domenica 5 settembre 2010
Ogni Pastore è chiamato a trasmettere non verità astratte, ma una ‘sapienza’, che coniuga fede e vita: così il Papa a Carpineto Romano
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Ogni Pastore è chiamato a trasmettere non verità astratte, ma una ‘sapienza’, che coniuga fede e vita: così il Papa a carpineto romano
Benedetto XVI si è recato stamani a Carpineto Romano, paese natale di Papa Leone XIII. La visita apostolica nella cittadina laziale, in occasione del bicentenario della nascita di Papa Gioacchino Pecci è stata “breve e tutta concentrata” – ha detto il Santo Padre – nella celebrazione eucaristica in cui troviamo tutto: “la Parola e il Pane di vita eterna, che nutrono la fede, la speranza e la carità”. Davanti a migliaia di fedeli Benedetto XVI ha ricordato i doni spirituali lasciati da Papa Gioacchino Pecci e riferendosi al suo imprescindibile contributo nella dottrina sociale della Chiesa, ha sottolineato che “i cristiani, agendo come singoli cittadini, o in forma associata, costituiscono una forza benefica e pacifica di cambiamento profondo”. Il servizio del nostro inviato a Carpineto Romano, Amedeo Lomonaco:
Davanti ad una piazza gremita, incastonata tra case e monti, il Santo Padre ha ricordato la figura di Leone XIII, nato a Carpineto il 2 marzo 1810. La sua eredità è profondamente legata al primato di Dio. Seguire Cristo – ha affermato il Papa – è “impegnativo” e non può dipendere da “entusiasmi e opportunismi”. Deve essere “una decisione ponderata” presa dopo essersi domandati in coscienza: chi è Gesù per me? “Dio è al di là della nostra portata, e i suoi disegni sono imperscrutabili” ma in Cristo – ha detto il Santo Padre - trovano “risposta le domande dell’uomo di ogni tempo che cerca la verità su Dio”:
“Pur rimanendo sempre vero che ‘Dio, nessuno lo ha mai visto’ (Gv 1,18), ora noi conosciamo il suo ‘nome’, il suo ‘volto’, e anche il suo volere, perché ce li ha rivelati Gesù, che è la Sapienza di Dio fattasi uomo. Così – scrive l’Autore sacro – gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza” (Sap 9,18)”.
Questo richiamo fondamentale della Parola di Dio – ha aggiunto il Papa – fa pensare a due aspetti della vita e del ministero del Sommo Pontefice Leone XIII, la grande fede e la profonda devozione:
“Questo rimane sempre la base di tutto, per ogni cristiano, compreso il Papa. Senza la preghiera, cioè senza l’unione interiore con Dio, non possiamo far nulla, come disse chiaramente Gesù ai suoi discepoli durante l’Ultima Cena (cfr Gv 15,5).
Le parole e gli atti di Papa Pecci lasciavano trasparire “la sua intima religiosità”. Tra le sue Encicliche e Lettere Apostoliche, come il filo in una collana, “vi sono quelle di carattere propriamente spirituale, dedicate soprattutto all’incremento della devozione mariana”. E in questa “catechesi” che scandisce 25 anni di Pontificato sono custoditi anche i “documenti su Cristo Redentore, sullo Spirito Santo, sulla consacrazione al Sacro Cuore, sulla devozione a san Giuseppe, su san Francesco d’Assisi”:
“Tutti questi diversi elementi mi piace considerarli come sfaccettature di un’unica realtà: l’amore di Dio e di Cristo, a cui nulla assolutamente va anteposto. E questa sua prima e principale qualità Vincenzo Gioacchino Pecci la assimilò qui, nel suo Paese natale, dai suoi genitori, dalla sua parrocchia”.
Ma vi è anche un altro aspetto che deriva sempre dal primato di Dio e di Cristo e si riscontra “nell’azione pubblica di ogni Pastore della Chiesa”:
“Ogni Pastore è chiamato a trasmettere al popolo di Dio non delle verità astratte, ma una ‘sapienza’, cioè un messaggio che coniuga fede e vita, verità e realtà concreta. Il Papa Leone XIII, con l’assistenza dello Spirito Santo, è stato capace di fare questo in un periodo storico tra i più difficili per la Chiesa, rimanendo fedele alla tradizione e, al tempo stesso, misurandosi con le grandi questioni aperte”.
Prendendo spunto dalla liturgia e dalla lettera di San Paolo nella quale l’apostolo invita un padrone ad accogliere il suo schiavo Onesimo come fratello in Cristo, il Pontefice ha quindi ricordato “la spinta di promozione umana apportata dal cristianesimo nel cammino della civiltà”:
“La nuova fraternità cristiana supera la separazione tra schiavi e liberi, e innesca nella storia un principio di promozione della persona che porterà all’abolizione della schiavitù, ma anche ad oltrepassare altre barriere che tuttora esistono. Il Papa Leone XIII dedicò proprio al tema della schiavitù l’Enciclica Catholicae Ecclesiae, del 1890”.
Il Papa si è quindi soffermato sul contesto in cui nacque due secoli fa Papa Gioacchino Pecci. L’Europa risentiva della “grande tempesta napoleonica”, la Chiesa e numerose espressioni della cultura cristiana “erano messe radicalmente in discussione”. La vita quotidiana era “dura e difficile” e intanto “si andava sviluppando l’industria e con essa il movimento operaio”. Quando poi fu eletto al soglio pontificio, Leone XIII sentì il compito di presentare “una lettura complessiva e prospettica della nuova società”. Ed è in questa cornice che prende corpo il magistero sociale di Leone XIII, “reso celeberrimo e intramontabile dall’enciclica Rerum Novarum”:
“In un’epoca di aspro anticlericalismo e di accese manifestazioni contro il Papa, Leone XIII seppe guidare e sostenere i cattolici sulla via di una partecipazione costruttiva, ricca di contenuti, ferma sui principi e capace di apertura. Un Papa molto anziano, ma saggio e lungimirante, poté così introdurre nel XX secolo una Chiesa ringiovanita, con l’atteggiamento giusto per affrontare le nuove sfide”.
Salito al Soglio Pontificio nel 1878, dopo la breccia di Porta Pia, Leone XIII - ha detto il Santo Padre - “era un Papa ancora politicamente e fisicamente ‘prigioniero’ in Vaticano, ma in realtà, con il suo magistero, rappresentava una Chiesa capace di affrontare senza complessi le grandi questioni della contemporaneità”. Affrontare le sfide attingendo alla luce del Vangelo significa affidarsi alla Verità. E l’essenziale – ha concluso – è “l’amore di Cristo che rinnova gli uomini e il mondo”.
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