mercoledì 27 gennaio 2010

Rivelazioni su Papa Wojtyla: 'Aveva scritto lettera di dimissioni'. Lettere inedite e rivelazioni di alcuni collaboratori (Gasparroni e Gagliarducci)


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Rivelazioni su papa Wojtyla: 'Aveva scritto lettera di dimissioni'

Le Brigate Rosse progettarono di sequestrare il Pontefice

di Fausto Gasparroni

CITTA' DEL VATICANO - Fin dal 1989 Giovanni Paolo II mise per iscritto la sua volontà di rinunciare alla missione di papa nel caso "di infermità inguaribile" e che impedisse di "esercitare sufficientemente le funzioni del ministero apostolico": rimise però ogni decisione nelle mani di un gruppo di cardinali che, durante la sua lunga malattia, non rese mai operative tali dimissioni. La pubblicazione di tale documento, finora inedito, è una delle rivelazioni contenute in un nuovo libro su Karol Wojtyla, "Perché è santo" (Rizzoli), scritto dal postulatore della sua causa di beatificazione, monsignor Slawomir Oder, insieme al giornalista Saverio Gaeta. Basato sulle 114 testimonianze delle inchieste diocesane e su documenti emersi nella causa di beatificazione, il volume getta luce anche su aspetti poco noti della vita del Papa, tra cui le mortificazioni corporali, compresa l'autoflagellazione con una cinta che faceva portare sempre anche a Castel Gandolfo.

FECE STUDIARE IPOTESI DIMISSIONI ANCHE A RATZINGER - Nella lettera sulle dimissioni citata dal libro, Giovanni Paolo II spiegava di seguire le orme di Paolo VI. Vi si legge: "dichiaro: nel caso di infermità, che si presume inguaribile, di lunga durata, e che mi impedisca di esercitare sufficientemente le funzioni del mio ministero apostolico", di "rinunciare al mio sacro e canonico officio, sia come Vescovo di Roma, sia come Capo della Santa Chiesa cattolica".
Il Papa nelle mani del cardinale decano (prima Gantin e poi Ratzinger) oltre ai capi dicastero e al cardinale vicario (Ruini) "la facoltà di accettare e di rendere operanti questa mia dimissione". Nessuno dei cardinali citati, tuttavia, si è mai preso la responsabilità di "dimissionare" Wojtyla, anche se, negli ultimi tempi, non camminava più e parlava con grande difficoltà a causa della sua malattia degenerativa. In un'altra lettera, del 1994, Giovanni Paolo II ritornava sul problema, rivolgendosi ai cardinali di Curia.
E ribadiva, sempre sull'esempio di Paolo VI, di non poter rinunciare al mandato apostolico se non in presenza di un'infermità inguaribile o di un impedimento tale da ostacolare l'esercizio delle funzioni del Successore di Pietro". Il libro del postulatore ricorda che Giovanni Paolo II "fece studiare il tema dal punto di vista storico e teologico, consultando in particolare l'allora cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ma alla fine si rimise alla volontà di Dio".

TESTIMONI RICORDANO, SI AUTOFLAGELLAVA - I rigorosi digiuni o le notti passate coricato sul nudo pavimento (ai tempi di Cracovia) sono solo alcune delle mortificazione corporali che Wojtyla si infliggeva. "Come hanno potuto sentire con le proprie orecchie alcuni membri del suo stretto entourage, in Polonia come in Vaticano - scrive mons. Oder - Karol Wojtyla si flagellava". "Nel suo armadio - aggiunge - in mezzo alle tonache, era appesa sull'attaccapanni una particolare cintura per i pantaloni, che lui utilizzava come frusta e che faceva portare sempre anche a Castel Gandolfo".

LE BR PROGETTARONO IL SEQUESTRO DEL PAPA - Le Brigate Rosse, poco prima dell'attentato compiuto da Alì Agca il 13 maggio 1981, avevano progettato di sequestrare papa Wojtyla. "Qualche tempo prima dell'attentato - si legge nel volume -, i Servizi segreti italiani avevano segnalato l'esistenza di un progetto di sequestro di Giovanni Paolo II da parte dei terroristi delle Brigate Rosse". Fu forse anche per questo che, subito dopo il ferimento, il Papa condivise col segretario don Stanislaw l'istintiva osservazione: 'Come per Bachelet', in riferimento al cattolico vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura assassinato a Roma dai brigatisti il 12 febbraio 1980".

LA 'LETTERA APERTA' AD AGCA - E' inedita la "lettera aperta" al suo attentatore Alì Agca (rimasta incompiuta) che Giovanni Paolo II cominciò a preparare nel settembre del 1981 - quattro mesi dopo l'attentato del 13 maggio - per la successiva udienza generale del 21 ottobre. In essa il Papa intende nuovamente spiegare la sua scelta di perdonare l'uomo che gli aveva sparato. "L'atto di perdono è la prima e fondamentale condizione perché noi, uomini, non siamo reciprocamente divisi e messi uno contro l'altro, come nemici. Perché cerchiamo presso Dio, che è nostro Padre, l'intesa e l'unione".

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Una lettera aperta per Alì Agca, che Giovanni Paolo II aveva preparato per l'udienza generale del 21 ottobre 1981.

Un testo di Giovanni Paolo II del 1994, nel quale il Papa parlava dell'eventualità delle sue dimissioni.

Andrea Gagliarducci

E poi, il progetto delle Br di rapire Giovanni Paolo II, che sarebbe stato rivelato dalla Digos ai servizi segreti vaticani; la mistica ascetica del pontefice in procinto di essere beatificato, che non esitava a imporsi mortificazioni corporali; il fatto che Giovanni Paolo II credesse alle apparizioni di Medjugorje. È una serie di dettagli che viene fuori dal libro «Perché è santo. Il vero Giovanni Paolo II raccontato dal postulatore alla causa di beatificazione», scritto dal postulatore Slawomir Oder con il giornalista Saverio Gaeta. La beatificazione di Wojtila è ormai in dirittura di arrivo, e la data più indicata sembrerebbe essere il 16 ottobre 2010. Ma, oltre ai dettagli, il libro lascia spazio a qualche interrogativo. Ad esempio, riguardo il testo, sinora inedito, della lettera aperta ad Ali Agcà: nel libro è spiegato che il Papa «in seguito non ritenne opportuno renderla pubblica, probabilmente per motivi prudenziali connessi alle indagini in corso». E aggiunge che «i due fogli del manoscritto sono stati ritrovati con una grande X tracciata sopra».
Chi ha recuperato quelle carte dal cestino?
E poi, è vero che non sono stati distrutti gli appunti di Giovanni Paolo II, come richiesto dallo stesso Papa nel suo testamento? Il cardinal Stanislaw Dziwisz, che è stato vicino a Giovanni Paolo II fino alla morte, aveva detto, in passato, di non aver distrutto quelle carte. E monsignor Oder ha spiegato che «non tutte le carte servono per la causa di beatificazione». Altro documento inedito, il testo (forse destinato a lettura in pubblico) con il quale Giovanni Paolo II avrebbe aperto a delle sue possibili dimissioni: il Papa sosteneva di non poter rinunciare al mandato apostolico «se non in presenza di una infermità inguaribile o di un impedimento tale da ostacolare l'esercizio», cosa che - diceva - aveva messo «per iscritto» . Si riferisce a un testo del 1989, nel quale chiede a decano dei cardinali, vicario di Roma, cardinali capi dicastero di rendere operative le dimissioni in caso in cui egli cadesse malato di un male inguaribile. In pratica, una lettera di dimissioni. Che i cardinali cui era indirizzata non ritennero mai fosse opportuno rendere esecutiva.

© Copyright Il Tempo, 27 gennaio 2010 consultabile online anche qui.

4 commenti:

SERAPHICUS ha detto...

Tutto ciò dice poco su Giovanni Paolo II e rivela molto su Oder che non esita pubblicare una cosa del genere nel mentre una causa di beatificazione è in corso. Sono veramente sconcertato e anche disgustato.

Anonimo ha detto...

Totalmente d'accordo con Seraphicus.
Alessia

sonny ha detto...

Totalmente d'accordo con Seraphicus e Alessia.

euge ha detto...

Mi associo al vostro disgusto ed al vostro sconcerto!