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«La più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». Benedetto XVI è sull'aereo che lo porta a Lisbona. Da qui, oggi partirà per Fatima, tappa centrale del suo viaggio in Portogallo. Gli viene chiesto del terzo messaggio di Fatima, se questo messaggio può essere esteso anche ad altri Papi, oltre che all'attentato, a Giovanni Paolo II, e se tra le sofferenze della Chiesa si possano inquadrare anche quelle per gli abusi sessuali sui minori.
Spiega che il messaggio «non va a situazioni particolari». E poi aggiunge: «Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si sapeva sempre, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa».
Il fatto che Benedetto XVI non faccia esplicita menzione allo scandalo pedofilia lascia comprendere che la denuncia riguarda un problema molto più ramificato, e ricorda gli uomini di Chiesa «pronti a mordere e divorare» di cui Benedetto XVI ha parlato nella lettera ai vescovi del 10 marzo 2009. Il Papa definisce il viaggio in Portogallo una visita «di sapienza e di missione». Il Portogallo, avviato da anni verso una «secolarizzazione gentile», ha avuto una brusca accelerata sotto il governo socialista. A loro si rivolge Benedetto XVI, quando spiega che «da una visione sapiente sulla vita e sul mondo deriva il giusto ordinamento della società. Posta nella storia, la Chiesa è aperta per collaborare con chi non marginalizza né riduce al privato l'essenziale considerazione del senso umano della vita. Non si tratta di un confronto etico fra un sistema laico e un sistema religioso, bensì di una questione di senso alla quale si affida la propria libertà». Sono duecentomila le persone che si affollano a seguire la Messa al Terreiro do Paço.
Il Papa snoda anche l'omelia sulla questione della fede, che deve essere il «sale» di ogni cristiano. «Spesso - dice - ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?». D'altronde, Fatima non chiede arretramenti ai cristiani: «Una cultura europea - spiega il Papa - che fosse solo razionalista, e non avesse la dimensione religiosa e trascendente, non sarebbe in grado di entrare in dialogo con le grandi culture dell'umanità, le quali hanno tutte questa dimensione religiosa e trascendente, che è una dimensione dell'essere umano».
L'invito è a non separare secolarismo e cultura della fede. Invito che tocca anche l'economia, perché la crisi, «è un caso di applicazione e di concretizzazione del fatto che due correnti culturali separate devono incontrarsi, altrimenti non troviamo la strada verso il futuro».
© Copyright Il Tempo, 12 maggio 2010 consultabile online anche qui.
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