mercoledì 27 gennaio 2010
Wojtyla era pronto a dimettersi? (Tornielli)
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Wojtyla era pronto a dimettersi da Papa
di Andrea Tornielli
Un giorno, una delle suore in servizio nell’appartamento pontificio vide Giovanni Paolo II particolarmente affaticato e gli confidò di essere «preoccupata per Sua Santità». «Anch’io sono preoccupato per la mia santità» fu la sorridente e fulminea risposta di Papa Wojtyla.
Preoccupazione infondata, ora che la causa di beatificazione si sta concludendo e presto il Pontefice polacco salirà sugli altari. Comincia con questo episodio piccolo eppure illuminante sulla personalità di Karol Wojtyla, il libro che il postulatore della causa Slawomir Oder ha scritto con il giornalista Saverio Gaeta rivelando testimonianze inedite emerse durante il processo. Il libro, Perché è santo (Rizzoli, pp. 200, 18,50 euro), è stato presentato ieri a Roma dal cardinale José Saraiva Martins, Prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi.
Tra gli inediti più interessanti del volume da oggi in libreria, c’è un documento relativo alle dimissioni di Giovanni Paolo II, il quale, con l’approssimarsi dei 75 anni, nel 1994, fece studiare la possibilità di lasciare l’incarico anche in considerazione della malattia dalla quale era stato colpito, il morbo di Parkinson. Alla fine, «dopo aver pregato e riflettuto a lungo», consapevole che nella Chiesa «non c’è posto per un Papa emerito», Wojtyla decise di continuare, informando però il collegio cardinalizio di aver «già messo per iscritto» da tempo la sua volontà di rinunciare «nel caso di infermità che si presuma inguaribile» e che gli impedisca di esercitare le sue funzioni. All’infuori di questa ipotesi, però, scriveva, «avverto come grave obbligo di coscienza il dovere di continuare a svolgere il compito a cui Cristo Signore mi ha chiamato, fino a quando egli, nei misteriosi disegni della sua Provvidenza, vorrà». La lettera autografa di dimissioni è datata 15 febbraio 1989 ed è significativo che sia stata scritta prima dell’insorgere del Parkinson. Il Papa dichiara di voler rinunciare all’incarico «nel caso di infermità, che si presuma inguaribile, di lunga durata, e che mi impedisca di esercitare sufficientemente le funzioni del mio ministero apostolico, ovvero nel caso che altro grave e prolungato impedimento a ciò sia parimente ostacolo», lasciando al cardinale decano, al Vicario di Roma e ai capi dicastero «la facoltà di accettare e di rendere operanti» le dimissioni.
Nel libro, che riporta il meglio delle 114 testimonianze agli atti della causa, pur omettendo i nomi di chi ha testimoniato, vengono confermati gli aspetti mistici di Giovanni Paolo II e il suo dialogo con Maria: uno dei suoi collaboratori, mentre parlavano delle apparizioni mariane, gli chiese se avesse mai visto la Madonna. La risposta del Papa fu netta: «No, non ho visto la Madonna, ma la sento». E alla luce di queste parole sono destinate a pesare le molteplici testimonianze che attestano come Wojtyla credesse alle apparizioni di Medjugorje. Nel libro si riportano, accreditandole, le parole da lui pronunciate nel 1987, durante un breve colloquio, con la veggente Mirjana Dragicevic, alla quale confidò: «Se non fossi Papa, sarei già a Medjugorje a confessare». Un’intenzione che trova conferma nella testimonianza del cardinale Frantisek Tomasek, arcivescovo emerito di Praga, il quale gli sentì dire che, se non fosse stato Papa, avrebbe voluto andare nel piccolo paese dell’Erzegovina per offrire aiuto nell’assistenza dei pellegrini.
Anche il rapporto mistico con Padre Pio trova nuove conferme. Un testimone, che ebbe un’udienza con Giovanni Paolo II dopo aver preso parte alla sua messa nella cappella privata, a un certo punto del colloquio «ebbe l’impressione di veder sfumare il volto del Pontefice e apparire al suo posto l’immagine benevola del volto di Padre Pio. Quando rivelò la sua esperienza al Papa, si sentì rispondere con semplicità: “Anch’io lo vedo”».
Viene fatta anche chiarezza sulle sue mortificazioni corporali alle quali Wojtyla si sottoponeva. «Era lui stesso a infliggere al proprio corpo disagi e mortificazioni... Non di rado passava la notte coricato sul nudo pavimento». Ma non si limitava a questo. Come hanno potuto sentire con le proprie orecchie alcuni membri del suo stretto entourage, «in Polonia come in Vaticano, Karol Wojtyla si flagellava. Nel suo armadio, in mezzo alle tonache, era appesa sull’attaccapanni una particolare cintura per i pantaloni, che lui utilizzava come frusta e che faceva portare sempre anche a Castel Gandolfo».
Un altro inedito reso noto è il testo di una «lettera aperta» ad Ali Agca, con parole di perdono, che il Papa avrebbe voluto leggere durante l’udienza generale del 21 ottobre 1981. Come pure la segnalazione da parte dei servizi segreti italiani al Vaticano, di un progetto di sequestro del Papa da parte delle Brigate rosse, che giunse Oltretevere poco prima dell’attentato di Agca e per questo, appena colpito, il Papa disse al suo segretario: «Come per Bachelet», riferendosi al vicepresidente del Csm assassinato a Roma dai brigatisti nel febbraio 1980. Non manca infine una testimonianza relativa alla politica che coinvolge la Lega Nord. Giovanni Paolo II guardava infatti con particolare preoccupazione alle spinte secessionistiche che minavano l’unità del Paese. Come ha raccontato un testimone diretto di quei giorni: «Ricordo ancora vivamente lo sconcerto del Papa nell’estate del 1996, quando la Lega Nord andò alle fonti del fiume Po. Sentiva questo gesto come un crimine contro l’unità del Paese e mi chiedeva perché non intervenivano i carabinieri e il presidente della Repubblica non facesse nulla. Aveva ben presente il bene prezioso che l’Italia rappresentava anche per la Santa Sede e per il Papa. A questa convinzione si deve anche la decisione di unire nella persona del vicario di Roma la carica di presidente della Conferenza episcopale italiana».
© Copyright Il Giornale, 27 gennaio 2010 consultabile online anche qui.
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5 commenti:
Non mi stupisce affatto che GIOVANNI PAOLO II fosse pronto a dimettersi in caso di infermità irreversibile. Dimostra il profondo realismo di un grande mistico. Mistica e realismo non si contrappongono,preghiera e realtà vanno insieme, perchè la preghiera è l'anima della reatà.Il suo profondo legame con la MADONNA è di esempio per tutti su come debba essere il nostro rapporto con la MADRE DI DIO e MADRE nostra.
scusate, ma quella dell'autoflagellazione è una pratica che mi sconvolge, anche cercando di immedesimarmi nel punto di vista di un credente. Capisco il fondamento dell'atteggiamento cristiano nei confronti del dolore ma quello autoinflitto mi risulta di difficile comprensione.
Caro passante, anche per me è difficle non solo comprendere ma, a questo punto anche credere al dolore autoinflitto.
Sinceramente non sò cosa pensare......... Onestamente però e non perchè voglia sfuggire la verità, voglio pensare soltanto al Giovanni Paolo II che ho potuto vedere dopo la sua elezione e qualche anno dopo.
Credo, che certe notizie come il comportamente che egli aveva riguardo alle mortificazioni corporali vere o presunte, ( perchè se ne dicono tante e guarda caso tutte adesso ), dovesserro comunque rimanere nel silenzio e non date in bocca ai giornali oppure essere riportate nei libri. La beatificazione di Giovanni Paolo II, non ha bisogno certo di arricchirsi di questi elementi anzi, potrebbero fa calare un ombra pesante sulla fama del Papa modernista, possibilista e progressista, tanto sbandierata da giornali e dai media ed usata quasi giornalmente, per attaccare il successore.
Troppa carne al fuoco può essere controproducente.
Sono una persona molto legata alla figura di Giovanni Paolo II e sinceramente, caricare l'attenzione su certe notizie che francamente ritengo che dovevano rimanere nel segreto, mi sembra un agire non solo avventato ma, per nulla rispettoso verso il Venerabile Papa di cui stiamo parlando.
Tra l'altro, credo che se queste notizie facevano parte di scritti personali del Pontefice che egli stesso voleva venissero distrutti alla sua morte, vorrei capire il motivo di questo evidente non rispetto delle sue volontà. Sicuramente, si continua a seguire anche ora la strada della senzazionalità che ha accompagnato il Pontificato di Giovanni Paolo II, in barba al rispetto della sua persona ed ora della sua memoria.
sulla questione relativa alle dimissioni, a suo tempo avevo letto su zenit anche questa testimonianza del card Herranz, su rivelazione di mons. Dziwisz, dove tra l'altro si legge:
"Nei momenti di più profonda malattia, Giovanni Paolo II aveva preso in considerazione la possibilità di rinunciare, ma non lo aveva fatto per non “creare un pericoloso precedente per i suoi successori”....
http://www.zenit.org/article-6762?l=italian
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