lunedì 25 gennaio 2010
Se l’accusatore di Pio XII è un negazionista (Pierluigi Battista)
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Se l’accusatore di Pio XII è un negazionista
di Pierluigi Battista
Il 17 novembre del 2005 David Irving, lo storico negazionista secondo il quale la Shoah è solo un’invenzione ed Auschwitz non era che un’imitazione di Disneyland, venne arrestato in Austria. Prima di essere fermato, Irving era andato a trovare un amico di nome Rolf Hochhuth: proprio lui, l’autore, con il «Vicario», dello spettacolo teatrale del ’63 che aprì il caso Pio XII e lo scandalo sui «silenzi del Papa» durante l’Olocausto.
Questa è la domanda: cosa avevano da dirsi il negazionista della Shoah e l’uomo che ha denunciato le reticenze di Pio XII proprio sul mostruoso evento che, stando alla vulgata negazionista, nemmeno sarebbe accaduto? Su cosa si è saldata l’incredibile amicizia tra due uomini che, in teoria e secondo la logica più elementare, dovrebbero militare in due campi tra di loro irriducibilmente opposti?
È grazie a un intervento di Bernard-Henri Lévy pubblicato dal Corriere della Sera che è riaffiorato questo conturbante paradosso, questo dettaglio che introduce un elemento inquietante, stravagante, e persino assurdo nella controversia sui «silenzi di Pio XII» in cui, come si è visto anche nel corso della visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, rischia di impantanarsi il dialogo tra ebrei a cattolici. Vale la pena di citare integralmente il passaggio di Lévy: «Tornerò sul fatto che Hochhuth, questo focoso giustiziere, è anche un negazionista patentato, condannato più volte come tale e la cui ultima provocazione, cinque anni fa, fu di prendere le difese, in un’intervista al settimanale di estrema destra Junge Freiheit, di colui che nega l’esistenza delle camere a gas, David Irving». Dunque Hochhuth, l’uomo che denunciò per primo Pio XII per i suoi silenzi e le sue ambiguità sullo sterminio ebraico, non è solo un occasionale amico di un negazionista: ne è anche (ideologicamente?) un sodale e rilascia interviste ai giornali di estrema destra per difenderne con veemenza le tesi.
Nel 2005 la notizia passò pressoché inosservata, se si eccettua un commento sbigottito del Jerusalem Post. Ma oggi, dopo tante polemiche e accuse, come non farsi sfiorare da un dubbio, come ignorare l’ombra che grava su un personaggio che aiuta chi nega lo stesso fatto storico, la Shoah, che è all’origine della sua denuncia dei comportamenti del Papa?
Nell’attesa che Bernard-Henri Lévy ritorni, come promesso, sul caso di questo ambiguo giustiziere-negazionista, sarà utile riflettere sulle tortuose traiettorie mentali e politiche di chi denuncia e nega nello stesso tempo, ma anche sulla necessaria prudenza nel prendere per buone suggestioni ricavate da fonti tutt’altro che trasparenti. Per non permettere che dettagli grotteschi contaminino il ricordo di una tragedia immane, meritevole di interpreti degni della sua terribile portata.
© Copyright Corriere della sera, 25 gennaio 2010
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