martedì 26 gennaio 2010

Il ricordo dell'Olocausto nelle parole del gesuita israeliano, David Neuhaus (Sir)


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GIORNATA DELLA MEMORIA - Un'umanità ferita

Il ricordo dell'Olocausto nelle parole del gesuita israeliano, David Neuhaus

“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ‘Giorno della memoria’, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Così recita l’art. 1 della legge n. 211 del 20 luglio 2000, con cui l’Italia istituisce questa ricorrenza, giunta quest’anno alla X edizione. Per comprendere meglio il significato profondo di questa Giornata il SIR ha posto alcune domande al gesuita israeliano David Neuhaus, vicario patriarcale delle comunità cattoliche di espressione ebraica.

Padre Neuhaus, che significato assume per i cattolici di espressione ebraica la Giornata della memoria?

“Si tratta, innanzitutto, di un giorno di preghiera per l’umanità ferita. Nelle nostre comunità ci sono anche molti sopravvissuti all’Olocausto, ebrei che hanno vissuto quei tempi terribili. Abbiamo anche cristiani che hanno aiutato gli ebrei a fuggire dallo sterminio nazista e, per questo, riconosciuti ‘Giusti tra le nazioni’. È, poi, un giorno di comunione con il popolo ebraico e un momento per non dimenticare quanto accaduto. Soprattutto i giovani, i nostri bambini, devono conoscere la Shoah per fare memoria e per evitare che nulla del genere accada mai più. A nessuno, e non solo agli ebrei”.

A suo parere, c’è il rischio che la Shoah venga dimenticata o semplicemente consegnata ai libri di storia come un fatto importante da studiare al pari di altri?

“In Israele non accadrà mai che ci si dimentichi dell’Olocausto. Il popolo ebraico è il custode di questa memoria. Anche quando l’ultimo dei sopravvissuti all’Olocausto sarà morto, verranno altre generazioni che continueranno a ricordare e a perpetuare la memoria. Nelle scuole, nei musei, nei programmi di istruzione tutto va in direzione della memoria collettiva. Apparteniamo al popolo ebraico e l’Olocausto tocca la nostra storia; io stesso ho perso molti familiari nello sterminio. Non parlo di vicinanza ad un popolo ma di appartenenza al mio popolo. Va detto anche che molti ebrei non sono praticanti, quindi a fare l’esperienza di unità del nostro popolo non è l’aspetto religioso ma la memoria storica”.

Cosa può imparare il popolo ebraico dalla vicenda dell’Olocausto?

“Credo che dell’Olocausto vada sottolineato l’aspetto universale, necessario per evitare di cadere di nuovo in questi gravissimi errori, che non hanno colpito solo il popolo ebraico. Sappiamo, infatti, di altre popolazioni segnate dal razzismo, dalle persecuzioni, da tentativi di sterminio. Non sottovaluterei, poi, il razzismo di ogni giorno che impedisce a molti di vivere la propria vita a causa della fede, del colore della pelle, dell’etnia, delle proprie idee. Dobbiamo essere molto più sensibili a questo. È il messaggio biblico: siamo stati schiavi in Egitto e non dobbiamo avere schiavi da noi. Evitare, cioè, ogni sistema di oppressione. Ma c’è un altro punto che mi preme segnalare…”.

Quale?

“Vorrei che il mio popolo lottasse con forza contro ogni forma di intolleranza: assistiamo a quella contro l’Islam e contro il mondo arabo, fenomeno che, forse, oggi è più diffuso dell’antisemitismo. Purtroppo a causa della situazione politica registriamo discorsi duri e scontri tra ebrei e musulmani. Eppure va ricordato, ed è significativo, che ci sono stati islamici che hanno salvato la vita a molti ebrei. Uno di questi, per esempio, fu il re del Marocco, Mohammed V, che diede protezione agli ebrei del suo Paese perseguitati dai tedeschi e dai collaborazionisti francesi. E accade ancora oggi che un parlamentare musulmano della Knesset vada ad Auschwitz con altri deputati. Un atto coraggioso che facilita il dialogo e la convivenza”.

Cosa possono apprendere, invece, i cristiani dalla Giornata della memoria?

“La consapevolezza che ci sono stati, anche tra i cristiani, coloro che hanno preso parte all’Olocausto come persecutori. Una consapevolezza nata con il Concilio Vaticano II e che è sfociata con la richiesta di perdono di Giovanni Paolo II per i peccati commessi dai cristiani contro gli ebrei nel corso dei secoli. Un dialogo che prosegue con Benedetto XVI. Dobbiamo centrarci su Cristo per non cadere in ideologie razziste, nazionaliste, antisemite e fanatiche. Ciò che mi rallegra è il fatto che la Chiesa cattolica è al fianco del popolo ebraico per lottare contro l’antisemitismo ed il razzismo. In quanto cittadino israeliano questa cosa mi fa felice”.

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