martedì 17 agosto 2010

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LE PAROLE DI PIETRO

Domenica mattina il Pontefice ha celebrato la Messa nella parrocchia di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo, accolto dal vescovo di Albano, Marcello Semeraro, e da una gran folla di fedeli

Assunta, unione tra cielo e terra

Benedetto XVI ricorda il dogma proclamato 60 anni fa

«Contempliamo la realizzazione della creatura umana»

DA ROMA MIMMO MUOLO

Quella dell’Assunzione di Maria è una solennità che fa pensare al cielo, ma senza dimenticare la terra. È l’insegnamento che proviene dalla festa mariana del 15 agosto e che il Papa ha messo in luce domenica, celebrando come di consueto nel giorno di Ferragosto la Messa nella parrocchia pontificia di 'San Tommaso da Villanova' a Castel Gandolfo. Accolto dal vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro, dal parroco e da numerosi fedeli, Benedetto XVI ha spiegato nell’omelia il significato del dogma proclamato 60 anni fa da Pio XII. «Noi crediamo – ha sottolineato – che Maria, come Cristo suo Figlio, ha già vinto la morte e trionfa già nella gloria celeste nella totalità del suo essere, 'in anima e corpo'». Tuttavia il termine cielo non indica qualcosa di distante. Infatti, ha proseguito il Pontefice, «oggi siamo ben consapevoli che col termine 'cielo' non ci riferiamo ad un qualche luogo dell’universo.
No! Ci riferiamo a qualcosa di molto più grande e difficile da definire con i nostri limitati concetti umani. Con questo termine cielo vogliamo affermare che Dio, il Dio fattosi vicino a noi non ci abbandona neppure nella morte e oltre di essa, ma ha un posto per noi e ci dona l’eternità ». Questa è anche una spinta potente ad agire in modo corretto nel mondo. «Il cristianesimo – ha spiegato, infatti, il Papa – dona una speranza forte in un futuro luminoso e noi siamo chiamati, proprio come cristiani, ad edificare questo mondo nuovo, a lavorare affinché diventi un giorno il 'mondo di Dio', un mondo che sorpasserà tutto ciò che noi stessi potremmo costruire. In Maria Assunta in cielo, pienamente partecipe della Risurrezione del Figlio, noi contempliamo la realizzazione della creatura umana secondo il 'mondo di Dio'».
Quindi il Papa ha proseguito: «Preghiamo il Signore affinché ci faccia comprendere quanto è preziosa ai Suoi occhi tutta la nostra vita; rafforzi la nostra fede nella vita eterna; ci renda uomini della speranza, che operano per costruire un mondo aperto a Dio, uomini pieni di gioia, che sanno scorgere la bellezza del mondo futuro in mezzo agli affanni della vita quotidiana e in tale certezza vivono, credono e sperano».
Soprattutto Benedetto XVI si è soffermato sul concetto di eternità. Per spiegare questa realtà ha fatto riferimento alla memoria, impressa nei nostri cuori, di quanti abbiamo amato e sono morti. Una parte di loro continua a vivere in noi, «ma è come un’ombra, perché anche questa sopravvivenza nel cuore dei propri cari è destinata a finire». Dio invece «non passa mai e noi tutti esistiamo in forza del Suo amore; esistiamo perché egli ci ama, perché egli ci ha pensati e ci ha chiamati alla vita. Esistia­mo – ha aggiunto il Pontefice – nei pensieri e nell’amore di Dio. Esistiamo in tutta la nostra realtà, non solo nella nostra 'ombra'. La nostra serenità, la nostra speranza, la nostra pace si fondano proprio su questo: in Dio nel suo amore creatore, noi siamo custoditi e introdotti con tutta la nostra vita, con tutto il nostro essere nell’eternità. È il suo Amore che vince la morte e ci dona l’eternità, ed è questo amore che chiamiamo cielo: Dio è così grande da avere posto anche per noi».
Al termine della Messa, Benedetto X-VI, attorniato dall’entusiasmo dei fedeli, è tornato nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo per la preghiera dell’Angelus. Nel breve discorso (che Avvenire pubblica integralmente) ha ricordato che «la venerazione verso la Vergine Maria accompagna fin dagli inizi il cammino della Chiesa». «Artisti d’ogni epoca – ha sottolineato – hanno dipinto e scolpito la santità della Madre del Signore adornando chiese e santuari. Poeti, scrittori e musicisti hanno tributato onore alla Vergine con inni e canti liturgici. Da Oriente a Occidente la Tuttasanta è invocata Madre celeste, che sostiene il Figlio di Dio fra le braccia e sotto la cui protezione trova rifugio tutta l’umanità». A riprova del fatto che in Maria terra e cielo non sono distanti.

© Copyright Avvenire, 17 agosto 2010

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