venerdì 1 ottobre 2010

Commissione mista Cattolici-Ortodossi: come è andata davvero a Vienna. Avanti adagio...(Paolo D'Andrea)

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Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo:

Come è andata davvero a Vienna. Avanti adagio...

Ecco perché il summit tra cattolici e ortodossi non ha registrato svolte epocali ma neanche marce indietro. Fermati i "talebani" dell'ortodossia

Paolo D'Andrea

Una regola aurea dell'ecumenismo, distillata in decenni di esperienza da quelli che hanno avuto più a cuore il ripristino della piena unità tra i cristiani, suggerisce di evitare l'ottimismo melenso o il pessimismo disfattista quando si tratta di giudicare gli stop forzati, le apparenti marce indietro e le ripartenze di slancio nel cammino teso a superare divisioni e incomprensioni incallite nei secoli. Il consiglio torna utile se si vuole capire davvero l'ultimo caso controverso nei rapporti tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa.
La nuova contesa interpretativa si è accesa intorno agli esiti dell'ultima runione della Commissione teologica mista tra la Chiesa cattolica e tutte le Chiese ortodosse autocefale, conclusasi a Vienna lunedì scorso. L'organismo bilaterale, composto in misura paritaria da una sessantina di rappresentanti delegati delle Chiese sorelle - cardinali, metropoliti, vescovi, teologi e accademici - a partire dalla riunione di Ravenna del 2007 ha con fatica abbordato per la prima volta la questione che da sempre rappresenta la pietra d'inciampo nei rapporti tra il cattolicesimo e l'Oriente cristiano: il ruolo del vescovo di Roma nella Chiesa universale. Nella sessione di Vienna, preseguendo sulla tabella di marcia concordata da tempo, i delegati avrebbero dovuto concludere la discussione tesa a limare, emendare e possibilmente approvare un documento di lavoro che esprimesse una visione condivisa del ruolo esercitato del vescovo di Roma nella comunione di tutta la Chiesa durante il primo millennio. I due co-presidenti della Commissione - il vescovo cattolico Kurt Koch, neo-ministro vaticano per l'ecumenismo, e il grande teologo Ioannis Zizioulas, metropolita del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli - alla fine dei lavori avevano tracciato un bilancio positivo del summit, senza entrare troppo nei dettagli. «Non ci sono nubi di incomprensione tra le nostre due Chiese» aveva dichiarato il capo della delegazione ortodossa, aggiungendo fiducioso che il ritorno all'unità potrebbe essere il risultato «non di una riforma, che è un termine troppo forte, ma di un adattamento da entrambe le parti. Gli ortodossi devono rafforzare la loro concezione del primato. E forse la parte cattolica deve rafforzare di più la dimensione della sinodalità». A stretto giro, da Mosca è arrivato un commento senz'altro più articolato e ruvido delle giornate di Vienna, subito trasformato dai taglia e cuci delle agenzie occidentali nell'ennesimo siluro post-sovietico sulle speranze ecumeniche accreditate da Koch e Zizioulas.
Il metropolita russo ortodosso Hilarion, che al summit di Vienna rappresentava il potente Patriarcato di Mosca, in una nota rilanciata dall'agenzia Interfax ha tenuto a far sapere che nella sessione dei lavori «non è stato compiuto nessun grande balzo in avanti», puntualizzando che la bozza sotto esame relativa al ruolo del vescovo di Roma nel primo Millennio «ha bisogno di ulteriori correzioni» e comunque il suo statuto per ora è quello di un testo di lavoro da usare per preparare ulteriori documenti, senza alcun profilo di pronunciamento ufficiale e vincolante. Hilarion ha implicitamente indicato tra i limiti del documento sotto esame il suo «carattere puramente storico» (ipotizzando la stesura di un altro documento che metta in luce le implicazioni teologiche del dibattito sul primato) e una concentrazione esclusiva sul ruolo del vescovo di Roma, che «può indurre a un'errata comprensione di come i poteri erano distribuiti nella Chiesa antica» e oscurare il dato storico - fondamentale agli occhi degli rtodossi - della totale assenza, anche nel primo Millennio, di una vera e propria giurisdizione del vescovo di Roma sulle Chiese d'Oriente. Solo nella prossima sessione, e dopo aver riempito questi spazi bianchi - ha concluso Hilarion - ci si potrà pronunciare sul valore reale del testo in elaborazione. Puntualizzazioni puntigliose, certo. E magari anche il tentativo di mettere in anticipo qualche paletto sul futuro cammino delle trattative. Eppure la lettura a tinte forti delle parole di Hilarion da sola non basta a provare la fatale inutilità delle discussioni teologiche intorno al punctum dolens del primato. In realtà, il summit di Vienna non ha registrato svolte epocali, ma neppure marcie indietro o sintomi di congelamento. Piuttosto, ha confermato che il ritmo di questo dialogo teologico è e rimarrà quello dell'avanti adagio, con juicio.
A Vienna si è ultimata la lettura riga per riga del documento sul ruolo del vescovo di Roma nella comunione nella Chiesa nel primo millennio. Sono state raccolte tutte le richieste di modifiche, tagli e correzioni che verranno apportati al testo di lavoro dalla sottocommissione - anch'essa bilaterale e paritaria - incaricata di riequilibrare il testo secondo alcune linee guida suggerite dagli ortodossi: una maggiore sottolineatura del principio della sinodalità, visto in legittima e proficua tensione dialettica con quello del primato, e una focalizzazione accentuata sugli argomenti teologici più che su quelli storici. Il testo emendato, dopo un ulteriore lavoro di armonizzazione redazionale, verrà sottoposto di nuovo alla prossima plenaria della Commissione, in programma tra due anni in un Paese a maggioranza ortodossa.
Al di là dei singoli punti, negli interventi "d'interdizione" effettuati da molti rappresentanti ortodossi è affiorata la preoccupazione - espressa anche dal comunicato di Hilarion - di non attribuire al documento sotto esame nessuna patente di vincolante ufficialità. A tali obiezioni, le risposte di parte cattolica sono state tranquillizanti: è ovvio - hanno concordato il cardinale Schönborn, il vescovo Roland Minnerath, il domenicano Charles Morerod e gli altri delegati della Chiesa di Roma - che i documenti della commissione teologica rimangono testi di lavoro di tale organismo, e assumeranno valore normativo solo se e quando verranno riconosciuti e approvati dal Papa e dai sinodi delle singole Chiese ortodosse.
Se il lavoro di discernimento comune sul ruolo del Papa nel primo Millennio procede lentamente, le cose si complicheranno quando si passerà al secondo Millennio, quello dell'infallibilità e dei dogmi definiti dai papi di Roma senza il consenso degli ortodossi. Le istanze minimizzanti espresse da alcuni rappresentanti ortodossi si spiegano soprattutto tenendo conto dei forti partiti anti-ecumenici attivi all'interno di diverse Chiese ortodosse. Il primo documento approvato dalla Commissione mista a Ravenna nel 2007 conteneva già una definizione condivisa del principio del Primato, insieme al riconoscimento che nei primi secoli cristiani il vescovo di Roma era universalmente riconosciuto come il primus, in quanto titolare della Prima Sedes, la chiesa di Roma. Tanto è bastato ai gruppuscoli ortodossi contrari all'ecumenismo (quelli che Zizioulas definisce «talebani ortodossi») per mettere sotto accusa le rispettive leadership ecclesiali, attaccando il loro «servilismo» nei confronti di quella Roma che nella propaganda degli integralisti rimane la «meretrice di Babilonia». Nel dialogo ecumenico, anche i riflessi psicologici vanno tenuti da conto. Nessuno seguirà le avanguardie ecumeniche dell'Ortodossia, se il ritorno alla comunione col vescovo di Roma viene percepito come un andare a Canossa.

© Copyright Il Secolo d'Italia, 30 settembre 2010

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutto questo interesse per la Chiesa e dintorni da parte dei giornalisti laici sembra strano: oggi Paolo Flores d'Arcais sul Fatto offre anche ai preti (don Sciortino?) la guida dell'opposizione e Gramellini, nella sua catilinaria mattutina, arriva a dire che il "cardinal" Lefebvre era meglio del Ciarra. Eufemia

Anonimo ha detto...

Una splendida notizia.
La Chiesa del Monte Calvario di Baltimora lascia la Chiesa Episcopale e da ottobre aderisce alla Cattolica in applicazione della AC.

http://www.catholic.org/national/national_story.php?id=38508

Alberto

Anonimo ha detto...

Eufemia,
se non puoi vincere il nemico, fattelo amico. Sic transit gloria mundi... :)

Anonimo ha detto...

Il fatto è particolarmente importante perché alla Chiesa Episcopaliana tipicamente appartengono gli anglicani "liberal", in piena comunione con Canterbury.

Alberto

Caterina63 ha detto...

Finalmente un commento giornalistico serio ^__^

A quanto riportato dal testo va aggiunto che nella Chiesa Ortodossa, fra Mosca e Costantinopoli NON scorre affatto "buon sangue"....
anche se le cose sono cambiate con il nuovo Patriarca Cirillo, in passato il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I non fu mai coinvolto seriamente dal Patriarcato di Mosca guidato da Alessio proprio anche a causa delle sue aperture (di Bartlomeo) verso le istanze avanzate dalla Chiesa di Roma con Giovanni Paolo II....

Inoltre il concetto Sinodale delle Chiese Ortodosse che, non dimentichiamolo, hanno una gestione AUTOCEFALA....influenza molto NEGATIVAMENTE la concezione di un Primato Petrino che si vorrebbe SOTTOMETTERE ad una maggioranza SINODALE...attenzione perchè questo aspetto aperto per altro con Paolo VI e il concetto di COLLEGIALITA' dei Vescovi e la crescente AUTONOMIA delle Conferenze Episcopali, sono state già una delle maggior cause della crisi attuale della Chiesa....

Non poche volte in qualità di Prefetto della Fede, Ratzinger fa emergere e denuncia I MALINTESI sorti con un altra affermazione al tempo del grande Giubileo del 2000quando si diceva che: per una comprensione di COMUNIONE BASTEREBBE ACCOGLIERE LA TRINITà......si, dice Ratinger in sostanza, riconoscere la Trinità è importante, ma NON è sufficiente per parlare di COMUNIONE.....

e diceva ancora: " Nella misura in cui communio divenne un facile slogan, essa fu appiatita e travisata...." e aggiunge che lo stesso "malinteso" avvenne per il concetto di POPOLO DI DIO e così anche l'Eucarestia cominciò a ridursi alla problematica del rapporto fra chiesa locale e Chiesa Universale, che a sua volta ricadde sempre più nel problema della divisione di competenze fra l'una e l'altra...."

Così Ratinger cercò di citare la Lettera ai Vescovi "Communions notio" del 28.5.1992 la quale insegna espressamente la precedenza ontologica e temporale della Chiesa Universale sulla Chiesa particolare....

Alla base non c'è solo un problema di Primato Petrino.... ma di una concezione di Collegialità che si tentò di cancellare e modificare perfino nella Chiesa e per la quale Ratzinger ne spiegò i pericoli....

Anonimo ha detto...

Sempre Gramellini oggi è stato citato interamente e entusiasticamente dal rassegnista di Radio Vaticana, senza nessuna matita blu o rossa. E' cominciata la riabilitazione di Lefèbvre da parte dei nostri intellettuali più modaioli? Oppure il vescovo è diventato l'alter ego di Hitler? Eufemia

Ben ha detto...

Riguardo al commento di Caterina63 e al concetto di "sinodalità" cui si vorrebbe sottomettere l'autorità del Sovrano Pontefice, ho letto con molto interesse un libro di Padre Sergij Bulgakov, che fu rettore dell’Istituto ortodosso Saint Serge di Parigi; il libro, che raccoglie le sue riflessioni sull’unità della chiesa scritte nel 1922, alla vigilia di essere espulso dalla Russia, è stato pubblicato in Italia da “La Casa di Matriona” (c’è anche su internet, ma solo in Russo).
Ecco riassunte alcune delle sue (polemiche) riflessioni: (Notate che Padre Sergij era un'autorità presso gli ortodossi russi, in campo teologico e filosofico)

1) Non c’è possibilità di convocare un Concilio veramente ecumenico perché manca la metà occidentale della Chiesa, e un autentico Concilio ecumenico con la presenza del solo Oriente è impossibile. Quindi di quale Concilio parlano?
2) Chi dovrebbe convocare questo eventuale Concilio? L’imperatore non c’è più (e neanche lo Zar). La maggioranza dei Patriarchi? I Patriarchi come tali non sono dotati né di infallibilità, come ci dimostra la storia, né di autorità dottrinale. E infatti Concili Ecumenici non ne vengono più convocati da secoli.
3) La minoranza che uscisse sconfitta da una votazione (ad esempio su una riforma liturgica, ma anche su un dogma) potrebbe sempre “scomunicare” la maggioranza e fare appello ad un Concilio successivo. E così all’infinito, un’eterna zizzania. Ogni fazione continuerà a proclamare “l’Ortodossia sono io”.
4) Il Concilio di Firenze era pienamente ecumenico (vi erano presenti anche gli ortodossi) ma le sue decisioni furono rifiutate da Mosca (cioè dallo Zar) che quindi si è posta fuori dalla comunione ecclesiale.

Abelardo ha detto...

Il tempo passato non torna più...un'unione gerarchica per quanto auspicapile penso non sia possibile a breve.
Il grande imperatore Manuele II Paleologo ripeteva sempre che mettere insieme la vanità dei Latini con l'orgoglio dei Greci è impresa ardua...
L'importante è rispettarsi e amarsi reciprocamente...il resto lasciamolo a Dio!