venerdì 14 maggio 2010

Fatima: la riflessione della teologa Cettina Militello (Radio Vaticana)


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Il Papa: "Come vedete, il Papa ha bisogno di aprirsi sempre di più al mistero della Croce, abbracciandola quale unica speranza e ultima via per guadagnare e radunare nel Crocifisso tutti i suoi fratelli e sorelle in umanità. Obbedendo alla Parola di Dio, egli è chiamato a vivere non per sé stesso ma per la presenza di Dio nel mondo" (Discorso ai vescovi)

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Il Papa: "Tra tante istituzioni sociali al servizio del bene comune, vicine alle popolazioni bisognose, si contano quelle della Chiesa cattolica. Bisogna che sia chiaro il loro orientamento, perché assumano un’identità ben evidente: nell’ispirazione dei loro obiettivi, nella scelta delle loro risorse umane, nei metodi di attuazione, nella qualità dei loro servizi, nella seria ed efficace gestione dei mezzi" (Discorso)

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Il Papa: "Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: «Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gen 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo…" (Omelia)

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Fatima: la riflessione della teologa Cettina Militello

La tappa più intensa di questo viaggio è stata Fatima, dove il Papa ha detto di essere venuto per pregare per l'umanità afflitta da miserie e sofferenze: ha pregato con Maria e con i tanti pellegrini che giungono in questo Santuario. Di questo rapporto tra la Chiesa e Maria, Fabio Colagrande ha parlato con una mariologa, Cettina Militello:

R. – C’è tra il popolo di Dio e Maria un legame di affetto, un legame soprannaturale, che viene proprio dal fatto che Lei è membro tipo, modello della Chiesa. Tra l’altro, il Papa non soltanto ha detto “per pregare con Maria e con i tanti pellegrini”, ma ha ricordato il convergere della Chiesa pellegrinante e questa stessa Chiesa definisce, secondo la “Lumen gentium”, un sacramento di salvezza. D’altra parte, il pregare con Maria e con i tanti pellegrini è anche uno degli atteggiamenti che caratterizzano la preghiera, che è il colloquio con Dio, ma che è anche preghiera di domanda o preghiera di apertura del proprio cuore di fronte ai problemi che l’umanità ha. E l’umanità, certamente, come continua il Papa, è afflitta da miserie e sofferenze.

D. – Il Papa ci ha anche detto che per entrare in contatto con una realtà che si trova oltre il sensibile, così come è avvenuto ai pastorelli di Fatima, ci vuole però una vigilanza interiore del cuore, che molto spesso oggi per la forte pressione delle realtà esterne, delle immagini e preoccupazioni che riempiono l’anima – sono parole del Papa – non riusciamo ad avere...

R. – Senza dubbio il nostro è un tempo di confusione e di attenzione all’esteriore, di poco silenzio. Non c’è dubbio che Dio lo si trova nel silenzio. La Bibbia ci mostra tutta una serie di contesti nei quali la Rivelazione avviene certamente mettendosi da parte, creando le condizioni per essere da Lui interpellati e per ascoltarlo. E questo ci riporta all’ascesi come pratica quotidiana, che non vuol dire necessariamente assumere atteggiamenti di distacco, di condanna nei confronti del mondo, ma vuol dire invece capire quali sono i veri valori e quindi stare in ascolto dei veri valori e, in particolare, stare in ascolto della Parola di Dio e della provocazione che essa comporta.

D. La Chiesa pellegrinante va verso questo luogo. Storicamente che significato ha, secondo lei?

R. – Vuol dire che dobbiamo accettare che ci siano contesti, momenti nei quali la normalità “esemplata” dal messaggio viene riaffermata, ripuntualizzata. Di sicuro Lourdes, Fatima e luoghi similari sono luoghi che scuotono la fede dormiente, accedono con immediatezza, soprattutto al mondo del dolore, della sofferenza, e consentono di riprendere fiato, di ripartire per rendersi di nuovo sensibili a quelli che sono i temi forti della fede; creano degli spazi che consentono l’ascolto. Se non si crea quel silenzio, se non si crea quel contesto, è difficile sfuggire a quello che è l’automatismo dispersivo della nostra esistenza oggi. Sono come oasi: momenti nei quali è possibile essere richiamati a ciò che conta e dunque ripartire.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Card. Scola: il 16 a Roma in comunione con Pietro
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2010/5/14/16-MAGGIO-Scola-a-Roma-in-comunione-con-Pietro/86081/
Alberto

Anonimo ha detto...

stamattina, celebrando, pensavo: "ci diamo tanto da fare per proporre canti, sia nuovi che 'moderni', invitare a cantare, sollecitare a cantare... e la gente non canta, o canta poco...: deprimente.
Basta che tu intoni un canto tipo: Lauda Sion, Mira il tuo popolo, O salutaris Hostia e subito escono, dalla medesima assemblea che fino a qualche minuto prima avresti definito amorfa e passiva, voci splendide, cori commoventi, volumi imponenti...
Non sarà che il popolo di Dio, nel quale anche riposa il 'sensus fidei', magari insieme ad uno spiccato senso del buon gusto e del bello!, rifiuta in automatico quelle vere tiritere che rispondono la nome di 'Tu sei la mia vita', 'Alleluja, allelujà...'?
Bo credo che il poplo di Dio sia più cattolico di molti fra noi, preti e vescovi!
un sacerdote in stato di conversione

Maria R. ha detto...

Sacerdote in stato di conversione: la "tradizione", in un certo senso, è come se ce la portassimo dentro, assimilata e "macinata" anche a furia di sentire gli altri cantare, magari quando eravamo piccoli. Molte cose moderne, che oggi canta un gruppo liturgico e domani un altro sostituisce, a parte il "rigetto" che nasce quando non siano propriamente belli (per cui, oggi si imparano e domani si scordano) indubbiamente non toccano il cuore come certi splendidi canti che invece affascinano per la loro bellezza e fanno volare lo spirito verso l'Alto.
Se Dio abita in tutti (almeno per tenerci in vita, poi ci si augura che in tutti abiti anche in altro modo!), è ovvio che, pure inconsciamente, sentiamo i "gusti" di quello che è il nostro "Ospite-padrone di casa", diverso è il fatto che magari vogliamo dimenticare quei suoi gusti e far prevalerne altri!

don Alessandro ha detto...

Mi dispiace per la teologa Militello e per quanti la pensano come lei, ma la Chiesa non è un sacramento di salvezza, ma è IL SACRAMENTO UNIVERSALE DI SALVEZZA! questo dice la lumen gentium al num 48.Credo che i gravi errori dottrinali che affliggono il nostro tempo abbiano la loro radice in un relativismo ecclesiologico diffuso!Dagli errori ecclesiologici si risale agli errori sulla Persona di CRISTO, perchè l'ecclesiologia nasce dalla cristologia! Il SIGNORE ha scelto la CHIESA come strumento per salvarci, chi siamo noi per modificare la Sua volontà?
don Alessandro