venerdì 28 maggio 2010

Il futuro poggia sull'incontro dei popoli e sul rispetto di diritti e doveri: così il Papa alla plenaria della pastorale per i migranti


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Il futuro poggia sull'incontro dei popoli e sul rispetto di diritti e doveri: così il Papa alla plenaria della pastorale per i migranti

L’avvenire delle nostre società poggia sull’incontro dei popoli: per questo gli Stati sono chiamati a condividere le responsabilità del crescente fenomeno immigratorio, riconoscendo la dignità di ogni persona, in un contesto in cui siano rispettati i diritti ma anche i doveri degli stranieri: è quanto ha detto il Papa alla plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che si sta svolgendo in Vaticano sul tema della corresponsabilità degli Stati e degli organismi internazionali. Il servizio di Sergio Centofanti.

Il Papa ha espresso il proprio apprezzamento per quelle convenzioni internazionali che regolano la circolazione delle persone mirando “a garantire la protezione dei diritti umani fondamentali e a combattere la discriminazione, la xenofobia e l’intolleranza”.

“E’ apprezzabile lo sforzo di costruire un sistema di norme condivise che contemplino i diritti e i doveri dello straniero, come pure quelli delle comunità di accoglienza, tenendo conto, in primo luogo, della dignità di ogni persona umana, creata da Dio a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,26). Ovviamente, l'acquisizione di diritti va di pari passo con l'accoglienza di doveri”.

“La responsabilità degli Stati e degli Organismi Internazionali – ha affermato il Pontefice - si esplica specialmente nell'impegno di incidere su questioni che, fatte salve le competenze del legislatore nazionale, coinvolgono l'intera famiglia dei popoli, ed esigono una concertazione tra i Governi e gli Organismi più direttamente interessati” come “l'ingresso o l'allontanamento forzato dello straniero, la fruibilità dei beni della natura, della cultura e dell'arte, della scienza e della tecnica, che a tutti deve essere accessibile”. L’obiettivo è quello di promuovere la pace in una “fase critica che le istituzioni internazionali stanno attraversando, impegnate a risolvere le questioni cruciali della sicurezza e dello sviluppo, a beneficio di tutti”:

“È vero che, purtroppo, assistiamo al riemergere di istanze particolaristiche in alcune aree del mondo, ma è pure vero che ci sono latitanze ad assumere responsabilità che dovrebbero essere condivise”.

“Inoltre – ha aggiunto - non si è ancora spento l'anelito di molti ad abbattere i muri che dividono e a stabilire ampie intese, anche mediante disposizioni legislative e prassi amministrative che favoriscano l’integrazione, il mutuo scambio e l’arricchimento reciproco”:

“In effetti, prospettive di convivenza tra i popoli possono essere offerte tramite linee oculate e concertate per l’accoglienza e l’integrazione, consentendo occasioni di ingresso nella legalità, favorendo il giusto diritto al ricongiungimento familiare, all'asilo e al rifugio, compensando le necessarie misure restrittive e contrastando il deprecabile traffico di persone”.

Si tratta di conciliare “il riconoscimento dei diritti della persona e il principio di sovranità nazionale” con il riferimento “alle esigenze della sicurezza, dell'ordine pubblico e del controllo delle frontiere”. Il Papa rinnova quindi il suo “appello agli Stati affinché promuovano politiche in favore della centralità e integrità della famiglia” così come “l’apertura alla vita”:

“L’avvenire delle nostre società poggia sull'incontro tra i popoli, sul dialogo tra le culture nel rispetto delle identità e delle legittime differenze. In questo scenario la famiglia mantiene il suo ruolo fondamentale. Perciò la Chiesa, con l’annuncio del Vangelo di Cristo in ogni settore dell’esistenza, porta avanti ‘l'impegno… a favore non solo dell'individuo migrante, ma anche della sua famiglia, luogo e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori’”.

Benedetto XVI invita infine a lasciarsi ispirare dal Beato Giovanni Battista Scalabrini, definito “Padre dei migranti” da Giovanni Paolo II, e di cui il prossimo 1° giugno si ricorderanno i 105 anni della nascita al cielo.

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