sabato 28 agosto 2010

Dall’Archivio segreto vaticano il primo volume relativo al 1930 dei “Fogli di udienza” del cardinale Eugenio Pacelli, segretario di Stato di Pio XI


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Pubblicato dall'Archivio Segreto Vaticano il primo volume relativo al 1930 dei "fogli di udienza" del cardinale Eugenio Pacelli segretario di Stato di Pio XI

La dolcezza di Davide e la sapienza di Salomone

Una fonte finora ignota di straordinario interesse per la storia contemporanea. Ecco, in estrema sintesi, i "fogli di udienza" del cardinale Eugenio Pacelli - dall'8 febbraio 1930 segretario di Stato di Pio XI e dopo la morte del Pontefice (10 febbraio 1939) suo successore con il nome di Pio XII - appena pubblicati nel volume I "fogli di udienza" del cardinale Eugenio Pacelli segretario di Stato, i (1930), a cura di Sergio Pagano, Marcel Chappin, Giovanni Coco, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2010 ("Collectanea Archivi Vaticani", 72), pagine xxv + 591, con 12 tavole fuori testo, euro 45.
Già quattro giorni dopo la nomina, il 12 febbraio, il porporato iniziò ad appuntare gli incontri con il Papa, e poi anche quelli con diplomatici ed ecclesiastici, con una consuetudine mantenuta quasi quotidianamente per un decennio, fino a poche ore prima della scomparsa di Pio XI. Conservati dall'autore anche dopo l'elezione papale, i 2627 fogli che compongono la serie danno conto, con precisione e immediatezza, di innumerevoli questioni trattate in 1956 udienze, illuminando la prassi di lavoro nel cuore della Santa Sede. Attraverso questa emerge con nettezza la sapiente energia di governo di Pio XI, accanto all'intelligente e assoluta fedeltà di Pacelli.
A quanto risulta dalla documentazione, già il cardinale Pietro Gasparri - predecessore di Pacelli alla guida della Segreteria di Stato (1914-1930) - aveva lasciato appunti occasionali delle sue udienze, ma fu proprio Pacelli a inaugurare la prassi dei "fogli di udienza", poi seguita in vario modo dal suo successore nella carica, il cardinale Luigi Maglione (1939-1944), e dai due "dioscuri" che collaborarono strettamente e fedelmente con Pio XII e con Giovanni XXIII: i monsignori Giovanni Battista Montini (poi divenuto Paolo vi) e Domenico Tardini, autori di moltissimi scritti, appunti, pro-memoria, in larghissima parte ancora inediti (tra questi il diario di Tardini, solo parzialmente pubblicato).
I "fogli di udienza" del cardinale Pacelli sono appunti finalizzati al lavoro della Segreteria di Stato e della Curia romana in stretta dipendenza da Pio XI: un lavoro in progressiva crescita e che il nuovo segretario di Stato organizza prendendo progressivamente in mano e svecchiando un organismo secolare, ma preoccupandosi soprattutto del "bene delle anime", a conferma di quel profilo religioso e sacerdotale già riconosciutogli da alcuni contemporanei, tra cui soprattutto Ernesto Buonaiuti.
Questa particolare natura delle carte spiega la loro scarna essenzialità, anche se - spiega il prefetto dell'Archivio vaticano, il vescovo barnabita Sergio Pagano nella presentazione del volume, di cui diamo in questa pagina alcuni stralci, insieme ad altri brevi estratti - non sono "rari i casi nei quali Pacelli, quasi stenografando, registra le parole stesse del Papa; e in questi casi bisogna pensare che Pio XI dettasse le sue volontà al segretario di Stato con certa calma, in modo che questi potesse riportarne le esatte parole".
Valutazione confermata dalla testimonianza del cardinale Giuseppe Pizzardo che così ricordava l'antico amico e collega, insieme all'origine di questa preziosa fonte documentaria: "Quasi tutte le mattine alle 9 saliva all'udienza del Santo Padre, ed oltre alle pratiche da riferire, portava seco un foglio di carta di dimensioni particolari. In esso scriveva distintamente per ogni affare, e quasi sotto dettatura, la mente del Santo Padre". Aggiungendo che i "fogli costituiranno una precisa fotografia della sua collaborazione al grande pontefice Pio XI". Da parte sua il cardinale Alfredo Ottaviani, specificherà che gli appunti del segretario di Stato "rimanevano nelle sue mani a testimonianza delle decisioni pontificie e a riscontro delle esecuzioni".
E proprio il carattere di strumento di lavoro dei "fogli di udienza" spiega il fatto che il loro autore li abbia sempre conservati con sé, anche dopo l'elezione papale. Ordinati poco dopo la sua morte tra il 1959 e il 1961, sono stati riscoperti nel 2004. Con il primo volume, che presentiamo in queste pagine, è iniziata la loro edizione, aperta dalla prefazione del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato di Benedetto XVI, qui accanto integralmente anticipata.
Puntuali e scarni, i "fogli di udienza" hanno richiesto per la pubblicazione un imponente lavoro di controllo e di scavo nei fondi dell'Archivio Vaticano, che risulta dall'abbondantissima annotazione a cui i curatori hanno aggiunto un ricco apparato: dall'ampia trattazione introduttiva di Giovanni Coco sulla nomina e i primi passi del segretario di Stato alla prosopografia, che identifica i principali personaggi ricorrenti nelle carte pacelliane, sino agli indici, in particolare quello dei nomi, dei luoghi e delle istituzioni.
Nominato segretario di Stato l'8 febbraio 1930 - singolarmente proprio lo stesso giorno in cui nel 1901, non ancora venticinquenne, aveva varcato per la prima volta la soglia della Segreteria di Stato - il cardinale Pacelli ebbe dalla Bulgaria un singolare augurio, formulato da un vecchio monaco ortodosso al rappresentante pontificio, che invocava per lui "la dolcezza di Davide e la sapienza di Salomone". A scrivere al futuro Pio XII era chi gli sarebbe succeduto con il nome di Giovanni XXIII.

(g. m. v.)

(©L'Osservatore Romano - 29 agosto 2010)

La storia tra gli appunti

di Tarcisio Bertone

Sono lieto di presentare il primo volume di un'opera che offre solide basi documentali agli storici che vorranno avvicinarsi a due personalità di prima grandezza quali furono Pio XI e il suo segretario di Stato, il cardinale Eugenio Pacelli. Lo studio critico, ben documentato e minuzioso, frutto di una collaborazione vaticana fra diverse persone e istituzioni archivistiche, mostra il passo in avanti compiuto, sul piano storiografico, con questa edizione di fonti. La maggior parte di esse proviene dall'ampio fondo archivistico della Segreteria di Stato presso l'Archivio Segreto Vaticano e dalle preziose carte appartenenti all'Archivio Storico della Seconda Sezione della Segreteria di Stato, già Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari.
La mia ammirazione è innanzitutto per il contenuto dell'opera e per il segretario di Stato di Pio XI, autore dei preziosi "fogli di udienza" gelosamente da lui radunati e custoditi come la migliore testimonianza del suo fedele servizio al grande Pontefice e suo predecessore Papa Achille Ratti.
Anche a distanza di molti anni, nelle mutate e forse più assillanti condizioni di lavoro cui deve far fronte ogni giorno la Segreteria di Stato della Santa Sede, raffrontando (con la dovuta e quasi scontata circospezione) gli impegni del segretario di Stato, il cardinale Eugenio Pacelli, e gli attuali ritmi e ambiti di lavoro, si può osservare che, quasi nell'identica struttura del lavoro d'ufficio del segretario di Stato, permane intatta anche oggi l'idealità che si legge ad ogni riga dei "fogli di udienza" qui pubblicati, ovvero lo spirito di fedele servizio del segretario di Stato al Santo Padre, quasi la "venerazione" della sua volontà e dei suoi desideri manifesti, lo sforzo quotidiano di dare attuazione alle direttive che il Romano Pontefice esprime per il governo della Chiesa e per il progresso spirituale dei fedeli, così come per la mutua concordia delle nazioni e per la prosperità sociale dei popoli.
Di tale servizio, praticato per tanti anni dal segretario di Stato Pacelli, sono intrise le carte che egli compilava con la sua inimitabile, minuziosa ed elegante calligrafia. Da queste numerose carte traspaiono, a un tempo, le figure dei due protagonisti dei colloqui svoltisi durante le udienze: Pio XI e il cardinale segretario di Stato. Una robusta tradizione della Segreteria di Stato, appartenente alla prassi dei segretari "nepoti", o di fiducia, dei Pontefici della Rinascenza, scandiva i ritmi d'ufficio del segretario di Stato Pacelli, come di tanti altri prima e dopo di lui, fino a oggi. Il vasto, non sempre facile e paziente servizio del segretario di Stato di Pio XI viene qui colto a partire dalla immediatezza dei suoi "fogli di udienza", che grazie al lavoro degli editori vede ora la luce relativamente all'anno 1930, il primo degli otto anni pieni e qualche mese del mandato di segretario di Stato.
Mille e mille questioni occuparono il tempo e i pensieri di Pio XI e del cardinale Pacelli lungo tanti anni, come bene testimoniano questi "fogli": dalle più minute richieste di sussidi (alle quali il Pontefice, come si legge, non restò mai insensibile o esterno) alle rilevanti questioni ecclesiali e politiche, tanto più complicate, quanto più avanzano gli anni che separano le ferite della prima guerra mondiale da quelle della seconda. Si resta ammirati nel vedere la cura che Papa Ratti riservava a ogni questione, all'ascolto di ogni voce, alla discussione dei tanti ricorsi, alla complicatissima rete di accordi e di concordati che cercava di tessere con gli Stati europei e extra-europei. Una cura vigilante, fra le attenzioni diuturne, Pio XI riservò per l'Italia dell'età fascista, la Russia sovietica, la nascente ideologia nazionalsocialista in Germania. Vediamo già nel 1930 alzarsi il livello di guardia della Santa Sede per tali programmi politici e le loro organizzazioni; ma tanto più potremo studiare il crescente distacco e anzi l'aperta disapprovazione di quei governi da parte del Papa e della Santa Sede (com'è ben noto) man mano che procederà l'edizione dei "fogli di udienza" per gli anni successivi al 1930, fino al febbraio del 1939, anzi fino alla vigilia della morte di Pio XI, allorquando iniziavano le pratiche per i funerali del Pontefice e per il conclave, dal quale uscirà eletto Pontefice proprio il cardinale Eugenio Pacelli.
Mi auguro che i meriti del presente lavoro saranno apprezzati dagli storici. Il lettore avrà modo di riconoscere nella scrupolosa e minuziosa spiegazione dei testi, il lungo e apprezzabile lavoro di "scavo", che i curatori hanno voluto compiere per dar compiuta ragione, documenti alla mano, di ogni pur minima annotazione di Eugenio Pacelli. La sua statura umana e cristiana, come diplomatico, segretario di Stato e Pontefice, al di là di coloriture preconcette e distorte, risulta delinearsi sempre meglio con il passare del tempo.
Rivolgo il mio plauso ai curatori della presente edizione, al personale dell'Archivio Segreto Vaticano e dell'Archivio della Seconda Sezione della Segreteria di Stato, a quanti hanno contribuito a far sorgere l'idea della pubblicazione sistematica dei "fogli di udienza" di Pacelli. Edizione che auspico possa proseguire con celerità (compatibilmente con i tempi di lavoro necessari), perché sono certo che la sana curiositas degli storici, stimolata da siffatta impresa, ne esigerà la continuazione, protesa com'è a conoscere quanto si dibatteva nello studio privato del Pontefice e in quello del suo segretario di Stato, negli anni cruciali per la vita ecclesiale e civile del Novecento, come furono quegli anni alla vigilia della seconda guerra e gli ultimi mesi di vita del Papa di Desio.

(©L'Osservatore Romano - 29 agosto 2010)

Cosa c'è, cosa manca e perché

di Sergio Pagano

Il lettore accorto, quando avrà a sua disposizione l'edizione completa dei "fogli di udienza" redatti dal cardinale Pacelli fra il 1930 e l'incipiente febbraio del 1939 (il che avverrà, Deo adiuvante, negli anni prossimi), noterà senza dubbio l'assenza di importanti argomenti ecclesiali, politici e diplomatici ben noti agli storici. Sorprendente apparirà, ad esempio, nei "fogli" delle udienze del febbraio e marzo del 1937, la mancanza di ogni accenno all'enciclica Mit brennender Sorge, pubblicata dallo stesso Pio XI il 14 marzo di quell'anno; il 18 marzo 1937 si parlò in udienza dell'"ordinamento ecclesiastico in Etiopia" e nell'udienza del 27 marzo seguente di una lettera del padre Gemelli; dell'enciclica, dei suoi preparativi e della sua accoglienza neppure una parola. Come spiegare poi il silenzio assoluto nei "fogli" delle udienze del novembre 1938 riguardo al pògrom dei nazisti condotto nella notte fra il 9 e il 10 novembre in tutta la Germania, noto come la "notte dei cristalli"? Abbiamo un "foglio" di Pacelli per l'udienza con il Papa il 12 novembre 1938, ma in esso non si fa cenno al gravissimo accadimento. Parimenti strano appare che fatti rilevanti per la vita della Chiesa, certamente portati all'attenzione e trattati da Pio XI con il suo segretario di Stato non trovino il minimo riscontro nei "fogli" delle udienze. Si deve però riflettere sul carattere eminentemente "pratico", burocratico, d'ufficio che hanno i "fogli" di Pacelli; in essi il cardinale registra sempre e soltanto ciò che ha rilevanza per il disbrigo di corrispondenza fra la Segreteria di Stato, i dicasteri della curia romana, le ambasciate, i governi, i nunzi o delegati apostolici, i cardinali, singole persone, alle richieste delle quali occorreva dare una risposta. Argomenti di politica o di governo della Chiesa, ovviamente ancora più rilevanti, è ovvio pensare che fossero oggetto di attenzione del Papa e del suo segretario di Stato (e di altri immediati collaboratori); di questi colloqui però, almeno a quanto oggi possiamo dire, Pacelli non prendeva appunti, o al massimo si limitava a scrivere alcune annotazioni sui documenti stessi oggetto delle discussioni.
Così, per tornare agli esempi anzidetti, se per l'enciclica Mit brennender Sorge non abbiamo tracce evidenti nei nostri "fogli", troviamo però appunti manoscritti di Pacelli ex audientia Sanctissimi nell'interessantissimo fascicolo che conserva le bozze dell'enciclica portate in udienza a Pio XI dal segretario di Stato e discusse, anzi corrette, dal Pontefice stesso: in diversi punti delle bozze preparatorie dell'enciclica, di mano di Pacelli, abbiamo annotazioni del tipo "correzioni non accettate dal S. Padre", "correzione suggerita dal S. Padre"; vi sono anche appunti manoscritti di Pacelli in data 18 gennaio 1937 sull'incontro che egli ebbe quel giorno (dalle ore 18 alle 19 e tre quarti) con i cardinali e alcuni vescovi tedeschi nel merito dell'enciclica stessa.
Quanto al secondo esempio, l'assenza nei nostri "fogli" di cenni alla notte dei cristalli, noteremo che la tristissima vicenda fu trattata da Pio XI e da Pacelli soprattutto in relazione alle leggi razziali italiane.
Infatti, quando il rapporto del nunzio a Berlino Cesare Orsenigo relativo al "vandalismo antisemita" (Kristallnacht), in data 15 novembre 1938, giungeva in Segreteria di Stato (il 19 novembre), già erano state emanate le tristi leggi italiane sulla razza; tanto Papa Ratti quanto il cardinale Pacelli avevano tentato di "dissuadere" il re Vittorio Emanuele iii e Mussolini da un simile passo. La Segreteria di Stato vaticana aveva recepito il rapporto di Orsenigo come intimamente connesso a ciò che avveniva in Italia contro gli ebrei e ormai la questione razziale in Germania veniva trattata in unione con quella italiana. Segno di questa "osmosi" è il dispaccio numero 4648 del 3 dicembre 1938 diretto a monsignor Orsenigo in Germania per accusare ricevimento del rapporto del nunzio sulle "leggi antisemite"; tale testo, spedito a nome di Pacelli, fu rubricato e collocato nella posizione d'archivio "razzismo fascista" sotto la nazione italiana. Da ciò la mancanza nei nostri "fogli" di un cenno esplicito alla Kristallnacht nel novembre del 1938. Il tema si trova implicitamente trattato nelle udienze che hanno per oggetto le leggi razziali italiane.
(...) Appare senza dubbio nei "fogli" di Pacelli il personaggio principale, ovvero il Papa Pio XI, "osservato" nel privato, nei colloqui con il suo segretario di Stato, libero di esprimersi senza remore di protocollo, sicuro di parlare a un collaboratore fedele, discretissimo, esecutore scrupoloso della sua volontà, quale fu in effetti il cardinale Eugenio Pacelli. Ma nel sottofondo di questi preziosi resoconti di udienza, a una lettura attenta (forse pure fra le righe) appare anche la personalità del segretario di Stato, futuro Pio XII.
Personalità, stile diplomatico, programma ecclesiale e di politica ecclesiastica che Pacelli svela sia nello stile (persino nella terminologia) con il quale redige i "fogli" di udienza con il Papa, sia soprattutto nei "fogli di udienza" con gli ambasciatori, ministri, personalità politiche da lui ricevute in Vaticano. La duplice veste dei "fogli" di Pacelli - udienze con il Pontefice e udienze con gli ambasciatori - consentirà allo storico di cogliere nei primi la linea di governo di Pio XI e nei secondi i moventi e quasi l'animus del segretario di Stato Eugenio Pacelli. Le due "fonti" non vanno disgiunte, ma piuttosto lette in sinossi, in modo da cogliere l'idem sentire di Papa Ratti e di Pacelli, ma anche le differenze di vedute e di programmi dei due uomini di Chiesa. Anzi, a ben vedere, sembra possibile leggere come in filigrana, in questo complesso di scritti, ma soprattutto nei "fogli" di udienze del segretario di Stato con gli ambasciatori, i moventi e le ispirazioni che vedremo manifestate nel successivo pontificato di Pio XII.
Se - ad esempio - sul cruciale problema del comunismo ateo Pio XI e Pacelli concordano perfettamente nel loro pensiero, su altri temi, quali la politica della Germania, l'antisemitismo, il rapporto Stato-Chiesa sotto il fascismo in Italia, le posizioni dei governi francese e spagnolo di fronte alle Chiese locali e alle loro gerarchie, la pratica dei concordati (per tacere altri aspetti), Pacelli nutriva forse posizioni un poco diverse da quelle di Papa Ratti, pronto però sempre a eseguire gli ordini del Papa una volta che questi avesse espressa la sua linea di pensiero. Non è anzi escluso (come lascerebbero intuire alcuni passi dei nostri "fogli") che il fedelissimo segretario di Stato riuscisse qualche volta (sembra quasi impossibile crederlo, dato il carattere imperioso di Papa Ratti) a convincere il Pontefice nel merito, ad esempio, di atteggiamenti prudenziali da tenere nei riguardi di certi governi, anche di fronte a loro mosse discutibili, oppure sull'opportunità di proseguire pazientemente le trattative concordatarie, pure quando la Santa Sede incontrava ostacoli da ogni parte e Pio XI sulle prime si irrigidiva.
È ben evidente che i "fogli di udienza" di Pacelli non esauriscono il panorama dei colloqui "d'ufficio" di Pio XI, perché il Papa aveva rapporti diretti anche con i subalterni del cardinale Pacelli alla Segreteria di Stato, che nel tempo furono Francesco Borgongini Duca, Giuseppe Pizzardo, Alfredo Ottaviani, Domenico Tardini e Giovanni Battista Montini. Anche costoro, ciascuno a proprio modo e in diverse forme, hanno lasciato memorie o appunti delle udienze abituali con Papa Ratti, chi con semplici e scarni scritti sulle pratiche stesse trattate in udienza, chi su foglietti inseriti nei fascicoli d'ufficio, chi - come Tardini - inserendo i ricordi delle udienze papali, con toni vividi e vivaci, nel suo Diario. Nessuno di loro però ha curato con pari sistematicità, continuità e precisione i resoconti di udienze come fece il segretario di Stato Pacelli. Da qui, come si comprende, la scelta di privilegiare anzitutto i suoi "fogli", da integrare poi, o da affiancare, con i ricordi e le memorie dei suddetti prelati, suoi collaboratori, disseminate in tante e tante posizioni dei vasti fondi della Segreteria di Stato.

(©L'Osservatore Romano - 29 agosto 2010)

E alle nove di mattina Pacelli saliva da Pio XI

di Giovanni Coco e Sergio Pagano

La giornata del cardinale Pacelli aveva inizio al mattino presto e dopo la celebrazione della messa e la successiva meditazione, alle 9, talvolta dopo aver consultato brevemente i suoi collaboratori, si recava dal Pontefice per la quotidiana udienza di tabella. Insieme alle pratiche che sarebbero state oggetto di discussione, egli portava con se un piccolo bifoglio, sul quale annotava velocemente, inizialmente a matita e con sempre più frequenza a penna, la "mente del Santo Padre", ovvero le disposizioni dettate dal pontefice su una certa questione. Queste mentes venivano appuntate una dietro l'altra, lasciando un ampio margine di spazio tra di loro. I testi che ne derivavano erano quasi sempre improntati ad un linguaggio spesso scarno e telegrafico, assolutamente scevro di considerazioni personali da parte del segretario di Stato, ma talvolta ricco di digressioni e giudizi espressi dal Pontefice.
Conclusa l'udienza, che poteva protrarsi anche per più di un'ora, il cardinale faceva rientro nel suo ufficio e seduto alla sua scrivania decideva se ricopiare in maniera calligrafica gli appunti presi o se conferire un aspetto più formale al foglio di udienza; Pacelli preferiva generalmente questa seconda opzione, che gli permetteva di risparmiare tempo.
In primo luogo ricalcava con un'altra penna la scrittura sul foglio, per renderla più nitida e chiara, apportando talvolta correzioni o aggiunte; poneva tra parentesi tonde o quadre (talvolta indicate a matita) quelle frasi che rappresentavano una riflessione personale del Papa e quindi non dovevano essere riportati nei documenti della Segreteria di Stato; apponeva una datazione al foglio, che talvolta era completata dall'indicazione del giorno della settimana o persino da informazioni tratte dal calendario liturgico; ad ogni "mente" faceva corrispondere una "rubrica", ovvero un breve titolo posto al rigo superiore, che conteneva sinteticamente tutti i riferimenti necessari per identificare la questione trattata e la relativa pratica; inoltre Pacelli tracciava una linea orizzontale di demarcazione con l'intento di distinguere chiaramente gli argomenti trattati in udienza; infine, se erano stati necessari più fogli per raccogliere gli ordini del Pontefice, numerava il secondo bifoglio in modo che risultasse chiaramente come un'appendice del primo.
In alcuni casi, qualora avesse avuto il tempo di stilare due fogli differenti, Pacelli annotava in margine a ciascuno l'ufficio di competenza al quale era destinato: "Alla Prima Sezione" o "Alla Seconda Sezione".
Questa prassi, seguita fedelmente sebbene con qualche occasionale svista o dimenticanza, era propedeutica per la "circolazione" del foglio di udienza. Infatti conclusa la revisione, Pacelli convocava il sostituto della Seconda Sezione della Segreteria di Stato e il segretario della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, ai quali mostrava il contenuto del "foglio di udienza"; nel caso in cui il cardinale non avesse già predisposto un foglio ad hoc, i sostituti trascrivevano a loro volta le questioni di pertinenza del proprio ufficio, marcando a matita (rossa e blu) sul margine sinistro del testo originale l'avvenuta registrazione.
Quindi una volta rientrati nei propri uffici, i capi-dicastero convocavano i minutanti che dovevano avere cura di trascrivere, a mano o a macchina, l'appunto contenente il testo della singola pratica che erano incaricati di seguire. Sulla base di tali disposizioni, i minutanti preparavano le bozze dei documenti richiesti, che venivano successivamente corrette dai capi-dicastero. Nel tardo pomeriggio le minute erano pronte e potevano essere sottoposte al segretario di Stato. Ricordava Tardini che Pacelli "molto curava anche lo stile dei dispacci e badava assai alla presentazione esteriore dei fogli dattilografati. Se trovava in questi un piccolo errore di scrittura, rinviava il dispaccio per la correzione e, soltanto dopo corretto l'errore, apponeva la sua firma. Ciò faceva con tanta gentilezza, senza mai rivolgere una parola di rimprovero o mostrare il più lieve risentimento. Ma i fatti erano più eloquenti delle parole. Ogni sera mandavamo a lui una enorme borsa di pelle con tanti dispacci da firmare (certe volte erano un centinaio). La mattina seguente la borse ritornava in ufficio. All'interno c'erano come due scompartimenti: in uno il cardinale poneva i dispacci firmati: nell'altro metteva quelli non firmati.
Questo secondo settore era chiamato da noi scherzosamente l'"infermeria". Naturalmente noi eravamo tanto più contenti, quanto minore era il numero degli ...infermi".
Ma soprattutto in questa fase di verifica il cardinale Pacelli controllava la corrispondenza tra il testo delle minute e quello dei "fogli di udienza". Questa sistematica opera di revisione veniva condotta alla maniera della "puntatura", marcando con segni convenzionali (punti o asterischi) sul margine destro del foglio le decisioni che avevano avuto regolare corso; in altri casi il cardinale annotava a matita, accanto ad una questione trattata, la parola "fatto".
D'altra parte le pratiche non corrispondenti pienamente alla "mente" espressa in udienza venivano rimandate indietro con le opportune correzioni da apportare. Giunta la sera, il segretario di Stato generalmente si recava ancora una volta dal Pontefice per un'ulteriore scambio di vedute e qualora fosse stato necessario Pacelli prendeva nuovamente nota delle disposizioni dettate da Pio XI; nel contempo Pacelli gli sottoponeva anche il sunto delle conversazioni avute nel corso delle proprie udienze private in Segreteria di Stato.
Infatti il cardinale Pacelli era solito redigere anche i "fogli di udienza" privata, che erano il resoconto delle principali materie trattate durante gli incontri avuti da lui con varie personalità: ecclesiastici e laici di ogni condizione ma soprattutto il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Da riscontri coevi si conosce che in un primo momento il giorno fissato dal segretario di Stato per le udienze con gli ambasciatori era il venerdì, dopo le ore 10, ma proprio dai "fogli di udienza" si apprende che già nel corso del 1930 il cardinale Pacelli aveva preso l'abitudine di ricevere con più frequenza i suoi interlocutori, che spesso si lamentavano per i ritardi del cardinale o le lunghe attese per incontrarlo; di conseguenza questi appuntamenti divennero pressoché quotidiani e in taluni casi vennero concesse udienze anche nei giorni festivi.
Anche nel corso di tali udienze il metodo di lavoro del cardinale Pacelli era simile a quello descritto in precedenza. Egli teneva con sé un bifoglio sul quale annotava, a matita o a penna, il titolo del proprio interlocutore (ad esempio "ambasciatore di Francia") e gli argomenti toccati durante le conversazioni, avendo cura di riportare solo quelle materie o quei giudizi che a suo parere avevano una qualche rilevanza per lo svolgimento di future pratiche.
In alcuni casi il cardinale si limitava a scrivere il nome e la qualifica del suo interlocutore, senza segnalare nessun argomento (si trattava forse di visite di cortesia); talvolta invece aggiungeva indicazioni relative al giorno e all'ora o a particolari circostanze.
I testi che ne risultavano mostrano significative differenze rispetto a quelli delle udienze con il Pontefice, perché appaiono più lunghi, articolati e ricchi in particolari; ad ogni modo dalla lettura di queste carte emergono chiaramente le idee e le opinioni sia del segretario di Stato che dei suoi interlocutori.
Declinato il giorno, Pacelli procedeva a correggere e talvolta a ricopiare gli appunti o l'appunto su un nuovo foglio, in cui il testo sarebbe stato strutturato con maggiore ordine e precisione, e nel caso in cui fosse stato necessario usare un altro bifoglio, su quest'ultimo sarebbe stata apposta una nota di richiamo oppure una numerazione.
Tanta cura era necessaria poiché il giorno seguente quei fogli erano destinati ad essere sottoposti alla lettura del Papa, che con interesse ne scorreva le righe, sottolineando in qualche caso alcuni passi o udienze di particolare interesse. Quest'ultima ragione, in concomitanza con i primi segni del declino della salute del Pontefice, indusse Pacelli ad introdurre la consuetudine di dattiloscrivere quegli appunti.
I fogli dattiloscritti compariranno per la prima volta nel 1933 e rimarranno una costante, salvo un'ampia parentesi relativa agli anni 1936 e 1937, fino al 1939. Redatti su carta più grande e deliberatamente voluti per offrire un testo ancor più nitido e chiaro, la cui lettura sarebbe stata molto più scorrevole per Papa Ratti, tali dattiloscritti presentano alcune evidenti caratteristiche formali che ne sottolineano l'ufficialità, come l'ordine regolare dei capoversi e la numerazione dei singoli fogli; inoltre tra questi si conservavano veri e propri minuziosi verbali di colloqui.
Di questa puntigliosa sistematicità sono testimoni anche gli appunti del cardinale Pacelli per le sessioni cardinalizie della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari. Si trattava di lunghe note, redatte anch'esse su piccoli bifogli, che venivano preparate con cura nei giorni precedenti alla sessione e non di rado anche i comuni "fogli di udienza" servivano da documenti preparatori; il testo, dall'aspetto informale, con molte correzioni a palinsesto, era costituito dall'intervento principale che il cardinale avrebbe letto nel corso del dibattito per motivare il suo voto sulle questioni in esame.
Tuttavia poiché quelle note erano destinate ad essere ricopiate nel verbale ufficiale della sessione, Pacelli aveva cura di segnalare nei propri appunti anche quelle modifiche apportate al proprio intervento durante il dibattito, trasformando di fatto la minuta di un discorso in un verbale. Tali fogli offrono pertanto la vivida testimonianza dei "colloqui ufficiali" che il segretario di Stato ebbe su alcune delicate materie con altri scelti porporati. In definitiva la giornata lavorativa del segretario di Stato si concludeva solo in tarda sera o a notte inoltrata con la revisione delle pratiche, la redazione di appunti di studio e la firma di dispacci.

(©L'Osservatore Romano - 29 agosto 2010)

I «fogli» delle prime udienze

12 febbraio – Pontefice

Artistico Volume di tutti i Collegi del Centro America (ne ha parlato l'Osservatore Romano, rubrica Omaggi giubilari). Rivolgersi a Mgr Frediani, Osservatore Romano. Ringraziare per il tramite della Nunziatura.

15 febbraio – Udienza privata

Sig. Ambasciatore Spagna. Dovendo essere richiamato dal suo ufficio, chiede quanto prima Udienza di congedo dal S. Padre per sé, Ambasciatrice, figli e nipote.

18 febbraio – Pontefice

Esaminare il caso e poi si potrebbe rispondere che ad ogni modo, fino a che non sarà emanata la Bolla di circoscrizione, i territori romeni che prima dipendevano dalla Propaganda 739 rimangano alle dipendenze della stessa S.C.

Gli incontri subito dopo Natale

26 dicembre – Pontefice

Istanza del Sig. Jos. Schmölz (Ulm a/Donau), 17.XII.30. Inviata alla S.C. del Concilio. Esposto del p. Reichert sulla conversione del Prof. Peterson. Chiamare il Padre e dire che il S. Padre ha letto con molto interesse l'appunto, si congratula col Padre Reichert e col convertito, e chiedere se forse attende una udienza o benedizione speciale.

Rapp. di Mons. Pellegrinetti – Udienza del Re e Concordato, N. 11533. La S. Sede è sempre disposta a trattare per il Concordato, ma non mostrare fretta.

Lettera del Vescovo di Cremona sul Centenario della nascita di Mons. Bonomelli. Incaricare qualcuno di preparare qualche cosa di molto sensato sul Bonomelli e le sue idee sulla Conciliazione, tenendo presente che egli, senza dubbio cercando il bene delle anime, voleva la Conciliazione à tout prix. Preparare, ma non pubblicare. Scrivere al Vescovo, ma sub secreto, in modo riservatissimo. Sarà bene che faccia preparare un lavoro simile. Ma insieme farlo preparare anche qui, dalla Civiltà Cattolica, per es. dal p. Rosa. O piuttosto dire al Vescovo: V.E. farà bene a far molta attenzione ed avvisarci se vi fosse un pericolo di simili cose. Ed il p. Rosa ne parli al S. Padre, che conosceva benissimo il Bonomelli; e prepari qualche cosa.

27 dicembre – Udienza privata

L'Ambasciatore del Brasile ha parlato dell'opera insigne compiuta dal Card. Leme in Brasile durante la recente rivoluzione. Ha raccomandato per un posto in Vaticano il Conte Aventi, che ha per moglie una nipote degli E.mi Vannutelli, e che si trova in grande necessità.

L'Ambasciatore di Germania ha raccomandato di nuovo la nomina di Mgr Kaas a Rettore del Campo Santo Teutonico.

L'Ambasciatore di Polonia ha lodato moltissimo il discorso del S. Padre nella vigilia di Natale. Si è rallegrato che Sua Santità lo ha incaricato di salutare Pilsudski.

L'Ambasciatore di Francia ha pure vivamente elogiato il discorso anzidetto, che ha sorpassato tutte le sue aspettative. Ha aggiunto avergli il S. Padre detto che anche l'Ambasciatore di Germania aveva espresso la sua soddisfazione.

L'Ambasciatore d'Italia si è lamentato a nome del Capo del Governo di un articolo della Germania di Berlino del 19 Dicembre 1930. Ha parlato di cose di famiglia e del pericolo corso da suo figlio di rimanere morto nella camera del bagno per fuga di gas. Nulla ha detto del discorso del S. Padre.

L'Ambasciatore di Spagna ha parlato dell'ordine restituito colà grazie all'energia del Generale Berenguer. Ha parlato anche della importanza del discorso del S. Padre.

(©L'Osservatore Romano - 29 agosto 2010)

2 commenti:

anonimo boemo ha detto...

giusto difendere papa pacelli.
peccato che l'osservatore non abbia mai dedicato ben quattro articoli in un solo giorno alla difesa di benedetto xvi da accuse smontabili in modo elementare.
brutto segno.

sonny ha detto...

Scusa per l'OT. Iniziamo a deliziarci:

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