giovedì 8 luglio 2010
Benedetto XVI ha fatto per le colpe dei cristiani di oggi quello che il Giubileo del 2000 fece per le colpe dei cristiani del passato (Magister)
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Per papa Benedetto l'orribile 2010 è anno di grazia
Penitenza, perdono e nuova evangelizzazione. Come e più che nel Giubileo del 2000. Un raffronto sorprendente. Con un'intervista del cardinale Ruini
di Sandro Magister
ROMA, 8 luglio 2010
La via dolorosa della Chiesa di oggi fa da crudele contrasto con il glorioso tripudio del Giubileo del 2000, apogeo del pontificato di Giovanni Paolo II.
Eppure, se appena si scava in cosa fu davvero quell'anno di grazia, si scopre che la Chiesa di Benedetto XVI semplicemente ne realizza gli annunci.
Il Giubileo fu anno di pentimento e perdono. Di perdono dato e richiesto, per i tanti peccati dei figli della Chiesa nella storia. La prima domenica di Quaresima di quell'anno, il 12 marzo, papa Karol Wojtyla officiò sotto gli occhi del mondo una liturgia penitenziale senza precedenti. Per sette volte come i sette vizi capitali confessò le colpe commesse dai cristiani secolo dopo secolo, e per tutte chiese perdono a Dio. Sterminio degli eretici, persecuzione degli ebrei, guerre di religione, umiliazione delle donne...
Il volto dolente del papa, segnato dalla malattia, era l'icona di questo atto di pentimento. Il mondo lo guardò con rispetto. Con compiacimento, anche. Talora rincarando la pretesa: il papa avrebbe dovuto fare di più.
E in effetti, sui media mondiali, era questa la musica dominante. Bene faceva Giovanni Paolo II a umiliarsi per certe pagine nere della storia cristiana, ma ogni volta c'era chi pretendeva che doveva battersi il petto di più e per altro ancora. La lista non era mai bastante. Ripassando tutte le volte in cui papa Wojtyla chiese perdono per qualcosa, prima e dopo il Giubileo del 2000, si trova che lo fece per crociate, dittature, scismi, eresie, donne, ebrei, Galileo, guerre di religione, Lutero, Calvino, indios, ingiustizie, inquisizione, integralismo, islam, mafia, razzismo, Ruanda, schiavismo. E forse manca qualche voce.
Di sicuro però mai chiese pubblicamente perdono per gli abusi sessuali sui bambini.
Né si ricorda che qualcuno sia mai saltato su a rimproverargli questo silenzio, né tanto meno ad esigere che il papa aggiungesse alla lista la pedofilia.
Era solo dieci anni fa. Ma questo era lo spirito del tempo, dentro e fuori la Chiesa.
Uno spirito poco attento allo scandalo dei giovanissimi abusati, nonostante fossero già esplosi in Austria il caso Groër, l'arcivescovo di Vienna colpito da accuse mai accertate, negli Stati Uniti il caso Bernardin, l'arcivescovo di Chicago falsamente accusato che perdonò il suo accusatore, e ovunque il caso Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo di cui si verificò poi la colpevolezza.
C'era però a Roma un cardinale che vedeva lontano, di nome Joseph Ratzinger.
Più che ai peccati dei cristiani del passato, sui quali il giudizio storico è sempre problematico, egli guardava ai peccati del presente. E tra questi egli ne vedeva alcuni che più di altri sporcavano il volto della Chiesa "santa", tanto più quando commessi da chierici.
Nel 2001, da prefetto della congregazione per la dottrina della fede, egli rese più stringenti le procedure con cui affrontare i casi di pedofilia tra il clero.
Quando nel 2002 negli Stati Uniti scoppiò lo scandalo in proporzioni clamorose, sostenne la linea del rigore.
Il venerdì santo del 2005, nello scrivere il testo dell'ultima Via Crucis del pontificato di Giovanni Paolo II, denunciò la "sporcizia" nella Chiesa con gli accenti di una lamentazione profetica.
Poche settimane dopo fu eletto papa e cinque anni dopo, nel decennale del Giubileo del 2000, lo scandalo della pedofilia investì la Chiesa e lui con un'asprezza senza precedenti.
Ebbene, sotto l'ondata travolgente delle accuse, Benedetto XVI ha fatto per le colpe dei cristiani di oggi quello che il Giubileo del 2000 fece per le colpe dei cristiani del passato.
Ha predicato che la più grande tribolazione per la Chiesa non nasce da fuori, ma dai peccati commessi dentro di lei.
Ha messo la Chiesa in stato penitenziale. Ha chiesto a tutti i cristiani di purificare sì la "memoria", ma più ancora la loro vita presente.
Ai cattolici dell'Irlanda, più di altri contagiati dallo scandalo, ha ordinato di far pulizia di tutto, di confessarsi spesso, di fare penitenza tutti i venerdì per un anno intero e ai loro vescovi e sacerdoti di sottoporsi a speciali esercizi spirituali.
Ai preti, soprattutto, ha dedicato una cura particolarissima. Prima ancora che le polemiche toccassero l'apice, Benedetto XVI ha indetto un Anno Sacerdotale per ravvivare nei chierici l'amore per la loro missione e la fedeltà ai loro impegni, castità compresa. Come modello di vita ha offerto loro l'esempio del santo Curato d'Ars, un umile curato di campagna nella Francia anticlericale dell'Ottocento, che passava le intere sue giornate nel confessionale, ad accogliere i peccatori e a perdonare.
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Ma il perdono non fu il solo elemento che caratterizzò il Giubileo del 2000. Giovanni Paolo II volle quell'Anno Santo soprattutto per ridare slancio all'evangelizzazione del mondo.
E anche qui, di nuovo, il pontificato di Benedetto XVI non è altro che l'attuazione sistematica di quel progetto.
Quale sia infatti la "priorità" che papa Ratzinger si è assegnata, come successore di Pietro, non è un mistero. L'ha ribadita lui stesso con queste parole, nella lettera ai vescovi di tutto il mondo del 10 marzo 2009:
"Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l'accesso a Dio. Non a un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell'amore spinto sino alla fine, in Gesù Cristo crocifisso e risorto".
Benedetto XVI è talmente convinto che condurre gli uomini a Dio sia "la priorità suprema e fondamentale" della Chiesa e del successore di Pietro, che non solo ne ha fatto il centro della sua predicazione ma ne ha tratto la decisione di creare nella curia romana un dicastero espressamente finalizzato alla "nuova evangelizzazione" dei paesi dove è più marcata la moderna eclisse di Dio.
Il nuovo ufficio l'ha istituito lo scorso 30 giugno e lo stesso giorno ha chiamato a Roma, a occuparsi della selezione dei futuri vescovi in tutto il mondo, il cardinale canadese Marc Ouellet, teologo molto in sintonia con lui, ma soprattutto diretto conoscitore del Québec, una delle aree dell'Occidente in cui la scristianizzazione è avvenuta in forma più drammatica e repentina.
Tornando lo scorso autunno da un viaggio in un'altra delle regioni più scristianizzate, Praga e la Boemia, Benedetto XVI ha maturato anche un'altra idea: quella di istituire un simbolico "cortile dei gentili", chiamato come il cortile aperto ai pagani dell'antico tempio di Gerusalemme, nel quale aprire un dialogo con gli uomini più lontani da Dio.
Anche questo progetto sta prendendo corpo. Il papa l'ha affidato al suo ministro della cultura, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi. Il "cortile dei gentili" sarà inaugurato a Parigi nel marzo del 2011 in tre sedi volutamente prive di ogni insegna religiosa: la Sorbona, l'Unesco e l'Académie Française. Vi hanno già aderito importanti personalità agnostiche e non credenti, a cominciare dalla psicoanalista e semiologa Julia Kristeva.
Quanto alle giovani generazioni, pupilla di Giovanni Paolo II, che per esse istituì le Giornate Mondiali della Gioventù delle quali la più grandiosa fu proprio quella del Giubileo, Benedetto XVI sa bene che il futuro della fede in Occidente si gioca in buona misura qui.
Anche in Italia, il paese d'Europa in cui la Chiesa continua ad avere una presenza solida e diffusa, già si intravedono i segnali del crollo. Un'indagine per "Il Regno" del professor Paolo Segatti, dell'Università di Milano, ha evidenziato il distacco nettissimo, tra i nati dopo il 1981, dalla pratica religiosa, dalla preghiera, dalla fede in Dio, dalla fiducia nella Chiesa.
Quando questi giovani avranno anch'essi dei figli, la trasmissione della fede cattolica alle future generazioni subirà una drastica cesura. Il "cortile dei gentili" dovrà far posto anche a loro.
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"UN RITORNO ALLE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO"
Intervista con Camillo Ruini
Clicca qui per leggere l'intervista al card. Ruini.
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1344000
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