San Paolo fuori le Mura, dove ha presieduto i secondi vespri della solennità della Conversione dell’Apostolo delle genti. La celebrazione, cui hanno preso parte i rappresentanti di diverse Chiese, ha concluso, tra l’altro, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, quest’anno sul tema “Di tutte queste cose mi sarete testimoni”. Il servizio di Tiziana Campisi:

“Che tutti siano una sola cosa … perché il mondo creda”: Benedetto XVI ha chiesto ai cristiani anzitutto unità ricordando le parole di Gesù nell’Ultima Cena citate da Giovanni. Perché avverte come necessaria “una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo”, ma anche lì dove il Cristianesimo si è diffuso ed è patrimonio della storia.

E’ un “mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana” quello di oggi, ha osservato il Papa che ha aggiunto:

“Non mancano, purtroppo, questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare tutti assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito”.

Pur se “in cammino verso la piena comunione”, ha proseguito il Pontefice, “siamo chiamati ad offrire una testimonianza comune, e ciò di fronte a sfide come:

“… la secolarizzazione e l’indifferenza, il relativismo e l’edonismo, i delicati temi etici riguardanti il principio e la fine della vita, i limiti della scienza e della tecnologia, il dialogo con le altre tradizioni religiose. Vi sono poi ulteriori campi nei quali dobbiamo sin da ora dare una comune testimonianza: la salvaguardia del Creato, la promozione del bene comune e della pace, la difesa della centralità della persona umana, l’impegno per sconfiggere le miserie del nostro tempo, quali la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni”.

E sull’impegno verso l’unità Benedetto XVI ha poi sottolineato che:

“Ciascuno è chiamato a dare il suo apporto per compiere quei passi che portino verso la comunione piena tra tutti i discepoli di Cristo, senza mai dimenticare che essa è innanzitutto dono di Dio da invocare costantemente”.

Una risposta, in pratica, alla richiesta di incoraggiamento e di orientamento rivolta dal cardinale Walter Kasper. Nel suo indirizzo di saluto al Papa, all’inizio della celebrazione, il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani si era chiesto:

“… come possiamo assolvere in maniera credibile il compito lasciatoci dal nostro Signore, che è quello di annunciare l’unità, la riconciliazione e la pace, se noi stessi cristiani non siamo uniti e riconciliati tra noi? Pertanto, missione ed ecumenismo sono gli impegni più importanti che il mondo odierno e la cristianità devono riuscire a portare avanti”.

Se questi impegni necessitano di un “rapporto costante” con il Risorto e devono essere animati da un “amore profondo verso di Lui”, ha detto Benedetto XVI, c’è da proseguire l’esperienza iniziata cent’anni fa dalla Conferenza missionaria di Edimburgo che ha scelto il tema di quest’anno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Nel 1910 protestanti, anglicani ed un ortodosso diedero impulso all’ecumenismo, oggi il Papa esorta i cristiani a proseguire la strada da loro tracciata sull’esempio dell’instancabile attività missionaria di San Paolo.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

L'avversione verso il cristianesimo è in parte anche il frutto di esternazioni periodiche di vescovi e presbiteri che in materie civilistiche (quindi non direttamente connesse a problemi teologici, dottrinali, etici) sono completamente irrispettosi della sensibilità di molti fedeli, che vengono vistosamente trascurati nelle attenzioni della Chiesa, ormai esclusivamente preoccupata degli extracomunitari.
Le gerarchie si sono impuntate, in maniera squilibrata, su avvitamenti monotematici che feriscono il comune sentire di molti comuni cattolici.

melky73 ha detto...

Come impegnarsi in una nuova evangelizzazione dei paesi di tradizione cristiana, quando i vescovi d'Europa non sanno fare altro che discutere di celibato dei preti e di chiese ai mussulmani? Pensassero, come gli apostoli di cui sono i successori, al "primo annuncio"...