sabato 18 settembre 2010

Il Pontefice non ha paura (Galeazzi)


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Nel fortino del seguito papale
"Il Pontefice non ha paura"


Ratzinger teme che il complotto possa oscurare l'apertura al dialogo con l'Islam

GIACOMO GALEAZZI

INVIATO A LONDRA
Doveva essere il giorno della pace con l'Islam dopo la bufera-Ratisbona e del dialogo tra le fedi, è stato quello dell'allarme terrorismo e della minaccia fondamentalista. L'esordio londinese di Benedetto XVI si apre nel segno della «collaborazione tra le religioni nella società multiculturale» e della centralità dei credenti «nella politica e nella società», ma si chiude sotto la scure dell'ostilità islamista alla «santa alleanza» tra monoteismi.
La preoccupazione piomba nel seguito papale appena a Chiltern Street (vicino alla moschea di Regent's Park) vengono compiuti gli arresti degli estremisti islamici. E da lì in poi muta l'atmosfera tra chi accompagna il Papa nella più delicata delle sue missioni all'estero. Le incomprensioni con l'Islam sono una ferita che per il pontificato è «prioritario» rimarginare. Le manette scattate a Westminster rabbuiano l'atmosfera anche quando si ostenta serenità. Il direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian evidenzia come «malgrado i profeti di sventura», la visita nel Regno Unito non potesse «iniziare meglio».
Nell'«inner circle» di Benedetto XVI, però, il clima non è sereno come giovedì in Scozia. «Il Papa non ha paura», assicurano i più stretti collaboratori. Ad avvisarlo è stato il segretario personale don Georg, poi in un colloquio con il cardinale Bertone sono state discusse alcune «delucidazioni» ricevute dalla vigilanza vaticana. C'è piena concordanza sull'opportunità di non trasformare la dovuta cautela in un eccessivo e «innaturale» isolamento nelle celebrazioni. Il Pontefice è un pastore, una guida spirituale e non può essere totalmente sottratto al contatto con le folle come, in circostanze di particolare allerta, viene fatto con capi di Stato o uomini politici.
Nella cintura dei fedelissimi si misurano le parole. «I bilanci si fanno a fine viaggio», torna come un mantra ad ogni richiesta di chiarimento, mentre si abbozzano paragoni con la delicatissima visita compiuta in Turchia per sanare la frattura di Ratisbona. Allora come oggi il nodo da sciogliere è l'incomunicabilità con l'Islam. Gli «angeli gay» che manifestano contro il Papa sono considerati «folklore» rispetto al cupo scenario di un cronico fondamentalismo che tiene sotto tiro il dialogo interreligioso. «Sui mass media si parla dei sei terroristi invece del ramoscello d'ulivo del Papa alle altre fedi», si commenta in serata nel fortino assediato del seguito papale con le sirene della polizia che attraversano Londra per blindare la visita.
«Il Papa è stato informato, è tranquillo e prosegue la visita con gioia e coraggio. Non serve cambiare il programma - conferma il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi -. Abbiamo piena fiducia nella polizia e saranno prese tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza». A Sarajevo «la situazione era più pericolosa», aggiunge padre Lombardi ricordando le bombe trovate nel ’97 all'arrivo in Bosnia di Karol Wojtyla. Pochi istanti dopo è il turno della Conferenza episcopale: «Pontefice e fedeli non corrono rischi». Però, accanto a Joseph Ratzinger, le nubi sono altre. Tra diplomatici e addetti al protocollo, l'inquietudine non riguarda soltanto l'ordine pubblico, bensì i possibili contraccolpi dello sventato attentato sul patto di collaborazione offerto dal Papa all'Islam accorso ad incontrarlo.
Il segnale inquietante è che «Ratisbona non passa», ossia che l'avvertimento fondamentalista sia destinato al Vaticano ma soprattutto ai correligionari disposti a stringere la mano al «capo dei crociati». Eppure la carta giocata dal Pontefice era di quelle destinate a chiudere la partita. Benedetto XVI si era spinto più avanti del solito invocando, nell'incontro di Londra con i leader di altre religioni, un «dialogo dell'azione».
La contestazione di piazza annunciata per oggi da tutte le sigle che si oppongono da mesi alla visita del Papa (a causa del no vaticano alle coppie gay, dei richiesti risarcimenti alle vittime degli abusi sessuali del clero e delle «posizioni oscurantiste» su bioetica e nuovi diritti civili) non preoccupano il seguito papale quanto la mancata chiusura del «dossier Islam».

© Copyright La Stampa, 18 settembre 2010 consultabile online anche qui.

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