sabato 10 luglio 2010

Il racconto di una psichiatra, 30 anni, che da piccola subì violenza: «Io, abusata. Un prete mi salvò» (Avvenire)


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«Io, abusata. Un prete mi salvò»

Il racconto di una psichiatra, 30 anni, che da piccola subì violenza. «Tuttora i miei genitori non sanno nulla. L’importante è trovare la persona giusta che ti sappia ascoltare»

A da, 30 anni, madre di due bimbi, sorriso se­reno e camice bianco, è neuropsichiatra infantile. Spesso per il suo studio passa­no i bambini che hanno subì­to la cattiveria dei grandi. Co­me accadde a lei. E ancora, quando ne parla, nella sua vo­ce vibra l’oscura emozione di tanti anni fa, quando un uomo le tese una mano che lei afferrò fiduciosa.

Che cosa ricorda?

Avevo 5 anni e vivevo in Sviz­zera. Quel giorno giocavo in cortile e uno sconosciuto, avrà avuto 35 anni, mi invitò amo­revolmente a seguirlo. Io, inge­nua, l’ho fatto e lui abusò ses­sualmente di me. Un’espe­rienza che influenzò la mia cre­scita, determinando la mia dif­ficoltà a relazionarmi... Poi, da grandicella, anche mio zio tentò di molestarmi con i miei cugini, ma non in modo così sconvolgente come la prima volta.

Chi trovò le parole giuste per aiutarla?

Ad un convegno qui in Italia a­scoltai un prete che parlava di pedofilia. Avevo 14 anni e nel­la sua voce sentii tutta la comprensione di cui avevo bi­sogno. Alla fine andai a stringergli la mano e gli dissi 'non smetta mai di fare quello che sta facendo'. Fu in­credibile: mi guardò con tanta accoglienza negli occhi e mi rispose 'non ti preoccupare, è tutto finito, non suc­cederà più'... Non gli avevo raccontato nulla, ma quel prete aveva capito tutto. Oggi collaboro con lui come neuropsichiatra.

Una professione che deriva da quel trauma?

Inevitabilmente. Io ne sono uscita bene, vivo una bella sessualità con mio marito - cosa non frequente tra le vittime di abusi - , ho i miei figli, ma so che per tanti bam­bini non sarà così perché non incontreranno una per­sona come quel sacerdote. Anche io, dopo 25 anni, mi porto comunque addosso le ci­catrici, soprattutto il senso di colpa ti accompagna sempre, però sono felice e sana, e que­sto non perché un medico o un’équipe mi abbiano seguita con terapie particolari, ma so­lo perché una persona giusta mi ha aiutata a liberarmi dal senso di sporcizia e a perdonare. Quel prete andrebbe clonato, ma sic­come non si può, faccio del mio meglio per apprendere da lui e fare agli altri ciò che lui ha fat­to a me.

Come vive le recenti accuse al­la Chiesa?

Quando sono motivate, penso che quei sacerdoti vadano pu­niti, ma esattamente come gli altri: è gravissimo da parte di un prete, ma da parte di un padre o di un nonno è forse da meno devastante? Sto seguendo una bambina di 9 anni che a 5 fu vio­lentata dal nonno ed è rovina­ta... La vera piaga purtroppo so­no gli abusi intrafamiliari, l’at­tacco alla Chiesa è certamente sproporzionato, dunque stru­mentale.

Come raccontò ai suoi genito­ri la violenza, quel giorno?

Quando tornai a casa, mio pa­dre mi chiese perché piangevo, risposi che mi ero fatta male al ginocchio. Ricordo ancora la sua carezza al mio ginocchio e il fastidio che mi diede. Ancora oggi i miei non hanno mai saputo niente.

Niente? Un macigno del genere portato tutto da sola?

Fin quando non incontrai quel prete. E poi mio marito: gli dissi tutto quando eravamo fidanzati e lui fu stu­pendo nello starmi vicino. Anche se non potrà mai ca­pire il mio punto di vista: io ho perdonato, perché vedo la vita sotto la luce della fede, e avendo vissuto la più grande delle crudeltà, oggi sono sempre portata a per­donare i piccoli torti. Grazie alla fede, l’abisso del male ricevuto mi ha lasciato una grande positività nella vita. Voglio portare questa luce sul mio camice di medico.

© Copyright Avvenire, 10 luglio 2010

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