venerdì 27 agosto 2010
Madre Teresa e la fame più difficile. Nel centenario della sua nascita non fermiamoci all'icona (Fazzini)
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Madre Teresa e la fame più difficile
di Gerolamo Fazzini
Nel centenario della sua nascita non fermiamoci all'icona, ma rileggiamo anche le sue parole sulla prossimità a chi è povero spiritualmente
Una certa vulgata, superficiale e che si affida agli stereotipi, tende a dipingere le giovani Chiese del Sud del mondo come tutte gioiosamente vitali, addirittura effervescenti, in opposizione a un Nord (o all’Occidente) secolarizzato e senza Dio. La realtà è, ovviamente, assai più complessa: premesso che in ogni Nord (culturale e sociale, più che geografico) c’è un Sud e viceversa, oggi la globalizzazione pone la sfida del rapporto con la modernità, seppur in modo differente, a qualsiasi latitudine e in contesti fra loro diversissimi.
Vero è, tuttavia, che esistono vari gradi di «successo missionario» (mi si passi l’espressione) a seconda delle diverse situazioni. Mi è capitato di vedere, in una favela di San Paolo, una chiesa affollata di così tanti giovani che una piccola diocesi italiana sarebbe stata felice di avere come destinatari della sua pastorale giovanile. Nelle Filippine (tanto a Manila quanto nel Sud) si possono incontrare scene di “cattolicesimo di massa” che da noi sono pressoché sparite. Scherzando ma non troppo, qualche tempo fa polemizzavo amabilmente con un padre del Pime attivo nel Nord della Thailandia (zona rurale, popolata da minoranze etniche), affermando che è più difficile oggi annunciare il Vangelo nel centro di Milano, che non in una zona periferica dell’Asia.
Ma che c’entra tutto questo con Madre Teresa, di cui oggi festeggiamo i 100 anni della nascita? C’entra perché la Madre, grande esperta della povertà umana in tutte le sue forme, ci ricorda una preziosa verità. Scrive infatti nel suo testamento: «Non abbiate paura di amare. In India c’è la fame. Ma nel mondo c’è una fame molto più grande, la fame di amore, una terribile solitudine». E altrove troviamo quest’altra sua espressione: «Assai spesso tra i ricchi vi sono persone spiritualmente molto, molto povere. Trovo che non sia difficile dare un piatto di riso a una persona affamata, procurare un letto a chi non ha un giaciglio, ma consolare un certo tipo di amarezza, rimuovere quella solitudine richiede molto tempo».
Queste frasi non vanno lette in termini “consolatori” per noi cristiani occidentali, ma ripropongono un dato di fatto indiscutibile: la missione è rendere possibile il «dacci oggi il nostro pane quotidiano» (promozione umana ecc.), ma è anche concretizzare il «Non di solo pane vive l’uomo» (Annuncio…). Madre Teresa ci richiama al fatto che la seconda sfida è assai più impegnativa della prima, la quale – beninteso! – è tutt’altro che cosa semplice (chi di noi sarebbe pronto a pulire le piaghe purulente di un moribondo, come fanno le Missionarie della carità?).
Forse, alla luce di tutto questo, potrebbe farsi più chiaro perché Papa Ratzinger insista tanto sulla necessità di rievangelizzazione dell’Occidente. Non è per una deriva euro-centrica, bensì perché qui – come negli altri “Nord del Sud” – si gioca la partita più difficile: quella di ridestare la fame di amore – e, in ultima analisi, la fame di Dio - laddove il pane non manca, anzi: viene buttato.
http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=107
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