mercoledì 7 luglio 2010

Mons. Mariano Crociata: La sfida del relativismo e la passione educativa (Osservatore Romano)


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Il segretario generale della Cei Mariano Crociata

La sfida del relativismo e la passione educativa

Venezia, 6. È quella del relativismo la tentazione più delicata e impegnativa che rischia di minare "alla radice qualsiasi opera educativa". Tuttavia, il "problema principe" attuale è costituito dalla "carenza di figure di educatori", di persone che comprendano che "non si può essere educatori di altri se non si rimane educatori di se stessi". È quanto ha sottolineato il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), intervenendo ieri sera all'iniziativa "Bibione guarda all'Avvenire", organizzata in una parrocchia di Bibione, in provincia di Venezia, dalla diocesi di Concordia-Pordenone. Tema dell'intervento "Educare: un compito urgente tra emergenza e sfida". Argomento in sintonia con la preoccupazione più volte espressa da Benedetto XVI e che - è stato ricordato - costituirà anche il tema portante dell'episcopato italiano per il prossimo decennio.
Crociata ha iniziato il suo intervento ricordando per grandi linee i cambiamenti avvenuti nell'ultimo mezzo secolo nella società e nella cultura italiana e occidentale. Cambiamenti e trasformazioni che, anche sulla spinta di un forte processo migratorio, ci hanno "abituato, senza troppi ragionamenti, ad accettare che la diversità e la pluralità fanno parte del nostro mondo e della nostra società". A ciò si deve anche aggiungere che "le nuove forme di comunicazione vengono a costituire un nuovo ambiente che riplasma il rapporto tra le persone". Di qui anche la particolare "complessità" dell'azione educativa oggi. Poiché "la disponibilità illimitata di forme e d'interlocutori della comunicazione in questa epoca digitale ha già prodotto un riposizionamento delle tradizionali agenzie educative, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola, spesso inesorabilmente marginalizzate o comunque ridimensionate". Si tratta perciò - secondo Crociata - di cogliere "le opportunità della nuova situazione facendo diventare il concorso di nuove potenzialità e di nuovi soggetti un fattore produttivo di una più ricca opera educativa".
In questo contesto "l'aspetto più delicato" è costituito "dalla tentazione relativista che mina in radice qualsiasi opera educativa". Facilmente si perviene alla "conclusione che non ha senso avanzare alcuna proposta educativa". Infatti, "un senso malinteso di rispetto dell'autonomia e della libertà ha portato talora a teorizzare e praticare il rifiuto dell'opera educativa come tale, ritenendola lesiva o limitativa della personalità del bambino, del ragazzo o del giovane, la quale invece dovrebbe avere già in sé tutto ciò che è necessario alla sua maturazione umana e, dunque, avrebbe bisogno solo di un aiuto volto a facilitare la sua naturale evoluzione". E, in una simile prospettiva - per Crociata - ne va della "sussistenza stessa dell'educazione", perché "a essere messa in questione, prima che il compito educativo, è l'idea di persona umana". Stando alla mentalità dominante, infatti, "la famiglia non dovrebbe in alcun modo adottare misure costrittive o repressive e la scuola assumerebbe solo una funzione metodologica, come luogo di apprendimento di informazioni, di tecniche, di uso di strumenti di cui lo studente si servirebbe liberamente e relativamente per dar forma alla propria personalità".
Per affrontare e superare simili difficoltà il segretario generale della Cei pone l'accento su tre parole chiave - "generazione, tradizione, autorità" - che diventano anche le tre "esigenze imprescindibili per una sfida educativa raccolta e condotta secondo verità".
Dire "generazione" significa infatti, per Crociata, fare riferimento all'esperienza umana elementare. "Non basta essere procreati per essere generati: non basta metter al mondo una creatura per renderlo figlio e persona". Al tempo stesso, "la tradizione rappresenta la condizione per lasciar emergere l'originalità e l'unicità di ciascuno", poiché "non è nel vuoto che si può sviluppare una personalità originale, ma soltanto all'interno di un processo di trasmissione". Infine, il concetto di "autorità", parola che appare "ostica" ai nostri giorni, ma che invece, a patto di non essere "confusa con autoritarismo", è "responsabilità a partire da un'autorevolezza personale e competente da parte dell'educatore". Si giunge così al "problema principe": la "carenza di figure di educatori". Perché troppo spesso i giovani "non incontrano adulti e educatori capaci, carichi di passione educativa".

(©L'Osservatore Romano - 7 luglio 2010)

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