lunedì 16 agosto 2010
Appello di Vincenzo Cerami ai preti: rinuncino agli abiti borghesi e rimettano la tonaca. Da incorniciare!
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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:
Tonaca
di Vincenzo Cerami
È un po’ di tempo che la Chiesa si sta strenuamente difendendo da una campagna mediatica che ha acceso i fari sul fenomeno delle attività e delle aberrazioni erotiche del clero.
E non si tratta soltanto degli orrori della pedofilia, ma anche di festini a luci rosse, orge e sortite clandestine d’ogni genere.
Dismessa la tonaca e indossati gli abiti civili, molti preti passano dal sacro al profano in men che nulla. Chiedo a un mio amico, che scrive su questo giornale, don Filippo Di Giacomo, se non sarebbe più opportuno, per lui e per i suoi allegri confratelli, rinunciare a mettersi in borghese e tornare a vestire l’abito lungo del prete.
Non c’è da imbarazzarsi a indossarlo, anzi, sarebbe un segno di rispetto per la comunità cattolica e avrebbe anche il potere di eliminare ogni ambiguità. È difficile riconoscere un sacerdote in un tizio in camiciola: siamo in presenza di un inganno, per lo meno sul piano semiologico.
L’amico Di Giacomo dovrebbe buttare alle ortiche i suoi abiti “laici” e lanciare un appello affinché a tutti i preti del mondo sia vietato di indossare altro che non siano due tonache: una di lana per l’inverno e una di cotone per l’estate.
Non servirà certo a scoraggiare i duri e puri indemoniati dell’eros, ma farà da margine all’espansione delle mille, piccole depravazioni quotidiane. In genere si dice che “l’abito non fa il monaco”, ma per la Chiesa non è così: l’abito deve fare il monaco. Il cattolicesimo, come altre religioni, vive di simboli, di riti, di castità, di valori fondanti e irrinunciabili, di fedeltà alla dottrina, di rigorosa obbedienza alle regole sacerdotali.
La tonaca, alla semplice vista, ci trasmette tutto questo: molto spirito e poca carne. Un prete che sostituisce la tonaca con un abito comune è come se rinunciasse allo spirito.
© Copyright L'Unità, 15 agosto 2010 consultabile online anche qui.
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11 commenti:
Concordo! "L'abito non fa il monaco MA LO PROTEGGE!" ... anche da se stesso.
SdC
La talare lunga del prete è un qualcosa di irrinunciabile, perchè esprime la diversità dal "mondo", ovvero la sua appartenenza a CRISTO e a LUI solo. Forse i Vescovi, posti a governare porzioni di CHIESA, dovrebbero vigilare su questo un po' di più, anche nel rispetto rigoroso della disciplina canonica che impone l'uso dell'abito ecclesiastico
don Alessandro
Condivido in pieno i due post precedenti. Da parte mia sono sempre in abito clergyman e, spesso, in talare. E ciò da ventisei anni.
don A. B.
Cerami afferma il giusto, ma purtroppo "è una voce che grida nel deserto", un "inascoltato per definizione". Sono in molti i fedeli che vorrebbero rivedere i preti in "divisa consona"; ma sono pochissimi i preti (anche vescovi) che ambiscano a "ritornare al vestiario ante-cconcilio". La filosofia prevalente nei religiosi di basso e medio rango, giustificata malamente (dai religiosi) come conseguenza dei diversi cambiamenti epocali che renderebbero oggigiorno inidonei "l'aborrito abito talare" ed "il raffinato clergy completo" , è che "borghese" "è bello"; che sia più "comodo" fare il prete "mimetizzato o semimimetizzato nel vestiario", perché ciò offre più "margini di manovra in tutto", sia nell'apparire "comuni come i comuni fedeli", sia nello sfruttare le situazioni in cui "rimuovere all'esterno" la loro identità. Magari per qualche scappatella con il "gentil sesso".
Non si illuda Cerami che ci sia un ritorno all'antica! Oggi non pochi preti usano, nel loro ministero, dettagli del vestiario compresi, il metodo di una vecchia pubblicità turistica: "Touristos fai da te! No Alpi Tour? Hai, hai, hai!". Ma il "fai da te piace di più del "prete organizzato dall'alto".
Sono moltissime le sollecitazioni giunte alla CEI per gli abbigliamenti disinvolti di preti e vescovi, ai vari presidenti, segretari e personaggi influenti della CEI che si sono succeduti nel corso degli decenni:ma non è mai cambiato nulla, perché evidentemente, non esisteva una "robusta voglia" di cambiare l'andazzo!
Fintanto che le scappatelle erano col gentil sesso i danni erano limitati. Ma con l'avvento dei "pride" si è passati direttamente ai bambini e al disastro attuale. Eufemia
bè....un appello lanciato perfino da un giornale comunista quale è l'Unità, dovrebbe far riflettere molto e molti preti allergici alla tonaca...
^__^
Concordo su tutta la linea!
Un prete dovrebbe essere orgoglioso di dire a tutti (anche con l'abito): IO SONO UN SACERDOTE, un Alter Christi!
Concordo in pieno con tutti i post precedenti. Pero volevo pure metter in evidenza che pure in vaticano nella curia romana e perfino in udienza dal Papa girano preti e vescovi senza l'abito talare. Piu volte si son visti sacerdoti, non piu tardi dell anno scorso in udienza dal Papa con addirittura la camicia del clergy sopra i pantaloni come un comune turista estivo. Basterebbe rendere tassativo(gia lo prevederebbe il codice canoinico che nessuno ormai rispetta)indossar l abito talare per entrar in vaticano e per potre celebrare la S.Messa e andar in udidenza dal Santo Padre
Mi sto rendendo sempre più conto come sia importante per noi sacerdoti indossare la veste talare che suscita in chi ci vede un senso di rispetto e di trascendenza, invito i confratelli che leggono a fare l'esperienza.
I primi a salutarti sono spesso proprio i più giovani.
don bernardo
Egregio e caro Don Bernardo,
Lei ha pienamente ragione sulla questione dell'abito ministeriale. Ma non si faccia illusioni! I primi a non ascoltarla saranno proprio i "vescovi della nouvelle vague", diversi dei quali preferiscono gli abbigliamenti disinvolti "in versione pseudo-mimetizzante" ed è difficile che cambino atteggiamento.
Molti di quei vescovi sono anziani.
Ho fiducia nei giovani meno ideologizzati e piu' permeabili al Magistero di Benedetto XVI.
R.
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