lunedì 1 marzo 2010

Il Papa: proteggere i Cristiani in Iraq. L'auspicio di un'esistenza sicura e pacifica per tutte le minoranze religiose (Conte)


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Il Papa: proteggere i cristiani in Irak

L'auspicio di un'esistenza sicura e pacifica per tutte le minoranze religiose

Domitilla Conte

CITTà DEL VATICANO

Una esistenza sicura e pacifica per tutte le minoranze religiose dell'Irak, non solo quella cristiana, senza permettere che «interessi temporanei» mettano a rischio la vita di nessuno. Lo ha chiesto con fermezza Papa Benedetto XVI all'Angelus in piazza San Pietro, dopo aver già manifestato nei giorni scorsi la sua preoccupazione per gli attacchi contro i cristiani di Mossul, una escalation di violenza che ha condotto due giorni fa il patriarca siro-cattolico di Antiochia, Ignatius Joseph III Younan, a parlare di «cristiani uccisi come pecore».
Una situazione che il Papa sta seguendo con particolare apprensione, «profonda tristezza – ha detto ieri mattina – e viva preoccupazione», tanto da violare quattro giorni fa il silenzio che di solito accompagna la settimana di Quaresima dedicata agli esercizi spirituali della Curia romana per far sapere il proprio pensiero.
«Non ce la facciamo più», si leggeva ieri mattina su uno striscione in piazza san Pietro esposto da qualche decina di iracheni, in gran parte religiosi ma anche qualche famiglia residente a Roma, giunti per condividere con il pontefice le loro paure e le loro speranze. Bandiere irachene e grandi crocifissi di legno, gli occhi accesi nel raccontare storie di amici, famiglie, conoscenti con la vita sconvolta da una minaccia dal volto incerto. «La situazione è precipitata nel 2003, dopo l'invasione americana – osserva un giovane prete di Baghdad – che ha aperto le frontiere a frange estremiste e violente».
Ed è aumentata negli ultimi giorni con l'approssimarsi delle elezioni del 6 e 7 marzo, per motivi che della religione hanno solo il pretesto. Nel pomeriggio un'altra manifestazione, ben più ampia, con circa mille partecipanti della minoranza cristiana, ha sfilato vicino a Mossul agitando ramoscelli d'ulivo in segno di pace, ed esortando il governo iracheno a porre fine alle uccisioni.
Almeno otto i morti nelle ultime due settimane.
«In questi giorni di intenso raccoglimento ho pregato spesso per tutte le vittime di quegli attentati – ha detto papa Ratzinger dopo l'Angelus sottolineando il suo non far differenza – ed oggi desidero unirmi spiritualmente alla preghiera per la pace e per il ripristino della sicurezza, promossa dal Consiglio dei vescovi di Ninive». Ai cristiani d'Irak raccomanda: «non stancatevi di essere fermento di bene per la patria a cui, da secoli – ha sottolineato ad altre orecchie – appartenete a pieno titolo».
Dal Papa non giungono solo preghiere, ed è chiara la sua consapevolezza delle implicazioni politiche della situazione irachena, uno dei tanti aspetti dei fragili equilibri del Medio Oriente, ai quali il Vaticano dedicherà in autunno un Sinodo speciale.
«Nella delicata fase politica che sta attraversando l'Irak – ha detto il pontefice – mi appello alle autorità civili, perchè compiano ogni sforzo per ridare sicurezza alla popolazione e, in particolare, alle minoranze religiose più vulnerabili». E alla «comunità internazionale», affinché si prodighi nel «dare agli iracheni un futuro di riconciliazione e di giustizia».
Analogo invito era stato rivolto il 2 gennaio scorso, ma si è saputo solo pochi giorni fa, dal segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, in una lettera al primo ministro iracheno, Nouri al Maliki, ricevuto un anno e mezzo fa in Vaticano. Innumerevoli, nel frattempo, gli appelli dei vescovi iracheni per fermare l'eccidio, caduti pressochè nel vuoto. Una indifferenza che delude ma non stupisce i cristiani, perché – rilevava nei giorni scorsi il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – anche in Occidente c'è chi vuole «contestare o demolire» la presenza cristiana.

© Copyright Gazzetta del sud, 1° marzo 2010

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