mercoledì 30 giugno 2010
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CATTOLICI E ORTODOSSI - Quando Pietro diventa Paolo
Benedetto XVI e la delegazione di Costantinopoli
Elio Bromuri
Una coincidenza di data nel celebrare la festa dei santi apostoli Pietro e Paolo da parte di cattolici e ortodossi è già sufficiente a spiegare la visita di una delegazione ortodossa a Roma, in rappresentanza del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Il Papa ha sottolineato che la festa dei due santi apostoli Pietro e Paolo si celebra nello stesso giorno da molti secoli e rappresenta per ciò un segno della comune fede, che le nostre Chiese hanno condiviso per molti secoli. Questa e le altre visite, scambiate in passato tra Roma e Costantinopoli, non sono semplici atti di cortesia.
Benedetto XVI rivolgendosi ai membri della delegazione ha ricordato l’importanza dei gesti di fraternità che vogliono esprimere di fronte al mondo l’unità già per molti aspetti esistente e un clima di grande serenità e rispetto vicendevole. Questa dimensione di fraternità va a contrastare l’idea della conflittualità religiosa così volutamente marcata dalle agenzie laiciste della comunicazione di massa.
Queste scambievoli visite intendono favorire e approfondire la conoscenza reciproca, l’apprezzamento e la stima e tessere legami sempre più stretti tra le due Chiese sorelle dell’Occidente e dell’Oriente.
In particolare, in questo periodo si va verso una maggiore collaborazione ecumenica nel Medio Oriente dove cattolici e ortodossi soffrono difficoltà e incontrano ostacoli e, per questo, Benedetto XVI ha indetto il Sinodo dei vescovi cattolici del Medio Oriente che sarà celebrato il prossimo Ottobre. A questo appuntamento invita anche gli ortodossi perché possano collaborare nella ricerca di un dialogo con l’islam e con l’ebraismo, cercando condizioni di vita pacifica in quanto minoranza cristiana in quei Paesi. Il Papa ha fatto cenno ad alcuni temi, quali i dialoghi del gruppo misto di studio, cattolici-ortodossi, sull’esercizio del primato di Roma nel primo millennio in cui Oriente e Occidente formavano una sola Chiesa. Dalla chiarificazione del ruolo del primato e del suo esercizio nei primi mille anni di storia si attendono indicazioni per trovare un modo condiviso per il presente e il futuro del Primus (Protos) tra i pastori della Chiesa, segno e condizione di comunione visibile dei cristiani in un mondo globalizzato.
La celebrazione dei Primi Vespri degli apostoli Pietro e Paolo, nella basilica di san Paolo fuori le Mura, è stata posta nel segno della nuova evangelizzazione, che “interpella la Chiesa universale e ci chiede anche di proseguire con impegno la ricerca della piena unità”. Benedetto XVI collega i gesti di fraternità con il fine ultimo dell’ecumenismo che è la missione, come si è evidenziato fin dall’inizio del Movimento ecumenico nella Conferenza missionaria mondiale di Edimburgo (Scozia) nel 1910. L’apostolato missionario è reso credibile ed efficace dalla testimonianza di amore e comunione tra tutti i discepoli di Cristo, che si fregiano del suo nome appellandosi cristiani.
Il legame tra ecumenismo e missione non appartiene ad una strategia di propaganda, ma alla volontà di Gesù che ha condizionato la diffusione della fede all’unione della Chiesa: “Siano uno affinché il mondo creda” (Gv 17,21). Tutto il discorso del Papa è stato orientato ad illustrare “la vocazione missionaria della Chiesa” e si è avvalso anche della figura di Paolo VI, il Papa che assunse il nome di Paolo proprio per dare dinamismo missionario in un orizzonte universale alla sua azione pastorale. Montini, che non esitò a dire di sé “il nostro nome é Pietro”, nella visita che fece al Consiglio ecumenico delle Chiese di Ginevra (1969), si è chiamato Paolo, spinto dal soffio dello Spirito Santo, come l’Apostolo, sulle strade del mondo per “portare a tutti la Buona Notizia”.
“Unità e universalità”, dice il Papa, sono le due dimensioni che evoca la festa dei santi apostoli Pietro e Paolo e, in questo momento, si deve privilegiare “l’universalità”. Trascinati dall’esempio di Paolo e, per dare corpo a questo progetto missionario, ha costituito il Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, con il quale intende “rendere un efficace servizio non solo alla Chiesa, ma a tutta l’umanità”.
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