giovedì 17 dicembre 2009
Se i giornalisti fanno passare solo il male (Francesco Antonio Grana)
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Il Papa: "Esiste, secondo Giovanni di Salisbury, anche una verità oggettiva e immutabile, la cui origine è in Dio, accessibile alla ragione umana e che riguarda l’agire pratico e sociale. Si tratta di un diritto naturale, al quale le leggi umane e le autorità politiche e religiose devono ispirarsi, affinché possano promuovere il bene comune" (Catechesi)
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Don Paolo Padrini: Da oggi sarà possibile mandare gli auguri di Natale a Papa Benedetto XVI tramite Facebook
Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine pubblichiamo:
Se i giornalisti fanno passare solo il male
FRANCESCO ANTONIO GRANA
“Gesù ti prego che il mio papà lavori di nuovo”. Ho trovato questa frase scritta su un cartoncino a forma di stella appeso al grande albero di Natale che abbiamo fatto in parrocchia.
Non poteva lasciarmi indifferente. Ho percepito il dramma della disoccupazione, comune a tante famiglie in questo tempo di crisi. Storie di persone invisibili, come le ha chiamate il Papa il giorno dell’Immacolata, che ogni tanto occupano le pagine dei giornali e vengono sfruttate finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione.
Un esame di coscienza per noi giornalisti. Spesso siamo bravi a fare le diagnosi, ma come pazienti lasciamo molto a desiderare non volendo mai assumere la cura che ci prescriviamo da soli con solenni dibattiti sul futuro della nostra professione. Più proclami che voglia di rinnovare un mestiere che non perde il suo fascino.
“Ogni giorno - ha detto recentemente Benedetto XVI - attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula”.
Ho letto sui giornali diversi commenti a queste parole del Papa. Più difese d’ufficio, con un malcelato risentimento, da parte di chi si è sentito toccato da quelle parole, che analisi attente al problema che Benedetto XVI ha messo in risalto.
Tanti colleghi che sostengono che questo Papa sia vittima quotidiana di caricature, si sono ritrovati ad applicargliene di nuove per respingere le sue parole sui media. Nessuno ha avuto il coraggio di mettere sotto esame il proprio operato, sperando che le parole del Papa trovino presto l’oblio.
“Per essere buoni giornalisti - ha scritto il cardinale Dionigi Tettamanzi -, per realizzare ottimi strumenti, per non essere travolti dalle nuove tecnologie, prima di ogni regola e di ogni codice deontologico è necessario coltivare dentro di sé i valori che sono a fondamento della propria umanità e di quella degli altri, mantenere vivo il desiderio di crescere come persona, custodire l’interiorità, possedere quella spiritualità che spinge alla ricerca della verità come primo obbligo morale del nostro essere uomini”.
In questo tempo di preparazione al Natale, è possibile trovare anche tra le statuine del presepe napoletano tre tipi di giornalisti. Razzullo, lo scrivano partenopeo, che gira per la città con il taccuino in mano per prendere appunti, per raccontare la quotidianità che spesso non fa notizia, è il giornalista di strada, specie rara e in via d’estinzione. Non perde nulla della vita della sua realtà. Partecipa a tutti gli incontri. Nulla sfugge alla sua penna. Egli sa che i veri scoop non sono gli eventi incredibili che spesso raccontiamo e purtroppo, a volte, creiamo. Ma sono i fatti semplici di ogni giorno che spesso non riusciamo a vedere. Poi c’è Benino, il pastore dormiente, che rappresenta il giornalista distratto, assente, che racconta nei suoi articoli eventi che non ha visto, affidandosi completamente alle veline preparate dagli uffici stampa e ai lanci di agenzia. Il giornalista che non verifica le sue fonti. E, infine, c’è il pastore della meraviglia, sempre desto e in attesa, che rappresenta il giornalista d’inchiesta, quello che cerca la notizia senza mai demoralizzarsi. Quello che è pronto a mettersi sempre in discussione, ad abbandonare i pregiudizi che hanno dato origine alla sua inchiesta, se verificherà notizie contrarie alle sue idee di partenza. È il cercatore della verità. Ostinato, non si arrende dinanzi ai cliché. Sa che bisogna raccontare gli eventi oltre le mode del pensiero. E non gli importa se spesso si ritroverà solo e incompreso. La sua forza è la certezza che solo la verità ci farà liberi.
E “per trovare la sintesi della verità - come sostiene Pino Blasi, per quattordici anni alla guida del Tgr Campania della Rai - bisogna lasciarsi cullare dai dubbi e insieme dalle certezze”.
© Copyright L'Avanti, 16 dicembre 2009 consultabile online anche qui.
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