domenica 25 aprile 2010

Il Papa: nel mare digitale prendere il largo da cattolici (Muolo)


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Il Papa: "Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete" (Discorso)

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L’UDIENZA IN VATICANO

Il Papa: nel mare digitale prendere il largo da cattolici

DA ROMA MIMMO MUOLO

Tutti in piedi ad applaudire il Pa­pa.
Tutti gli sguardi verso la bian­ca figura che da pochi minuti ha fatto il suo ingresso nell’Aula 'Paolo VI' gremita come nei giorni delle udienze generali. Benedetto XVI che pure a que­sti incontri è abituato si ferma per un momento, prima di sedersi al suo po­sto. Saluta sorridente, si guarda intor­no quasi a cercare gli occhi di ciascu­no degli ottomila presenti, a ricambia­re con uno sguardo tanto affetto. E non a caso. Dirà poco dopo, quando toc­cherà a lui prendere la parola: «Questo Convegno punta a riconoscere i volti, quindi a superare quelle dinamiche collettive che possono farci smarrire la percezione della profondità delle per­sone e appiattirci sulla loro superficie: quando ciò accade, esse restano corpi senz’anima, oggetti di scambio e di consumo».
Non è certamente così per gli ottomila e forse più che sono accorsi da ogni parte d’Italia per incontrare il Papa nell’ultimo giorno di Testimoni digitali. E il clima che fin dal primo mat­tino si respira sotto l’ampia vol­ta disegnata da Pierluigi Nervi ha il sapore frizzante di quello che il portavoce della Cei, mon­signor Domenico Pompili, a­prendo i lavori della sessione conclusiva, definisce «uno spu­meggiante vino novello». Così quando a mezzogiorno Papa Ratzinger fa il suo ingresso nell’Aula, accompa­gnato da folate di autentico entusia­smo, il suo discorso (che Avvenire pub­blica integralmente a pagina 4) si pone come il naturale punto di arrivo del la­voro di questi tre giorni. Potenzialità («la rete come vocazione aperta, ten­denzialmente egualitaria e pluralista») e pericoli («omologazione e controllo, relativismo intellettuale e morale, verità ridotta al gioco delle opinioni, digital divide »). Ma soprattutto sguardo lun­gimirante: «Senza timori – afferma il Pontefice – vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navi­gazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa». Anche perché in un mon­do che accanto a quello atmosferico, conosce oggi anche forme di «inqui­namento dello spirito», la missione del­la Chiesa e dei cattolici è quella di «da­re un’anima all’ininterrotto flusso co­municativo della rete».
Così il discorso di Benedetto XVI di­venta anche punto di partenza per un nuovo tratto di strada. Non solo per i media della Chiesa ita­liana che il Pontefice cita puntualmente ( Avvenire, Tv2000, in­Blu, il Sir, i settimana­li diocesani, i periodi­ci e i tanti siti internet di ispirazione cattoli­ca), ma per tutti colo­ro che, come «profes­sionisti della comuni­cazione », vogliano «nutrire nel proprio cuore quella sana pas­sione per l’uomo che diventa tensione ad av­vicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto».
Per tutti, poco prima, si era fatto interprete il cardinale Angelo Ba­gnasco nel suo saluto al Papa. «Siamo qui – ave­va sottolineato – con la disponibilità a non ri­manere indifferenti da­vanti alle tante persone che oggi vivono nei de­serti del mondo. Inten­diamo valorizzare tutte le strade che il continente digitale offre per farci più prossimi all’uomo». Il che significa «portare avanti la missione di costruire pon­ti di comprensione e di co­munione, perché cresca il dialogo e la pace nella società».
Una missione, questa, che era stata ri­badita durante la tavola rotonda coor­dinata dal responsabile del Servizio na­zionale per il progetto culturale, Vitto­rio Sozzi. Con il direttore della sala stam­pa vaticana, padre Federico Lombardi, a sottolineare che «la nostra testimo­nianza deve essere di rigore e coerenza su ciò che siamo, contro ogni ipocrisia e doppiezza»; il vicedirettore generale della Rai, Lorenza Lei, a sostenere che «la sfida oggi si gioca sulla qualità della pro­posta e sui contenuti»; e con il diretto­re di Avvenire, Marco Tarquinio a ricor­dare, che di fronte ai tentativi di mani­polazione della realtà, «c’è un altro mo­do di fare informazione e di stare nella rete». Un modo «fatto di rispetto delle persone e dei fatti, di adesione alla realtà, ma anche di limpida capacità di contraddirla questa realtà quando è se­gnata dal male». Tarquinio ricorda «fat­ti e misfatti» dell’informazione. E non dimentica di menzionare il suo prede­cessore, Dino Boffo. All’indirizzo del quale scatta un applauso scrosciante e prolungato.

© Copyright Avvenire, 25 aprile 2010

2 commenti:

sonny ha detto...

Potevamo farci mancare l'ennesima bordata americana?

http://www.newsweek.com/id/236934

Raffaella ha detto...

L'autore e' il solito Christopher Hitchens!
Stendiamo un velo pietoso...
Mi chiedo che cosa c'entri Joseph Ratzinger con il trasferimento di Law a Santa Maria Maggiore.
Non mi risulta sia stata una sua decisione.
R.