domenica 15 agosto 2010

Il Papa atteso per l'Assunta nella parrocchia di Castel Gandolfo (Osservatore Romano)


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I fedeli si preparano rileggendo gli insegnamenti di Paolo VI

Il Papa atteso per l'Assunta nella parrocchia di Castel Gandolfo

Sono pochi metri quelli che separano il portone del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo dalla parrocchia di San Tommaso da Villanova. Ma quando Benedetto XVI, come avviene di consueto ogni 15 agosto, esce a piedi accompagnato dal suo seguito per raggiungerla, quei metri inevitabilmente sembrano non finire mai. Sarebbero pochi passi, ma vengono interrotti continuamente dai saluti, dallo sventolio di fazzoletti, dalle braccia protese in avanti di quanti, dalla mattina presto incollati alle transenne, attendono il passaggio del Pontefice. E davanti ai gesti di affetto della gente, Benedetto XVI non si tira indietro: ricambia con strette di mano, sorrisi, una parola, una benedizione e riprende il cammino. Fino alla parrocchia pontificia, dove Benedetto XVI di buon mattino celebra l'Eucaristia nella solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria. È tutta la comunità parrocchiale che lo accoglie con sincero gradimento per celebrare insieme la solennità mariana.
È una festa in famiglia, un momento di cordialità nel quale si ritrovano intorno all'Eucaristia presieduta dal Papa tutte le realtà della comunità. A cominciare dal parroco salesiano don Waldemar Niedziolka, dai suoi collaboratori, dai ragazzi dell'oratorio e del catechismo, dai giovani del dopo-cresima, dal coro, dalle religiose, dai membri dell'Azione Cattolica, dai responsabili delle Ville Pontificie, fino alle autorità civili e militari locali.
Alcune testimonianze raccolte tra i fedeli alla vigilia rendono l'idea del clima di attesa della comunità. "Ogni anno non mi preoccupo di dovermi alzare all'alba per venire a Castel Gandolfo e partecipare alla messa con il Papa - dice una donna che frequenta da anni la parrocchia -, vivo meglio la festa della Madonna se ascolto personalmente le parole che Benedetto XVI ci rivolge nell'omelia". "È sempre una bella emozione poter vedere da vicino il Papa - le fa eco un anziano che presta servizio in chiesa -, ricevere la comunione dalle sue mani e poterle stringere tra le mie". I giovani vivono la presenza del Pontefice in parrocchia come un evento. "Spero di riuscire a toccarlo - dice un ragazzo dell'oratorio - comunque, sono sicuro che gli piaceranno i nostri canti preparati con molto impegno e allegria".
La breve visita del Papa a San Tommaso da Villanova è anche occasione nella comunità di riflettere sulla natura della parrocchia. Quest'anno il parroco don Niedziolka in attesa di ascoltare Benedetto XVI ha scelto per base di riflessione testi del magistero di Paolo VI. Papa Montini vi chiarisce il significato di appartenenza alla parrocchia, la modalità di partecipare alla sua vita e per scuotere le coscienze. I brani avevano e mantengono un valore universale. Si potrebbero infatti utilizzare con frutto da ogni comunità come una sorta di vademecum. "La Chiesa - è l'insegnamento di Papa Montini - ha due dimensioni: una gerarchica, che potrebbe dirsi verticale, di paternità; l'altra di fraternità, di comunità voluta dal Signore. È tale la vera parrocchia, dove tutti sono figli, fratelli: tutti si conoscono e si vogliono bene; lavorano quasi in cooperativa di mutuo soccorso spirituale, impegnati a edificare e costruire, nella santità e nella fedeltà a Cristo Signore, la sua Chiesa viva. Si vogliono bene; sanno che questo è il precetto fondamentale".
La parrocchia come luogo di fraternità, di comunità voluta da Dio. È un aspetto radicato nel pensiero montiniano che ci apre alla comprensione di come si debba vivere la realtà della comunità parrocchiale. Non sentirsi ospiti o estranei, ma pienamente inseriti in virtù del battesimo che abbiamo ricevuto. È la casa di tutti, la vera casa del popolo.
Paolo VI indicò anche come risolvere praticamente certi contrasti e incomprensioni inevitabili che possono nascere tra caratteri e sensibilità diverse. "Bisogna vivere la carità, agire nella carità. Vogliatevi bene, cercate di amarvi. O come sarebbe davvero stupendo se queste nostre parrocchie dimostrassero bene quel che deve essere la società ecclesiastica. E cioè: gente dapprima sconosciuta, gruppi diversi per costume, educazione, origine, età, professione, eccetera, che, trovandosi in Chiesa si rivelano e si sentono altrettanti nuclei di fratelli".
Dalla lettura di queste parole risaltano ai nostri occhi il significato dell'amicizia. I fedeli di una parrocchia "diventano amici, si danno la mano uno con l'altro, si perdonano le offese, non parlano male del prossimo e cercano, invece, ove c'è un ammalato, di assisterlo, ove un disoccupato, di soccorrerlo, dove un bambino, di educarlo; ovunque, in una parola, c'è un'azione buona da compiere a vantaggio del prossimo, aver subito cuore e impegno per dire: ecco che Cristo ci chiama".
Perché? Forse per la priorità attribuita a quell'aspetto tipicamente comunionale che è la parrocchia riunita intorno all'Eucaristia e che in essa trova fondamento. Quell'invito a collaborare perciò non è altro che un appello a "praticare insieme", cioè a fare comunione sotto lo sguardo di Cristo. Segue poi la richiesta di pregare e di soffrire: un binomio indissolubile per alimentare la vita spirituale. Papa Montini percepisce poi la parrocchia come una famiglia, dove ognuno è chiamato a svolgere un ruolo specifico sotto la guida del parroco che rappresenta Gesù Buon Pastore. Certamente, come in ogni casa vi sono differenti caratteri e personalità, così è nella parrocchia. Per questo, occorrono occhi di fede per vedere negli uomini, con i loro difetti e i loro limiti, i delegati di Cristo.
Una cosa stava molto a cuore a Paolo VI: l'atteggiamento positivo e costruttivo doveva divenire il segno distintivo dei parrocchiani. Da parte, quindi, ogni sterile lasciarsi andare alle critiche e ai giudizi spesso affrettati, ma ben venga una dose di autocritica e di fiducia nell'operato degli altri. "La parrocchia è una Chiesa speciale con i registri, l'archivio, l'anagrafe, l'amministrazione concernente i fedeli; è un'entità giuridica".
La parrocchia che ha bisogno dello sforzo e dell'impegno non è solo un'entità giuridica di ognuno, ben sapendo che vi sono modi diversi ma comunque validi per contribuire alla vita comunitaria: la preghiera, l'aiuto ai poveri, il sostegno ai malati, l'attenzione alle persone sole ed emarginate. "La parrocchia è la presenza di Cristo operante attraverso il ministero dei suoi sacerdoti. Un ministero responsabile: ecco la nota distintiva tra la chiesa parrocchiale e le altre chiese ove si può fare del bene, ma senza vincolo. Il parroco invece è tenuto a precisi doveri, né può rifiutarsi, poiché s'è dato, è alla disposizione di tutti. È uno che ha detto al Signore: io andrò a rappresentarti, e cioè a ripetere quello che tu hai compiuto e insegnato, a dedicarmi agli altri".
Ecco indicato un modo per non scaricare le proprie responsabilità ed evitare di mettersi in discussione quando le cose non vanno bene. Non vi sono alibi per non impegnarsi e per emettere giudizi affrettati, o meglio per non coinvolgersi in prima persona. Un sacerdote che segue coerentemente i consigli evangelici è come il lievito nella massa.

(©L'Osservatore Romano - 15 agosto 2010)

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