martedì 27 luglio 2010
La carità divina nella pittura del Beato Angelico. C'è un volto per ogni istante (Osservatore Romano)
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La carità divina nella pittura del Beato Angelico
C'è un volto per ogni istante
di Alberto Viganò
Promotore nazionale del terz'ordine domenicano
La pittura angelichiana si propone oggi, col suo grande ciclo, come un'infinita omelia sull' amore del volto di Cristo, e non soltanto il volto di Cristo, Verbo incarnato, ma il volto di Cristo redentore del mondo.
Nella Deus caritas est si legge che dal fianco squarciato di Cristo, dall'amore più profondo, "Il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare"; ebbene, il Beato Angelico, con l'arte pittorica, ha espresso con chiarezza questa verità contemplata, ragione del suo essere frate domenicano. Come l'arte, e a maggior ragione, egli curò i doni dello Spirito Santo, per la comprensione del mistero della salvezza universale operata da Gesù, il Verbo del Padre. Una comprensione che si traduce in contemplazione.
La contemplazione, fine e scopo nel carisma domenicano, inevitabilmente è volta all'azione, vale a dire, sull'esempio dei santi che sono stati i grandi contemplatori del volto di Cristo, a una sua imitazione per una migliore sequela dello spirito del Vangelo.
La vita del frate domenicano aveva (e ha) come "fonte originaria" dell'annuncio della Parola il processo contemplari-contemplata, cioè la contemplazione e l'assimilazione del mistero della redenzione. Ebbene, l'attività artistica del maestro, le sue opere d'arte come predicazione della carità, e del bello in armonia con la verità, sono il frutto dell'influsso della fede e del fascino del mistero di Cristo e della Chiesa.
La prima esperienza di pittore-frate e frate-pittore la vive e la esprime nel convento domenicano di San Domenico di Fiesole. Di Fiesole vogliamo ricordare, oltre le miniature del Messale 558, almeno una pala dell'Angelico: il Trittico di Fiesole.
Al centro del trittico è Gesù, il Verbo di Dio fatto uomo in braccio alla Vergine Madre. È l'Amore del Padre incarnato per la redenzione del mondo. Maria offre il bimbo nudo. Qui l'Angelico mostra il volto nudo del Redentore per mostrare che Cristo offre tutto di sé, prefigurando la sua stessa morte. Il predicatore pittore predica un'accettazione della morte volontaria, non per necessità; accettazione volontaria per amore del Padre.
A Fiesole sono predicati molti volti del Cristo. Per ciò che oggi rimane dell'opera angelichiana ricordiamo la già citata pala del Trittico di Fiesole dove il volto di Gesù, come detto è un "volto nudo"; col Crocifisso del Capitolo di Fiesole ammiriamo e ascoltiamo il volto obbediente; con la Crocifissione del refettorio si contempla l'amore incarnato di Dio; è il volto che nutre: il Sacramentum caritatis.
L'Angelico è attento al vero volto del servo sofferente indicandone la vera icona, e da domenicano meditativo del mistero di Cristo ama più gli aspetti dogmatici che prodigiosi e taumaturgici. Così si mostra anche nel convento domenicano di San Marco di Firenze.
Qui, ogni parte del convento rivestiva un ruolo preciso nella vita domenicana. Nel capitolo del chiostro, luogo di preghiera e d'istruzione da parte del priore, è dipinta l'immensa scena della Crocifissione, che mostra in sintesi gli effetti delle grazie che l'amore di Cristo ha dato all'ordine.
Agli angoli del chiostro, in lunette, vi sono affreschi molto efficaci, come per esempio quella sopra l'entrata della chiesa su cui è dipinto San Pietro da Verona col dito indice appoggiato sulle labbra; è il volto del silenzio, il volto della meditazione, il volto della preghiera. Per chi entra nel chiostro è subito proposta la celeberrima Crocifissione e san Domenico. È un affresco fatto di sguardi, di due volti, quello del Cristo e quello del fondatore Domenico di Caleruega. Il volto del santo è il volto redento, il volto risvegliato e che percepisce l'orrore della morte del Verbo incarnato. Il volto di Cristo qui è il volto della riconciliazione e della pace. Il volto del santo invece, che è di fronte al Gesù morto, è stravolto, con barba incolta, all'acme della commozione espressiva nell'intensità dello sguardo, nella contrazione del volto e nel gesto accorato che con una mano abbraccia la croce e con l'altra l'accarezza. Vive anche lui la croce per la salvezza del mondo. Nella lunetta sopra l'Ospizio dei pellegrini, poi, vi è un volto del Cristo Pellegrino accolto da due frati domenicani. In ogni volto di chi chiede è presente il volto di Cristo. In ogni uomo è presente il volto di Cristo. Ogni uomo deve essere accolto con l'amore dovuto. Giovanni da Fiesole, sceglie di raffigurare il mistero di Cristo redentore, il volto dell'Amore del Padre, proprio in un convento per ricordare ai frati che Cristo è l'ideale del domenicano per la sua riuscita nella vita spirituale e apostolica.
Nel capitolo la già citata Crocifissione mostra tanti volti messi in relazione al volto redentivo. A terra vi sono tutti i santi, che lo sono per il volto santo di Dio. Ma è presente un volto che rifiuta il Volto. Tale volto mostra tutta la sua anormalità naturale e spirituale, come dire che chi non si converte urlerà per l'eternità: il volto del ladrone di destra, a differenza dell'altro, ha la bocca spalancata per la coscienza del suo eterno dolore. Nel capitolo di San Marco, dove i frati rivedono in comune la loro vita regolare, il volto di Cristo Crocifisso diventa giudicante, ma il volto del giudizio nel Beato Angelico non è mai momento tragico. È lontana dalla mente del frate pittore una percezione del dramma esistenziale, come è espresso invece in Masaccio, che concepisce la cacciata dei progenitori nella cappella Brancacci del Carmine a Firenze come una tragedia.
Nelle pitture dell'Angelico, soprattutto quelle di Firenze, si constata una certa asprezza del paesaggio, ciò per dare dominanza all'azione dell'amore del Padre, che il frate doveva meditare e contemplare notte e giorno. Gesù Cristo è il motivo dominante, modello vero del religioso. Anche il sangue che scaturisce dal volto e dalle ferite dei vari Crocifissi, mostra quell'insistenza omiletica tanto cara a Giovanni da Fiesole: Deus caritas est. "Nel sangue - scrive santa Caterina nella Lettera 315 - troviamo la fonte della misericordia; nel sangue la clemenza; nel sangue il fuoco, nel sangue la pietà, nel sangue è fatta la giustizia delle colpe nostre; nel sangue saziata la misericordia; nel sangue si dissolve la durizia nostra; nel sangue, le cose amare diventano dolci, e li grandi pesi leggeri".
San Domenico, nelle varie crocifissioni, parla al Cristo Crocifisso, in quanto prima di tutto il volto del Cristo della passione è il volto dissetante del Cristo della croce. Il sangue a fiotti è il latte del costato di Cristo di cui Caterina da Siena vuole dissetarsi in eterno. "(L'anima) sì che si pone al petto di Cristo crocifisso, che è essa carità, e così trasse il latte della virtù, nella quale virtù ebbe vita di grazia gustando in sé la natura mia divina che dava dolcezza alle virtù. Così è verità" (Dialogo, 96).
Un nuovo volto della passione, però, è da rintracciare almeno nella sua originalità nell'affresco presente nella cella 7: il Cristo deriso. Sono presenti tante immagini e simbolismi. La stella a otto punte di Domenico, per esempio, con impresso un occhio al centro, è il volto illuminante di Dio-Verbo, che salva i giusti nel giorno del giudizio. Anche i colori hanno una valenza simbolica e mostrano i sublimi caratteri del volto bendato del Cristo. Il rosso del sedile indica il volto regale e sofferente; il verde del drappo volgare nella sua collocazione, il volto della speranza della risurrezione; il bianco delle vesti, il volto di innocenza e sacralità.
Così, velocemente, contempliamo il volto del Cristo che è Roccia nel Discorso della montagna nella cella 32; il volto affascinante nella sequela Christi con l'entrata di Gesù a Gerusalemme, cella 33; il volto quaresimale e virtuoso con la Tentazione di Gesù, cella 33/A; il volto eucaristico che nutre con la Comunione degli apostoli, cella 35; il volto della paura e dell'obbedienza nell'Agonia di Gesù nell'orto, cella 34; il volto che parla nel Gesù inchiodato sulla croce, cella 36; il volto del peso dei peccati nel Gesù che porta la croce, cella 28; il volto tradito e mansueto nel Bacio di Giuda, cella 32/A. Qui lo sguardo penetrante di Gesù fissa il traditore.
Nel convento fiorentino, comunque, si contempla anche il volto della gloria. Infatti nel terzo mistero della gloria si contempla la gloriosa conversazione dei santi con Gesù Salvatore in braccio alla Madre com'è nel famoso affresco nel corridoio del dormitorio: La Madonna delle ombre. L'uso del linguaggio, come per tutte le pitture del dormitorio, nella Madonna delle Ombre è semplice, questo per favorire una contemplazione collettiva dei frati preparati teologicamente nella razionalità tipica della teologia tomista. Tre santi non guardano il Cristo Re, ma il visitatore (i frati) per invitare alla meditazione del volto regale di Cristo e di Maria Santissima. La presenza della Madonna nel corridoio non era dunque casuale. Oltre all'altra celeberrima Annunciazione sopra le scale del dormitorio venerata dopo compieta, ricordiamo la sobria Annuciazione della cella 3. L'affresco mostra nella sua razionalità il volto intimo e luminoso di Dio.
Il Bambino della Presentazione al tempio, cella 10, mostra il volto dell'amabilità nel volto commosso di Simeone. Nella Trasfigurazione della cella 6, si contempla il volto luminoso e maturo del Padre più che del Figlio. Nel Noli me tangere, cella 1 - (Giovanni, 20, 11-18) - il volto di Cristo è il volto della gioia, dove la stessa natura - che rappresenta il Paradiso ricostituito - alberi, fiori, erba, partecipa del gioioso evento. I punti di colore del bianco e del rosso del prato su cui aleggia il Cristo risorto sono punti di colore vivo e in rilievo. Il volto glorioso, ecco, è nella cella 8 nel Cristo risorto e le pie donne al Sepolcro. Qui sono soggetti principalmente due volti: il volto di Cristo e della Vergine.
Mancherebbero le prediche che l'Angelico fece sul Giudizio. Ci permettiamo di fare un accenno sullo splendido volto giudicante del Cristo dipinto nel duomo di Orvieto. Un volto giovane, non come quello della Trasfigurazione di San Marco, dove prende le sembianze del Padre.
(©L'Osservatore Romano - 28 luglio 2010)
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